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Corte costituzionale si ai tetti
Inserito il 09 aprile 2005 alle 00:43:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
e siamo in Europa....
La Corte costituzionale ha ribadito che le Regioni possono imporre tetti ai volumi di prestazioni rimborsabili dai soggetti pubblici e privati. Il fatto era originato da ricorsi contro una legge della Regione Puglia che aveva stabilito tetti di rimborso per le prestazioni nel 2003 pari a quelli del 1998, con vari abbattimenti in caso di sforamento. Il TAR della Puglia aveva rimesso alla Corte la questione ravvisando vari elementi di incostituzionalità. La Corte costituzionale ha stabilito, in buona sostanza, che le Regioni, dovendo far quadrare i bilanci, possono stabilire tetti alle prestazioni ed ha affermato che, nel caso specifico, non c'era stata una discriminazione nei confronti dei privati accreditati in quanto i tetti riguardavano anche le aziende pubbliche e le ASL.

sentenza 111/05

Commento di Luca Puccetti

A parte le discettazioni leguleie circa le mancate norme che il TAR avrebbe dovuto richiamare, che non mi appassionano affatto, il fatto, gravissimo, è che non si considera che una tale interpretazione è dirompente. Si ignora o non ci si cura di considerare che il pubblico potrà largamente infischiarsene dei tetti in quanto se sfonda comunque pagherà qualcuno, prima o poi, e questo qualcuno saremo noi, intesi come comunità. Dunque per il pubblico la grida è di Manzoniana memoria in quanto i creditori dovranno essere comunque pagati. Invece il privato, che non ha un Pantalone su chi scaricare i costi, dovrà necessariamente fare un attento bilancio tra ricavi e spese pena il fallimento ed il licenziamento dei dipendenti (ma tanto quelli sono figli di un dio minore, evidentemente). Come può un' impresa che si è accreditata, ossia si è sottoposta ad un difficile processo, costoso, talora discrezionalissimo, al fine di ottenere la verifica dei requisiti necessari per erogare prestazioni in regime convenzionato, investire per crescere e quindi poter effettivamente competere sia con le altre imprese, sia con i soggeti pubblici, al fine di garantire l'effettiva libertà di scelta del cittadino in un ottica di sana competizione?

Se i pugliesi dal 1998 al 2003 avessero, per motivi vari, preferito strutture accreditate questo non significa nulla ? Si azzera tutto riportando indietro gli orologi al 1998?

Ma a Bruxelles, dove parlano di libera circolazione etc. etc., ma a Bruxelles dicevamo il commissario alla concorrenza si è distratto ? Ma l'Antitrust che cosa fa? In quale altro paese cosiddetto di libero mercato sarebbero consentite cose come queste? In che modo si pensa di creare le condizioni affinché qualcuno investa seriamente in sanità se si opera con queste idee? Quali saranno mai i pazzi che metteranno a repentaglio i loro danari per esporli alla mercè non già di una sana competizione, ma di decisioni così lungimiranti ?
Poi si procederà con le solite accuse: il privato vuol solo guadagnare! (e che dovrebbe rimetterci?) il privato lucra sulle disgrazie della povera gente...., il privato è inappropriato....Certo, se uno sa di dover sempre rimanere per sempre un nano pitocco che si ciba delle briciole elargite, sai... la voglia di rubare qualcosa dalla tavola bella imbandita alla quale altri banchettano, pur di sopravvivere può anche venire...il problema è che nessuno vuole che il nano possa crescere e sedersi come gli altri a tavola!
 
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