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Screening precoce della sindrome di Down
Inserito il 10 novembre 2005 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Translucenza nucale fetale, pregancy-associated plasma protein A e subunità beta libera dell'HCG, eseguiti alla 11° settimana sono l'indice combinato migliore per lo screening precoce del Down.

Questo studio si proponeva di determinare quale fosse il sistema migliore per effettuare lo screening della sindrome di Down in donne gravide.
I ricercatori hanno determinato il risultato ottenuto con vari tipi di screening in oltre 38.000 gravidanze singole e sono giunti alla conclusione che lo screening combinato (determinazione della translucenza nucale fetale, della PAPP-A o pregancy-associated plasma protein A, della subunità beta libera dell'HCG) eseguito alla 11° settimana di gestazione è migliore, nel diagnosticare il Down, dello screening quadruplo (alfafetoproteina, HCG, estriolo non coniugato, inibina A) eseguito nel secondo trimestre. Una strategia che combini i risultati dello screening eseguito nel primo trimestre a quelli eseguiti nel secondo trimestre permette la più alta percentuale di diagnosi con una frequenza di falsi positivi accettabile.

Fonte: N Engl J Med 2005; 353. 2001-2011

Commento di Renato Rossi

Nelle gravide oltre i 35 anni il rischio di Down è così elevato da superare i rischi dell'amniocentesi. Per questo motivo le linee guida raccomandano di offrire alle gravide > 35 anni la possibilità di sottoporsi all'amniocentesi.
Tuttavia la maggioranza dei casi di sindrome di Down si verifica in madri di età < 35 anni ed è per questo che sono stati sviluppati dei test per individuare le gravidanze a rischio, da avviare all'amniocentesi, dopo l'osservazione che bassi livelli di alfa-fetoproteina erano associati ad aumentato rischio di trisomia.
Furono così messi a punto ulteriori test: oltre alla determinazione dell'alfa-fetoproteina si dimostrò che anche i livelli di HCG, di estriolo non coniugato e di inibina A, associati all'età materna, possono aiutare a determinare il rischio. Lo screening di solito viene effettuato all'inizio del secondo trimestre di gestazione.
Un lavoro ha dimostrato che questo screening con il test quadruplo ha una sensibilità dell'81% nel diagnosticare la trisomia, con un tasso di falsi positivi che si attesta sul 7%. Usando invece il solo criterio dell'età materna si ha una sensibilità del 51% e una frequenza di falsi positivi del 14% [1].
Per calcolare il rischio si usa un algoritmo che tiene conto dei risultati dei test e dell'età materna. Se per esempio il rischio di sindrome di Down è di 1:250 gravidanze e il risultato ottenuto è di 1: 1000 significa che il rischio è basso (ma non assente) mentre se il risultato ottenuto è di 1:125 significa che il rischio è elevato. E' evidente però che un risultato che mostri un rischio elevato deve sempre comunque essere confermato dall'amniocentesi, l'unico esame che permette la diagnosi "sicura" di anomalie cromosomiche.
Tuttavia l'approccio allo screening sta diventando sempre più complesso da quando alcuni studi hanno dimostrato che vi è un'associazione tra sindrome di Down e aumento, agli ultrasuoni, della translucenza nucale fetale (uno spazio, evidente all'ecografia durante il primo trimestre di gestazione, posto al di dietro del collo fetale).
Un aumento della translucenza nucale fetale è stato osservato anche in associazione con altre anomalie cromosomiche, con cardiopatie congenite, con disordini genetici.
Per questo recentemente è stato proposto uno screening precoce, da eseguire nel primo trimestre. In questo caso il test di screening si basa sulla determinazione del beta HCG libero, della PAPP-A e sulla translucenza nucale fetale agli ultrasuoni. Uno studio effettuato su oltre 8000 donne ha dimostrato che questo approccio ha una buona sensibilità e una frequenza accettabile di falsi negativi [2]. Il lavoro recensito in questa pillola conferma questi risultati.
Se i test di screening eseguiti nel primo trimestre mostrano un rischio elevato si può consigliare alla donna la villocentesi, che tuttavia risulta leggermente più pericolosa dell'amniocentesi effettuata nel secondo trimestre.
Però bisogna considerare che l'affidabilità di uno screening precoce dipende non solo dalla qualità del laboratorio che effettua le determinazioni biochimiche, ma anche dall'abilità dell'ecografista a misurare la translucenza nucale fetale, dalla costituzione della paziente, dalla posizione fetale. In alcuni casi questa misura non può essere ottenuta. Sarebbero necessarie linee guida per standardizzare la translucenza nucale e controlli di qualità, che per ora mancano.
Alcuni consigliano di integrare i risultati dello screening nel primo con quelli nel secondo trimestre, per migliorare la performance dello screening e anche lo studio di Malone e coll. suggerisce che questa strategia permette di ottenere la più elevata percentuale di diagnosi.
Ma le donne con un test precoce positivo accetteranno di aspettare oppure opteranno per una diagnosi immediata? e alle donne con test precoce negativo bisognerà offrire anche lo screening al secondo trimestre?
Penso che per ora lo screening precoce possa essere proposto alle donne che chiedono una diagnosi nel periodo iniziale della gravidanza oppure a quelle che hanno già avuto una gravidanza con feto affetto da Down.
In futuro potranno essere disponibili test non invasivi (come l'analisi delle cellule fetali nel sangue materno o nel canale cervicale) che permetteranno una diagnosi più sicura.
Da ultimo bisogna ricordare che lo screening può essere controproducente se poi la donna non è disponibile ad affrontare l'interruzione della gravidanza.

Bibliografia

1. Lancet 2003; 361:794-795, 835-836
2. N Engl J Med 2003; 349: 1405-1413

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