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Inefficaci gli inibitori delle colinesterasi nel deficit cognitivo lieve
Inserito il 09 luglio 2008 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso degli Inibitori delle colinesterasi in soggetti con deficit cognitivo lieve non riduce l'insorgenza di di malattia di Alzheimer o di demenza. Inoltre, il profilo di sicurezza ha evidenziato che i rischi associati ai ChEI non sono trascurabili.

La malattia di Alzheimer (AD, Alzheimer Disease) è la causa principale della demenza e, secondo le ultime stime, colpisce più di 24 milioni di persone nel mondo. La demenza è anche la principale causa di invalidità nei pazienti con più di 65 anni di età.
Nell’AD di grado medio-moderato l’efficacia di trattamenti sintomatici come gli inibitori delle colinesterasi (ChEI) donepezil, galantamina e rivastigmina, è discutibile ed è stata oggetto di ampio dibattito.

Negli ultimi anni, nel tentativo di definire quali siano i soggetti a rischio maggiore di sviluppare demenza, è stata individuata una nuova entità nosologica, il danno cognitivo lieve (MCI, Mild Cognitive Impairment) che si riferisce a una situazione di transizione tra i disturbi cognitivi tipici dell’età avanzata e la demenza. Attualmente non esistono dei criteri diagnostici differenziali validati ed ampiamente condivisi per il MCI.

Nonostante le incertezze sulla definizione di MCI come entità clinica vera e propria, sono stati già condotti degli studi sul ruolo dei ChEI nel ritardare l’insorgenza di AD, sulla base del presunto rapporto fisiopatologico tra MCI e AD. La maggior parte degli studi non è comunque stata pubblicata, anche dopo anni dalla conclusione. Uno dei primi trial, condotto nel 2006, di cui gli autori tendevano tuttavia a sottolineare le carenze metodologiche, ha dimostrato l'inefficacia di questi farmaci nel MCI. Due revisioni Cochrane, effettuate nel 2006, hanno confermato la non efficacia di donepezil e galantamina.
Nel 2005 la Food and Drug Administration ha raccomandato di utilizzare la galantamina solo per le indicazioni terapeutiche autorizzate (AD di grado moderato-severo); in altre condizioni come il MCI, l’FDA afferma che i rischi di galantamina superano i benefici.

L’obiettivo di questa revisione sistematica, condotta sia su studi pubblicati che non pubblicati, era quello di aggiornare i dati sul profilo beneficio/rischio dei ChEI nel trattamento del MCI.
Gli studi venivano inclusi purchè si trattasse di trial clinici randomizzati pubblicati (o descritti) in inglese e condotti su soggetti che avevano ricevuto una diagnosi di MCI e/o un’alterazione della funzione della memoria documentata da una valutazione neuropsicologica.
L’end point primario degli studi inclusi nella revisione doveva comprendere il tempo di sviluppo di demenza o di AD possibile/probabile o il miglioramento di misurazioni effettuate in ambito cognitivo/clinico/neuropsichiatrico e/o il miglioramento valutato sulla diagnostica per immagini.

Su un totale di 157 citazioni potenzialmente rilevanti, gli studi inclusi nella revisione sono stati 8 di cui 3 pubblicati e 5 reperiti dai registri dei clinical trial. Tutti gli studi (3 su donepezil, 2 su rivastigmina e 3 su galantamina), tranne 1, erano sponsorizzati, del tutto o in parte, da ditte farmaceutiche. Il confronto, quando riportato, era verso placebo. I criteri di inclusione erano diversi tra i trial, quindi la popolazione di riferimento della revisione non risultava omogenea, così come vi erano differenze nel dosaggio del farmaco e nella durata del trattamento.

La qualità metodologica degli studi, misurata attraverso la scala Jadad, era bassa-moderata (score 2-3). Solo per 3 dei 5 studi non pubblicati erano disponibili dati sufficienti per essere inclusi nella revisione.

I risultati della revisione non hanno evidenziato differenze significative tra i trattati e il placebo nella progressione da MCI ad AD o a demenza.
L’incidenza di progressione della malattia variava dal 13% (in 2 anni) al 25% (in 3 anni) fra i trattati e dal 18% (in 2 anni) al 28% (in 3 anni) con placebo.
Solo per 2 studi è stato possibile stimare il rischio relativo di progressione della malattia con il trattamento vs placebo: 0,85 (CI 95% 0,64–1,12) e 0,84 (CI 95% 0,57–1,25).
La riduzione della probabilità di progressione ad AD è stata riportata solo in uno studio (su donepezil) durante i primi 12 mesi di trattamento ma non alla fine dei 3 anni di follow-up.

Questi risultati confermano per tutta la classe di ChEI quanto riportato dalle 2 revisioni sistematiche Cochrane. Nella prima, effettuata sull’efficacia della galantamina in pazienti con MCI o AD, gli autori sono giunti alla conclusione che il beneficio era marginale e che “l’uso della galantamina nella MCI è sconsigliato in quanto associato ad un aumento della mortalità”. Nella seconda revisione, gli autori concludono come segue “Non ci sono evidenze a supporto dell’uso di donepezil nei pazienti con MCI. I presunti benefici sono rappresentati da una maggiore sopravvivenza a fronte di effetti collaterali significativi.”
La percentuale di soggetti che ha completato lo studio variava dal 51-68% tra i trattati vs il 36-83% nel gruppo placebo.

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, solo 4 degli 8 studi inclusi nella revisione riportava il tasso di soggetti con almeno 1 evento avverso, l’incidenza di reazioni avverse gravi e la percentuale di drop out per eventi avversi. In 3 trial gli eventi erano descritti in almeno il 5% dei trattati, mentre solo 1 studio non ha riportato per niente il profilo di safety.
La percentuale di soggetti con almeno 1 evento era molto elevata sia tra i trattati (88-96%) che con placebo (73-93%). Il tasso di drop out era notevolmente superiore tra i trattati (21-24%) vs placebo (7-13%).
I dati sulle cause di morte erano complessivamente inadeguati. Solo un trial riportava tutte le cause di morte per ogni braccio dello studio (1 decesso con placebo vs 6 con galantamina).
In media, in tutti i trial è stato utilizzato il massimo dosaggio di ChEI, il che probabilmente ha contribuito all’elevata frequenza di drop out per insorgenza di eventi avversi. La mortalità era superiore fra i pazienti trattati con donepezil e galantamina, rispetto al placebo, e le cause di mortalità erano rappresentate soprattutto da malattie cardio- e cerebrovascolari.

L’uso degli ChEI in soggetti con MCI, per periodi compresi tra meno di 4 mesi a 3 anni, non è stato associato ad un rallentamento dell’insorgenza di AD o di demenza. Inoltre, il profilo di sicurezza ha evidenziato che i rischi associati ai ChEI non sono trascurabili.
Infine, se è indubbio che ulteriori studi si rendono necessari per stabilire se i ChEI possano o meno ritardare la progressione del MCI a demenza, è altrettanto auspicabile che le ulteriori sperimentazioni cliniche siano rimandate fintanto che non sia disponibile una diagnosi standardizzata di MCI.


Questo è un contributo ad opera di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Institute of Psychiatry, King’s College London

Riferimento bibliografico

Raschetti R et al. Cholinesterase inhibitors in mild cognitive impairment. A systematic review of randomised trials. PLoS Medicine 2007; 4: 1818-28

Dottoressa Alessandra Russo


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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