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La terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa fa vivere più a lungo?
Inserito il 13 marzo 2007 da admin. - ginecologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo uno studio osservazionale l'uso della terapia ormonale sostitutiva per lunghi periodi ridurrebbe la mortalità, ma i dati vanno interpretati con estrema cautela.


Uno studio prospettico di coorte ha esaminato se la terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa abbia un qualche impatto sulla mortalità complessiva. Sono state arruolate 8801 donne (età media al momento dell'arruolamento 73 anni, range da 44 a 101). L'arruolamento è avvenuto fra il giugno del 1981 e l'ottobre del 1986. Il 56% delle donne riferiva di aver usato estrogeni (durata media della terapia 8 anni); meno del 20% riferiva anche l'uso di progestinico. La maggior parte delle partecipanti aveva iniziato ad usare gli estrogeni subito dopo la menopausa e non li assumeva più al momento del reclutamento nello studio. Le donne che riferivano di aver usato terapia ormonale erano più giovani di quelle che non l'avevano assunta (età media 72 anni vs 75 anni).
Alla fine dell'osservazione (giugno 2003) erano morte 6662 donne (età media 88 anni). Il rischio di morte era significativamente più basso nelle donne che riferivano di aver assunto estrogeni, soprattutto per periodi prolungati, superiori ai 15 anni.
In particolare la mortalità risultò di 52,8 per 1000/anno tra le donne che avevano assunto la terapia ormonale (50,4 per un uso di almeno 15 anni) e di 56,4 per le non-users. Questi risultati cambiavano di poco dopo aggiustamento per vari fattori di confondimento.

Fonte:
Paganini-Hill A et al. Increased longevity in older users of postmenopausal estrogen therapy: The Leisure World Cohort Study. Menopause 2006 Jan/Feb; 13:12-8.

Commento di Renato Rossi

Questo studio, effettuato in California e denominato Leisure World Cohort Study, scompiglia le carte in tavola e ripropone la "vexata quaestio" sulla utilità o meno della terapia ormonale sostitutiva (TOS) in post-menopausa. Quindi contrordine, dobbiamo ricominciare ad usare la TOS e per di più anche per molti anni? Direi che la cautela è d'obbligo. E' vero che gli studi randomizzati (in particolare il WHI) hanno avuto una durata troppo breve per valutare se vi sia una qualche influenza degli estrogeni sulla mortalità, tuttavia dobbiamo considerare che il Leisure Study non è uno studio randomizzato, bensì osservazionale. In questo tipo di studi la suddivisione dei partecipanti in due gruppi (nella fattispecie donne che avevano usato o meno estrogeni in post-menopausa) non viene decisa dai ricercatori usando particolari tecniche, in modo che i due gruppi siano perfettamente identici e differiscano solo per l'assunzione del farmaco che si sta esaminando, bensì si crea in modo "naturale", potremmo quasi dire. Anche se è vero che le donne arruolate erano un gruppo abbastanza omogeneo (donne bianche benestanti), venendo a mancare l'artificio della randomizzazione, è molto probabile che ci sia stato un bias di selezione per cui potrebbe essere che le donne che usavano la TOS fossero più sane e mettessero in atto comportamenti e stili di vita più salubri (in effetti un certo squilibrio nei due gruppi è evidenziato dal fatto che le donne che riferivano di aver usato la TOS erano mediamente più giovani di 3 anni). In altre parole queste donne erano meno propense ad ammalarsi di quelle che, al contrario, non usavano ormoni. Per evitare questo tipo di bias i ricercatori mettono in atto sofisticati accorgimenti per correggere i risultati ed eliminare tutti i possibili fattori di confondimento. E' intuitivo però che, per quanti sforzi si facciano, non si può mai esser certi di aver tenuto conto di tutti questi fattori e di averli corretti in maniera soddisfacente. Vi è poi un altro possibile bias da considerare, che deriva dal fatto che l'uso o meno della terapia ormonale sostitutiva era riferito dalle partecipanti, la cui età media era di 73 anni. Si può capire quindi che il dato (soprattutto per quanto riguarda la durata della terapia) è legato alla memoria del soggetto e quindi di affidabilità dubbia, perlomeno in una certa percentuale dei casi (si parla di bias dei ricordi).
Insomma, a mio parere, i risultati del Leisure Study non dovrebbero cambiare quanto viene attualmente raccomandato: la TOS andrebbe usata solo nei casi di disturbi menopausali importanti e per periodi brevi oppure nella menopausa precoce.

Commento di Luca Puccetti

Questo studio ha un disegno particolare è prospettico relativamente all'outcome (la mortalità), ma è retrospettivo relativamente all'intervento e per di più riferito mediante ricordi di pazienti non proprio più al massimo delle capacità mnesiche. Già il tipo di donne bianche e benestanti, limita molto la generabilizzabilità dello studio in quanto questa classe sociale, avendo più mezzi, sia culturali che economici, è verosimilmente più disposta a sottoporsi a regoalri controlli medici. Non è detto che altre classi sociali avrebbero messo in atto lo stesso comportamento diligentemente preventivo. Ma anche ammesso che ciò fosse la differenza di età tra i due gruppi su un campione così ampio è enorme e tale da non poter essere corretta mediante aggiustamento per fattori confondimento prestabiliti. Supponiamo però per un momento di dimenticare tutto ciò e di iscriversi tra i fautori della TOS. Un interpretrazione frequente del WHI è che le donne americane che avrebbero intrapreso la TOS sarebbero state già piuttosto anziane. Se si ipotizzano due azioni contrastanti da parte degli estrogeni, da un lato un'azione procoagulativa e dall'altro un'azione antiateromasica per gli effetti metabolici e sull'elasticità vasali, si potrebbe ipotizzare che se la TOS fosse incominciata subito dopo la menopausa, allorquando i vasi non hanno già un rilevante carico ateromasico, potrebbero prevalere gli effetti positivi legati all'azione sull'elasticità vasale e sull'assetto lipidico. Allorquando la TOS venisse iniziata su donne in età più avanzata, contrassegnate dalla presenza di un rilevante carico ateromasico con placche instabili, potrebbero invece prevalere gli effetti procoagulativi degli estrogeni conducendo ad un aumento degli ictus e degli infarti.
essendo che in questo studio le donne hanno riferito di aver intrapreso la terapia subito dopo la menopausa, una tale tesi potrebbe trovare una sorta di conferma indiretta speculativa.

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