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Servono i nuovi markers di rischio cardiovascolare?
Inserito il 30 settembre 2006 da admin. - clinical_queries - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I nuovi markers di rischio cardiovascolare e la PCR sembrano aggiungere poco alla classica valutazione del rischio.


Usando una serie di studi di coorte gli autori hanno valutato l'associazione tra 19 nuovi markers di rischio cardiovascolare e la comparsa di eventi coronarici in 15.792 adulti seguiti a partire del 1987-1989. I nuovi markers includevano misure della infiammazione, della funzione endoteliale, della formazione di fibrina, della fibrinolisi, il dosaggio delle vitamine del gruppo B e di anticorpi contro vari agenti infettivi. La valutazione del rischio effettuata con i fattori classici (età, sesso, razza, colesterolo totale e HDL, pressione arteriosa sistolica, uso di farmaci antipertensivi, fumo e diabete) era in grado di predire bene il rischio cardiovascolare. Il dosaggio della proteina C reattiva non aggiungeva niente di significativo alla previsione del rischio effettuata col metodo classico e lo stesso dicasi per i nuovi markers. Dei 19 marcatori studiati gli unici utili, peraltro in maniera poco significativa, risultarono la fosfolipasi A2 lipoprotein-associata, la vitamina B6, l'interleukina 6, la trombomodulina solubile.
Gli autori concludono che per la valutazione routinaria del rischio cardiovascolare è più che sufficiente prendere in considerazione i fattori di rischio classici mentre i nuovi markers aggiungono poco o nulla a tale valutazione.


Fonte:
Folsom AR et al. An Assessment of Incremental Coronary Risk Prediction Using C-Reactive Protein and Other Novel Risk Markers
The Atherosclerosis Risk in Communities Study. Arch Intern Med. 2006;166:1368-1373.



Commento di Renato Rossi

Ormai è ampiamente noto che la valutazione del rischio cardiovascolare può essere effettuata sfruttando un modello predittivo che prende in considerazione pochi fattori di rischio (età, sesso, pressione arteriosa, colesterolemia, fumo, diabete). Tuttavia in questi ultimi anni sono stati identificati numerosi altri fattori associati ad un aumentato rischio cardiovascolare. Di volta in volta questi nuovi marcatori sono stati proposti come ulteriori elementi da associare ai fattori classici per migliorare la previsione. Tuttavia questo studio suggerisce che in realtà nessuno dei 19 nuovi markers esaminati aggiunge molto alla valutazione del rischio effettuata usando il modello standard, neppure il dosaggio della PCR ad alta sensibilità, che pure è stato proposto per migliorare la valutatazione nei casi di rischio cardiovascolare a 10 anni compreso tra il 10% e il 20%. [1].
Vi è la tendenza a pensare che i quattro maggiori fattori di rischio (fumo, diabete, ipertensione e ipercolesterolemia) rendano conto per circa la metà dei casi di malattia coronarica e questa credenza, del tutto errata, ha portato anche a pensare che l'uso di nuovi marcatori possa migliorare la previsione del rischio. In realtà due studi, uno su 14 RCT per un totale di oltre 122.000 pazienti [2] e uno su 3 studi osservazionali per un totale di quasi 387.000 soggetti [3] ha evidenziato che dall'80% al 90% dei pazienti che sviluppano una malattia coronarica e più del 95% di chi ha una evento coronarico fatale presenta almeno uno di questi quattro fattori.
Che i nuovi markers di rischio cardiovascolare, come per esempio la PCR, il fibrinogeno, la lipoproteina (a) e l'omocisteina, aggiungano poco alla valutazione del rischio è stato dimostrato anche da uno studio precedente [4]. In questa valutazione delle evidenze disponibili gli autori concludevano che non vi sono prove sufficienti per affermare che i nuovi markers di rischio cardiovascolare siano un valore aggiunto rispetto alla determinazione del rischio correntemente usata dai medici.
In uno studio [5] su oltre 15.000 donne (età >= 45 anni) seguite in media per 10 anni l'aggiunta della PCR ai fattori classici usati per calcolare il rischio non migliorava la previsione di quali pazienti avrebbero sviluppato una patologia cardiovascolare.
La conclusione per il medico pratico è che, per il momento, conviene concentrare l'attenzione su fattori di rischio tradizionali e valutare il paziente con le carte o con i software ormai facilmente disponibili, lasciando l'uso dei nuovi fattori di rischio a chi si occupa specificamente di ricerca. Forse domani le cose cambieranno ma per il momento non è ancora arrivata l'ora di introdurre nella routine di tutti i giorni i nuovi marcatori di rischio.



Bibliografia
1. Circulation. 2003;107:499-511
2. Khot UN et al. Prevalence of conventional risk factors in patients with coronary heart disease. JAMA. 2003;290:898-904.
3. Greenland P, et al. Major risk factors as antecedents of fatal and nonfatal coronary heart disease events. JAMA. 2003;290:891-897.
4. Hackam DG et al. Emerging risk factors for atherosclerotic vascular disease: a critical review of the evidence. JAMA. 2003;290:932-940.
5. Cook NR et al. The effect of including C-reactive protein in cardiovascular risk prediction models for women. Ann Intern Med 2006 Jul 4; 145:21-9.

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