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Osservazioni dell'EpaC Onlus sulla consensus su screening per HCV
Inserito il 02 settembre 2005 alle 18:50:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
Posizione finale - argomenti di merito
A) Il documento ci pare, così come si presenta, troppo confuso. Soprattutto per un Medico di Famiglia che deve districarsi tra concetti comprensibili solo alla classe specialistica che ha redatto il documento.

Ci pare altamente improbabile, ed anche molto inverosimile, che un Medico di famiglia per proporre un test debba riflettere su questi concetti:

A. Se il soggetto è sintomatico o asintomatico
B. Se il soggetto ha una età sopra i 65 anni o nato dopo il 1950
C. Se il soggetto è potenzialmente eleggibile per il trattamento antivirale

Abbiamo le prove SCRITTE di numerose testimonianze che ci sono giunte, che molti pazienti hanno scoperto l’epatite C in stato avanzato (se non già in cirrosi), poiché il medico di famiglia non è stato in grado o non ha dato peso ad alcune spie e indizi che potevano ricondurre ad una infezione epatica da virus HCV (es. transaminasi alterate, manifestazioni extraepatiche, ecc.)

E’ sconcertante, quindi, che si possa credere che un Medico di famiglia abbia una tale padronanza della materia da poter addirittura distinguere “se il soggetto è potenzialmente eleggibile al trattamento” quando, e lo devo ricordare, gli stessi specialisti danno pareri diversi su un medesimo soggetto per un eventuale trattamento antivirale (e anche qui abbiamo centinaia di lettere scritte a conferma).

Tra l’altro Non è chiaro, se i soggetti di età sopra i 65 anni e nati dopo il 1950 debbano essere screenati. A pagina 2 viene posto questo “veto” mentre nelle raccomandazioni ciò non è menzionato. Ciò pone un dubbio amletico di fondo, e che dubbio.

In sintesi, siamo in disaccordo che la Consensus prenda in esame lo screening solo per i soggetti asintomatici e ciò accresce la confusione e scoraggia inevitabilmente lo screening stesso.


B) Siamo alquanto perplessi sulle modalità con le quali si etichettano gruppi da prendere in considerazione rispetto ad altri da non prendere in considerazione.
Ad esempio, ci chiediamo con quale criterio si affermi che la percentuale di infezioni nei soggetti nati dopo il 1950 sia “molto bassa” (< 1,5%) o per altri sottogruppi l’infezione è “elevata”
(> 10%).

Noi riteniamo che le malattie infettive vanno combattute indipendentemente dalle “percentuali di diffusione” e che comunque le percentuali prospettate giustificano in qualsiasi caso test di screening nei gruppi e sottogruppi a rischio, in quei soggetti che ancora non si sono sottoposti al test.

D. E’ assolutamente ambigua la frase del documento che afferma:
<< Non è provato, ma biologicamente plausibile, che alla SVR possa conseguire una riduzione degli eventi di morbosità e mortalità>>.

Ci chiediamo, allora, in qualità di pazienti, a cosa servano le terapie. Servirebbe una risposta chiara: o servono, oppure non servono. L’ambiguità e pericolosa e fonte di scoraggiamento.

E. Contestiamo senza mezzi termini il concetto per cui:
<< In linea generale il panel ritiene che il test per anti-HCV possa essere proposto al soggetto asintomatico solo se si prevede che egli possa ottenere un beneficio dall’eventuale diagnosi di infezione>>.

Come abbiamo già esaurientemente esposto una valutazione complessiva bene fatta, dovrebbe tenere in considerazione 5 fattori di pari importanza:

 Benefici clinici.
 Benefici economici.
 Il diritto del cittadino di essere curato.
 Il dovere delle Istituzioni di mettere i cittadini nelle condizioni di sapere, prevenire e poter limitare il danno.
 Il dovere delle Istituzioni di impedire la diffusione di virus infettivi e tutelare le persone che sono a contatto con il soggetto portatore di infezione.

