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Osservazioni dell'EpaC Onlus sulla consensus su screening per HCV
Inserito il 02 settembre 2005 alle 18:50:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
Background
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Abbiamo sempre incontrato enormi difficoltà nell’ottenere attenzione sulla problematica dello screening. Siamo nel 2000. La classe epatologica, attraverso i propri “opinion leader”, lanciava messaggi molto espliciti durante convegni o manifestazioni pubbliche sull’argomento; l’idea di fondo era più o meno questa “Non è conveniente fare screening sulla popolazione poiché non abbiamo cure adeguate e rischiamo di creare una domanda che non riusciamo a soddisfare”.
Ugualmente, La posizione del Ministero della Salute, nell’anno 2001, era triste e sconfortante. Durante un nostra visita a Roma, alcuni alti funzionari facenti capo al dipartimento della prevenzione ci comunicarono il loro punto vista sulla opportunità di fare degli screening sull’epatite C e fummo molto amareggiati nel sentirci dire che “ non era proficuo fare screening poiché molte persone con l’epatite C erano anziane, non potevano essere curate, e quindi sarebbero state prese dalla depressione scoprendo l’infezione”.
In sintesi, primeggiava il concetto del “non ne vale la pena”.
L’introduzione degli interferoni peghilati, ed il conseguente aumento dei successi terapeutici registrati negli ultimi 2-3 anni, ha fatto riflettere sulla opportunità di fare screening mirati ed abbiamo colto segnali importanti leggendo e ascoltando dichiarazioni di noti specialisti in Epatologia che manifestavano la necessità di aiutare i Medici di Medicina Generale a scoprire il paziente infetto da epatite C, (case finding) in quanto strategia indispensabile per poter guarire le persone o nella peggiore delle ipotesi rallentare la progressione delle cirrosi e prevenire gli epatocarcinomi (in preoccupante ascesa).
La nostra percezione, quindi, è che l’orientamento attuale sia mutato in “qualcosa si può e si deve fare”.
In questo scenario, rivendichiamo un ruolo di primo piano nell’avere introdotto il concetto di “something can be done about” già da diversi anni; siamo stati pionieri nella comunicazione sociale sull’epatite C, attraverso i nostri spot televisivi incisivi e concreti, mai allarmistici o comunque pacati. Abbiamo dimostrato che qualcosa si può fare, che si possono educare ed informare i cittadini ed anche gli operatori sanitari senza creare drammi o preoccupazioni, smentendo clamorosamente tutti coloro che sostenevano il contrario (e ne abbiamo incontrati tanti) più preoccupati di non allarmare, che di informare i cittadini a rischio ed i Medici di Famiglia.
D’altra parte lo abbiamo capito subito: screenare parte della popolazione significa lavorare di più e spendere più denaro, un binomio poco popolare in Italia che favorisce politiche conservative.

 
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