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Aspirina, FANS e demenza
Inserito il 11 agosto 2008 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non ci sono evidenze forti che i FANS e l'aspirina possano ritardare lo sviluppo di demenza.



Nel corso dello studio AD2000 Collaborative Group [1], pubblicato dal Lancet nel 2004 e nel quale era stata valutata l' efficacia del donezepil, sono stati trattati in aperto con aspirina (75 mg/die) 310 pazienti affetti da morbo di Alzheimer lieve o moderato. L'esito primario era la capacità cognitiva misurata secondo il Mini-mental State Examination e la capacità funzionale valutata secondo la Bristol Activities of Daily Living Scale. Durante i tre anni dello studio è stato possibile avere i dati del 50% del gruppo trattato con aspirina e del 78% di quelli del gruppo di controllo. Non si riscontrarono differenze per l'outcome primario tra i due gruppi. Un sanguinamento che richiese il ricovero si verificò nell'8% del gruppo asa (3 pazienti, pari al 2%, morirono per emorragia cerebrale) e nell'1% del gruppo controllo.
In un secondo studio [2], di tipo osservazionale, sono stati seguiti i soggetti arruolati nel Cardiovascular Health Study - Cognitive Study. Il follow-up per ogni soggetto arruolato continuava fino a che non si sviluppava una demenza oppure per 10 anni o fino al decesso. Lo studio ha reclutato più di 3220 partecipanti; una demenza si sviluppò in 452 pazienti. L'uso di FANS risultava associato ad una riduzione del rischio di demenza del 24% (IC95% 4%-40%) mentre tale riduzione non si potè dimostrare per l'aspirina e per il paracetamolo. L'effetto protettivo dei FANS si manifestava solo nei soggetti portatori dell'allele e4 di APOE e non sembra dipendere dal tipo di FANS utilizzato.



Fonte:

1. AD2000 Collaborative Group. Aspirin in Alzheimer’s disease (AD2000): a randomised open-label trial. Lancet Neurology 2008; 7: 41-49.
2. Szekely et al. NSAID use and dementia risk in the Cardiovascular Health Study. Neurology 2008; 70: 17-24.



Commento di Renato Rossi

Esistono dati epidemiologici che suggeriscono un' associazione tra uso di aspirina o FANS e riduzione del rischio di sviluppo di demenza. Il meccanismo non è chiaro: da una parte forse gioca un ruolo l'attività antiaggregante che potrebbe proteggere dalla demenza di tipo vascolare, dall'altra gli antinfiammatori potrebbero ridurre o inibire la produzione della proteina beta-amiloide, implicata nella genesi della demenza di Alzheimer. In uno studio osservazionale su quasi 7000 soggetti si evidenziò che l'uso a lungo termine dei FANS può proteggere dall'Alzheimer ma non dalla demenza vascolare [4].
Una revisione sistematica di studi osservazionali [1] evidenziò che l'uso di FANS era associato ad una riduzione del rischio di Alzheimer del 28% mentre con l'aspirina tale riduzione scendeva al 13%.
Tuttavia in uno studio randomizzato su 351 pazienti durato un anno il rofecoxib e il naproxene a bassi dosaggi non furono ingrado di ridurre la progressione di forme lievi e moderate di Alzheimer [2].
In un altro studio randomizzato su 692 pazienti con Alzheimer lieve-moderato il rofecoxib non ebbe alcuna efficacia nel ridurre il rischio di progressione della malattia anche dopo aggiustamento per la gravità della demenza al baseline, per la presenza dell'allele APOE-4 e per l'uso di donezepil [3].
Una revisione Cochrane [5] conclude che l'indometacina non può essere raccomandata per trattare l'Alzheimer lieve-moderato, inoltre l'uso è limitato dall'importanza degli effetti collaterali. Un'altra revisione mostra che anche per l'ibuprofene non vi sono evidenze [6]. Secondo Clinical Evidence [7] l'utilità dei FANS sui sintomi cognitivi dell'Alzheimer non è stata determinata.
In conclusione mentre le evidenze di tipo osservazionale sembrano documentare un ruolo dei FANS e forse dell'asa nel ridurre il rischio di demenza, i risultati degli studi randomizzati sono in genere negativi. E' noto che gli studi osservazionali forniscono prove deboli in quanto possono essere gravati da vari tipi di distorsioni e da fattori confondenti che non è possibile correggere del tutto neppure con sofisticate tecniche statistiche. Potrebbero i FANS e l'asa, se non curare l'Alzheimer e in genere la demenza, avere almeno un ruolo preventivo? La domanda è destinata, per ora, a rimanere senza risposta in quanto sarebbero necessari RCT adeguatamente disegnati a tale scopo che, al momento, mancano.


Referenze

1.Etminan M et al. Effect of non-steroidal anti-inflammatory drugs on risk of Alzheimer's disease: systematic review and meta-analysis of observational studies. BMJ 2003 Jul 19; 327:128-131
2. Aisen PS et al. for the Alzheimer's Disease Cooperative Study.Effects of Rofecoxib or Naproxen vs Placebo on Alzheimer Disease Progression. A Randomized Controlled Trial
JAMA. 2003 Jun 04; 289:2819-2826
3. Reines S.A. et al. Rofecoxib. No effect on Alzheimer’s disease in a 1-year, randomized, blinded, controlled study. Neurology 2004 January 13; 62: 66-71
4. In 't Veld BA, Ruitenberg A, Hofman A, et al. Nonsteroidal antiinflammatory drugs and the risk of Alzheimer's disease. N Eng J Med. 2001 Nov 22;345:1515-1521.
5. Tabet N, Feldman H. Indomethacin for Alzheimer's disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2002, Issue 2. Art. No.: CD003673. DOI: 10.1002/14651858.CD003673
6. Tabet N, Feldman H. Ibuprofen for Alzheimer's disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2003, Issue 2. Art. No.: CD004031. DOI: 10.1002/14651858.CD004031
7. http://clinev.it




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