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Polemiche sulle raccomandazioni per l'astensione alle cure ai nati di 22 settimane
Inserito il 06 aprile 2006 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse: i neonati di 22 settimane non devono essere rianimati e quelli di 24 solo in certi casi.

La Clinica di Medicina Neonatale e Pediatria preventiva dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze, diretta dal Prof. Gianpaolo Donzelli, ha organizzato un convegno sul tema: "Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse" svoltosi il giorno 18 febbraio 2006 presso l'Istituto degli Innocenti di Firenze. Il convegno è stato promosso dalla Clinica di Medicina neonatale e Pediatria preventiva dell’Università di Firenze e dalla Clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Firenze. Tema del convegno le garanzie di salute dei neonati troppo prematuri, nati sotto le 24 settimane di gestazione. Da questo convegno sono derivate le raccomandazioni assistenziali, che, a detta dei promotori, "sono ispirate dalla necessità di garantire alla madre ed al neonato adeguata assistenza, al fine unico di evitare loro cure inutili, dolorose ed inefficaci, configurabili con l’accanimento terapeutico". Il documento è stato discusso dai partecipanti al workshop alla presenza del professor Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica e del professor Mauro Barni, vicepresidente del Comitato nazionale di Bioetica. All’incontro hanno partecipato rappresentanti di: Società italiana di Pediatria (SIP), Società italiana di Neonatologia (SIN), Società italiana di Medicina Perinatale (SIMP), Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO), Società di Ginecologia Universitaria (SIGU), Associazione Ginecologi Universitari Italiani (AGUI), Associazione Ginecologi ed Ostetrici Ospedalieri Italiani (AOGOI), l’European Association of Perinatal Medicine (EAPM), Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA), Commissione Regionale Toscana di Bioetica, Commissione Codice Deontologico della FNOM. Il documento è stato oggetto di forti contestazioni. In particolare l'associazione medicina e Persona ha stigmatizzato i passaggi più critici del documento in cui si raccomanda di non rianimare i neonati con scarse probabilità di sopravvivenza ed elevate probabilità di rimanere disabili. E' stata redatta una lettera aperta che è stata firmata da oltre 200 tra neonatologi, pediatri e ostetrici in cui si contestano errori statistici ed epidemiologici, omissioni di ben conosciuti rapporti italiani. Ma la critica più importante è sull'arrogarsi il diritto di decidere sulla qualità della vita di un altro essere umano da parte di medici che dichiarano di agire per evitare ad altri sofferenze inutili.

I testi completi dei documenti: http://www.pillole.org/public/aspnuke/articles.asp?id=88

Commento di Luca Puccetti

La questione è di enorme portata non solo per gli aspetti etici, deontologici e scientifici, ma anche perché pone il problema del ruolo delle società sceintifiche. Quando le società scientifiche annoverano un grande numero di specialisti del settore ed esprimono posizioni pubbliche il loro pronunciamento assurge ad un ruolo di influenza della pubblica opinione e delle istituzioni con ricadute anche giurisdizionali. Quando i temi su cui la società scientifica è chiamta ad esprimersi riguardano valori di fondo di importanza generale che possono influenzare il comportamento dei medici su questioni che riguardano aspetti cruciali, quali le cure a supporto della vita in difficoltà, la società ha il diritto di sapere se il parere espresso dal rappresentante della società scientifica esprime veramente un'opinione condivisa o comunque prevalente dei soci. Non è sufficiente il criterio della rappresentanza legale e del controllo a posteriori dell'operato dei dirigenti. E' viceversa necessario che il parere espresso sia frutto di un processo decisionale trasparente e pubblicamente controllabile che contempli la conoscenza da parte di tutti i soci della problematica e che sia espresso dopo un'adeguata discussione di cui deve rimanere una traccia pubblica. In questa occasione i media hanno dato la notizia con lo slogan: "no all'accanimento terapeutico per gli estremamente prematuri" e con questa semplice sintesi mediatica si è liquidata una questione che pone enormi problemi etici e deontologici, prima che professionali. Con quale autorità e legittimità qualcuno dovrebbe consigliare di non tentare di supportare con ogni mezzo ragionevolmente applicabile una vita in difficoltà? Anche se fosse labile la speranza di salvare una vita perché non tentare? Se i motivi fossero economici o per medicina difensiva li riterrei inaccettabili. Se invece alla base del ragionamento si volesse impedire la sopravvivenza di un bambino che potrebbe avere handicap, la cosa la riterrei ancora più grave. Il principio che sottende questo ragionamento, ossia che qualcuso abbia titolo per arrogarsi il diritto di decidere se vale la pena che un'altro viva un certo tipo di vita è lo stesso di quello che nel secolo scorso ha generato quelle mostruosità che hanno sterminato interi popoli e che la storia sembrerebbe aver condannato inappellabilmente, sembrerebbe.....

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