Stiamo trattando una malattia infettiva trasmissibile, e pertanto ogni ragionamento va fatto sempre e comunque tenendo conto di questo aspetto. Mai e poi mai aderiremo a questo concetto se preso come unica base per decidere a chi fare screening.

In altre parole contestiamo il fatto che L’Istituto Superiore di Sanità nella persona degli organizzatori della Consensus (e in coloro sottoscrivono il documento finale), si autoproclami l’unico Entità in grado di decidere se un cittadino deve sapere o non sapere della sua infezione basandosi unicamente su un criterio di beneficio terapeutico senza tenere conto di altri aspetti, esigenze, necessità come ad esempio la tutela dei cittadini.

F. Contestiamo in toto anche questo passaggio:

<< Altri obiettivi appaiono poco rilevanti quali fattori contributivi ad una decisione di screening. Non si può escludere, infatti, che l’essere a conoscenza di avere un’infezione cronica da HCV possa aumentare l’aderenza alle indicazioni di un counseling appropriato che miri a ridurre i cofattori di danno epatico e la trasmissione del virus; ma uno stile di vita che riduca il consumo di alcool ed i fattori di rischio metabolico e cardiovascolare e l’adozione delle misure finalizzate a prevenire le infezioni a trasmissione parenterale si associano a benefici sullo stato di salute indipendentemente dalla presenza di infezione da HCV e sono, quindi, di universale raccomandazione.>>

Lo consideriamo un sabotaggio al counselling. Si vorrebbe far credere, che le “raccomandazioni universali degli stili di vita” siano talmente incisive sulla vita dei cittadini italiani da essere parificate al counselling comportamentale appropriato e personalizzato quale:

o EVITARE DI INTRODURRE ALCOLICI IN QUALSIASI FORMA
o VACCINARSI PER L’EPATITE A e B NEL CASO NON VI SIANO ADEGUATE COPERTURE ANTICORPALI
o COUNSELLING SPECIFICO SULLE MODALITA’ DI TRASMISSIONE SESSUALE E INTRAFAMILIARE.
o REGIME ALIMENTARE E STILI DI VITA APPROPRIATI ALLA GRAVITA’ DELLA MALATTIA (riduzione del peso, ecc.)
o ASSUNZIONE DI FARMACI O ALTRE SOSTENZE IN CORSO DI MALATTIA
o CHIARIMENTI DETERMINANTI SU NOTIZIE FUORVIANTI CHE APPAIONO DI TANTO IN TANTO SUI MEDIA.

E’ la richiesta pressante di counselling da parte dei pazienti che ha determinato il nostro successo, (possiamo portare a prova migliaia di lettere) e quindi mai e poi mai potremo
sottodimensionare l’importanza del couselling personalizzato, in molti casi in grado di aumentare la qualità di vita ed incidere sulla longevità stessa dell’individuo, checchè se ne dica. Se il counselling è irrilevante e sostituibile con le raccomandazioni universali degli stili di vita, allora bisogna smantellare tutte i servizi di counselling sulle malattie croniche, compreso il numero verde sull’AIDS

G. In questo passaggio:


Si ritiene che queste limitazioni di eleggibilità e di “effectiveness” rendano inappropriato uno screening generalizzato in questa fascia di età, indipendentemente da una valutazione di costo-efficacia, che potrebbe essere sfavorevole e di per sé sufficiente a sconsigliare uno screening universale>>.


1) Siamo d’accordo sul fatto che non è giustificato un screening di massa.
2) Siamo in disaccordo su:

<< la conoscenza dello stato di infezione nei soggetti asintomatici non candidati o non responsivi al trattamento, che sarebbero la maggioranza, può indurre un significativo peggioramento nella qualità di vita >>.

Questo è un falso problema, perché attraverso un counselling appropriato si risolve abbondantemente. E’ un problema rimediabile, si tratta solo di rimboccarsi le maniche – ergo – aiutare il paziente a capire ed affrontare il problema.

