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Cure perinatali in età gestazionali bassissime
Inserito il 05 aprile 2006 alle 22:59:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
commento
Giuseppe Rinaldi, primario del Dipartimento materno – infantile degli Ospedali Riuniti di Foggia ha dichiarato, "in ordine al diritto di nascere nessuno può sentirsi legittimato a decidere della vita del feto "vitale" ancorché malato o malformato o presumibilmente destinato a cattiva qualità di vita extrauterina, come in tal senso già si esprime la legge 194/78. Il concetto di "qualità della vita" è estremamente soggettivo e nessuno si può arrogare il diritto di decidere se la vita di una persona sarà degna di essere vissuta o meno, tanto più che alla nascita di un neonato prematuro di tutto si può essere certi tranne che della prognosi. Chi cura i neonati è più esposto a rischio di denunce ma non esiste una "vita non giusta" e ogni nato ha diritto alle cure.

La questione è di enorme portata non solo per gli aspetti etici, deontologici e sceintifici,ma anche perché pone il problema del ruolo delle società scientifiche. Quando società scientifiche annoverano un gran numero di specialisti del settore ed esprimono posizioni pubbliche il loro pronunciamento assurge ad un ruolo di influenza della pubblica opinione e delle istituzioni. Se i temi su cui la società scientifica è chiamata ad esprimersi riguardano valori di fondo, di importanza generale e possono influenzare il comportamento dei medici su questioni che riguardano aspetti cruciali, quali le cure a supporto della vita in difficoltà, la società ha il diritto di sapere se il parere espresso dal rappresentante della società scientifica esprime veramente un'opinione condivisa o comunque prevalente dei soci. Non è sufficiente il criterio della rappresentanza legale e del controllo a posteriori dell'operato dei dirigenti. E' viceversa necessario che il parere espresso sia frutto di un processo decisionale trasparente e pubblicamente controllabile che contempli la conoscenza da parte di tutti i soci della problematica e che sia espresso dopo un'adeguata discussione di cui deve rimanere una traccia pubblica. In questa occasione i media hanno dato la notizia con lo slogan: "no all'accanimento terapeutico per gli estremamente prematuri" e con questa sintesi mediatica si è liquidata una questione che pone enormi problemi etici e deontologici, prima che professionali. Con quale logica e con quale autorità qualcuno dovrebbe consigliare di non tentare di supportare con ogni mezzo ragionevolmente applicabile una vita in difficoltà? Anche se fosse labile la speranza di salvare una vita perché non tentare? Se i motivi fossero economici o per medicina difensiva li riterrei inaccettabili. Se invece alla base del ragionamento si volesse impedire la sopravvivenza di un bambino che avrebbe handicap, la cosa la riterrei ancora più grave. Il principio che sottende questo ragionamento, ossia che qualcuno abbia titolo per arrogarsi il diritto di decidere se vale la pena che un'altro viva un certo tipo di vita è lo stesso di quello che nel secolo scorso ha generato quelle mostruosità che hanno sterminato interi popoli e che la storia sembrerebbe aver condannato inappellabilmente, sembrerebbe.....

Luca Puccetti
 
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