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Le statine riducono il rischio di sepsi
Inserito il 21 marzo 2006 da admin. - infettivologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'uso delle statine in pazienti con aterosclerosi è associato ad una riduzione del rischio di sepsi.

Si tratta di uno studio di coorte canadese in cui sono stati identificati 141.487 pazienti (età > 65 anni) ospedalizzati per una sindrome coronarica acuta oppure per un ictus ischemico o per un intervento di rivascolarizzazione. Al 33% dei pazienti (n = 46.662) entro tre mesi dalla dimissione venne prescritta una statina, mentre al 67% (n = 94.825) non venne prescritta. L'incidenza di sepsi fu più bassa in chi aveva ricevuto una statina rispetto a chi non l'aveva ricevuta (HR 0,81; IC95% 0,72-0,91). In pratica ogni 10.000 pazienti/anno si ebbero 71,2 eventi nel gruppo trattato e 88 eventi nel gruppo non trattato. Questo effetto protettivo delle statine era evidente anche in pazienti ad alto rischio, inclusi i diabetici, quelli con insufficienza renale e con storia di infezioni.
Gli autori concludono che l'uso delle statine in pazienti con aterosclerosi è associato ad una riduzione del rischio di sepsi e che sono necessari RCT ad hoc per confermare questi dati.

Fonte: Lancet 2006; 367: 413-418

Commento di Renato Rossi
Inutile ricordare che si tratta di uno studio osservazionale, quindi come fanno giustamente notare gli autori, questi risultati vanno confermati da studi randomizzati e controllati. Tuttavia il riscontro è intrigante: con quale meccanismo le statine possono ridurre il rischio di sepsi? E' noto che le statine, oltre all'azione ipocolesterolemizzante, possiedono delle proprietà ancillari antitrombogene e antiflogistiche. Potrebbero essere queste proprietà a mediare la loro azione nel ridurre il rischio di sepsi, una condizione nella quale si verifica una infiammazione sistemica e una accentuazione dei fenomeni trombogeni.
Un dato interessante che emerge dallo studio è la bassa percentuale di soggetti trattati con statine. Trattandosi di pazienti a rischio elevato per essere stati ricoverati per una sindrome coronarica acuta, un ictus ischemico o un intervento di rivascolarizzazione stupisce che solo un paziente su tre abbia ricevuto una statina. D'altra parte è impensabile che tutti quelli che non sono stati trattati avessero una controindicazione o una intolleranza alle statine.
La conclusione è che le raccomandazioni delle linee guida sono ancor lontane dall'essere adottate nella pratica clinica.

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