<< i soggetti HCV positivi eventualmente individuati dallo screening sarebbero prevalentemente caratterizzati da transaminasi persistentemente normali, nei quali verosimilmente l’epatopatia da HCV ha una progressione estremamente lenta ed un impatto incerto sulla speranza di vita;>>

Questo è discutibile, anche perché a breve potrà essere prescritto il trattamento antivirale ai soggetti con ALT normali con specifiche caratteristiche – argomento oggetto di discussione. Infine, abbiamo già fatto presente (ma invano a quanto pare) quando una SVR incida notevolmente sulla qualità di vita, migliorandola in tutti i suoi aspetti.

H) Raccomandazioni

<< Lo screening per infezione da HCV non è giustificato:
- nei soggetti che debbano subire un intervento medico invasivo (ad esempio: chirurgia, endoscopia) o altra pratica invasiva, in quanto le precauzioni igieniche universali relative alla contaminazione ematica devono essere sempre rispettate con la massima attenzione, indipendentemente da un’eventuale infezione virale dimostrata;
- In gravidanza, in quanto al momento non esistono presidi in grado di ridurre il rischio di trasmissione verticale di HCV>>.

Contestiamo: così come si evince dai dati SEIVA, le infezioni nosocomiali sono tra i primi posti tra le cause di nuove infezioni. Ma anche senza i dati SEIVA, possediamo numerose lettere di cittadini che si sono infettati e continuano ad infettarsi negli ospedali. Perciò è demagogico affermare che le precauzioni igieniche dovrebbero essere rispettate: di fatto non lo sono. E ci sono le prove.

Per quanto riguarda la gravidanza a noi pare ci si dimentichi del fatto che all’interno di questa categoria ci sono ancora soggetti che hanno ricevuto trasfusioni nei primi anni di vita e quindi infette, oppure ex tossicodipendenti, ecc. Insomma soggetti che fanno parte di categorie a rischio e pertanto ci pare più logico mantenere uno screening nelle donne in gravidanza che fanno parte di gruppi a rischio.


<< Il panel raccomanda di effettuare il test per infezione da HCV nelle seguenti categorie a maggior rischio, in particolare nei soggetti potenzialmente eleggibili al trattamento antivirale:
- soggetti che fanno o hanno fatto uso di stupefacenti per via endovenosa;
- emodializzati;
- soggetti che hanno ricevuto emotrasfusioni o trapianti d’organo prima del 1992;
- soggetti che hanno ricevuto fattori della coagulazione emoderivati prima del 1987;
- conviventi attuali o pregressi dei soggetti con infezione da HCV;
- soggetti con attività sessuale promiscua che presentano una storia di lesioni genitali erosive.
Il panel giudica eticamente obbligatorio il consenso informato all’effettuazione del test dei soggetti candidati, che devono essere posti a conoscenza del significato e dei possibili vantaggi e svantaggi dell’eventuale diagnosi di infezione da HCV.>>

Ci pare utopistico che un Medico di Famiglia possa accertare “una storia di lesioni genitali erosive”
Ma cosa più importante, restano escluse alcuni sottogruppi importanti, quali:

• Soggetti con alterazioni enzimi epatici
• Soggetti. con manifestazioni extraepatiche (Linfoma NH, crio, dermatologiche, ecc.)
• Carcerati
• Operatori della salute per contatto con sangue e derivati infetti
• Alcolisti
• Storia di chirurgia maggiore

Infine, ma non meno trascurabile, per ciò che riguarda i “soggetti che hanno ricevuto fattori della coagulazione emoderivati prima del 1987” va sottolineato che sono circolati in Italia Lotti infetti di antitetaniche (prodotti da Tetanum Berna, I.G., Tetano, Sclavo, ecc.) sino al 1993, anno in cui il Ministero ne ha ordinato il ritiro dal commercio, tale disposizione non fu TOTALMENTE ESEGUITA e i lotti furono trovati contaminati da RNA in quantità elevate (Tansfusion vol 37 Set. 1997 Gentili, Pisani).
Pertanto, ci pare quantomeno ragionevole estendere a “soggetti che hanno ricevuto fattori della coagulazione emoderivati prima del 1995”.

 
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