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Indagati i medici del S. Anna per la sperimentazione sulla Ru486
Inserito il 23 giugno 2006 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La procura di Torino ha sottoposto ad indagine Silvio Viale per la sperimentazione su Ru486 che sarebbe stata condotta, secondo l'ipotesi accusatoria, in modo difforme rispetto al protocollo.

L’inchiesta giudiziaria prende quota: per violazione della legge sull’aborto la Procura della Repubblica procede contro i medici sperimentatori che non avrebbero rispettato per intero il protocollo di sperimentazione deciso dal ministero della Salute. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche coloro che erano gerarchicamente responsabili dell’operato del medico Viale.
La procura ha convocato come persona informata sui fatti, il commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna, Marinella D’Innocenzo che è a Torino da così poco da non poter aiutare a ricostruire una vicenda complessa.
E' indagato anche chi ha gestito la struttura prima dell’arrivo del commissario. Sono trecentoventotto le pazienti che avrebbero chiesto di sottoporsi alla sperimentazione. Ne sono previsti 400 di aborti farmacologici La D’Innocenzo, per quanto appena arrivata, ha già dichiarato di sentirsi dalla parte delle donne, prima di tutto. La sperimentazione è stata una scelta a tutela delle donne, per poter dimostrare che esiste un metodo di interruzione della gravidanza meno cruento dell’intervento chirurgico. Se la sperimentazione, sinora affrontata da tante donne senza gravi eventi avversi, dimostrerà ancora una volta, dopo gli esempi europei e di altre regioni italiane (la Toscana), che si tratta di un metodo valido, ritengo che altre istituzioni, superiori alle Asl, debbano decidere se avvalersene. Mario Valpreda, assessore regionale, raccoglie l'invito: Porterò il problema alla conferenza Stato-Regioni.

fonte: La Stampa 23/06/2006

Commento di Luca Puccetti

Finalmente qualcuno si muove!. Abbiamo già detto dell'enorme mistificazione mediatica perpretrata a danno della salute delle donne e della società. La Ru486, ad ogni età gestazionale, presenta un profilo di rischio di mortalità materna 10 volte superiore rispetto all'aborto chirurgico. Di quale minore invasività si ciancia tanto impudentemente? L'aborto chirurgico è indolore e presenta minori complicanze, sia dal punto di vista fisico che psicologico a distanza. E' inoltre assodato che, laddove la Ru486 è stata introdotta dai Governi con una campagna martellante (Clinton si attivò al terzo giorno del suo mandato per introdurla in USA!) ha aumentato gli aborti e le relative complicanze specie per infezioni da Cl. Sordelli e per emorragie. La verità è un altra si vuole trasformare l'aborto in un atto privato da far svolgere a casa per raggiungere quello che qualcuno ha chiamato la "piena libertà contraccettiva" che qualche bioeticista spinge a tal punto da giustificare l'infanticidio fino a 15 giorni dopo la nascita e per liberare le strutture sanitarie dal peso della pratica abortiva nosocomiale. Quindi la verità è che tutta questa sordida campagna non è realizzata per la millantata minore invasività, ma rappresenta il tentativo di sottrarre di fatto alla società la notifica dell'aborto e di trasformarlo in un fatto privato. Le strutture pubbliche così potranno respirare visto che l'aborto per la maggioranza dei medici è atto ripugnante e che non vuole farlo nessuno, almeno a lungo andare. Invece, dopo la "libera scelta" della donna di autodimettersi, che aggira il dettato della legge 198, che stabilisce che l'aborto deve avvenire in una struttura sanitaria nosocomiale, nonostante tutte le spiegazioni dei maggiori rischi che corre, che, ne siamo sicuri, i medici dispensatori della Ru486 non faranno certo mancare prima di "subire" la scelta della donna di autodimettersi, allora nel privato, nel tepore della propria abitazione, tra un coagulo espulso e l'altro, tra un dolore e l'altro, tra un rischio di infezione ed uno di emorragia (vedi recente caso della pillola abortiva somministrata a Siena con donna metrorragica assistita poi da sanitari romani che hanno scoperto che non trattavasi affatto di aborto spontaneo, come volevasi far credere), la donna sarà tornata proprio come quando si rivolgeva alle mammane.

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