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Disturbi del sonno in bambini obesi e disturbi cognitivi
Inserito il 01 settembre 2008 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei bambini con obesità/soprappeso i disturbi respiratori del sonno sono risultati essere molto comuni e si associano a disturbi cognitivi.

Uno studio (1) ha valutato la prevalenza di disturbi respiratori nel sonno in un campione di bambini e adolescenti sovrappeso e obesi.

Sono stati reclutati presso una clinica pediatrica per obesità in Belgio bambini di età compresa fra 6 e 16 anni.

Tutti sono stati sottosti a misurazioni antropometriche e a polisonnografia. Sono stati inclusi 27 bambini sovrappeso e 64 obesi (di cui 40 di sesso maschile), con età media di 11,2 anni.

Il 53% dei bambini dormiva bene, l’11% presentava un russamento primario, l’11% una apnea ostruttiva (OSA) lieve, l’8% una OSA moderata-severa e il 17% una apnea centrale. La metà dei bambini con apnea centrale durante il sonno presentava desaturazioni <85%. Mentre l’ipertrofia tonsillare è risultata essere predittiva di OSA moderata/severa, più alti livelli di obesità addominale e di massa grassa sono risultati essere associati con l’apnea centrale durante il sonno.

Gli autori concludono che, nel campione di bambini con obesità/soprappeso studiati, i disturbi respiratori del sonno sono risultati essere molto comuni. Le apnee ostruttive del sonno non sembrano associate a obesità addominale mentre lo sono le apnee centrali. Queste spesso causano desaturazioni importanti.

Il sonno dei bambini obesi dovrebbe essere quindi adeguatamente studiato, viste anche le possibili implicazioni neurocognitive e cardiovascolari segnalate nella letteratura nei soggetti che respirano male durante il sonno, come conferemato da un lavoro che si è posto l’obiettivo di stabilire se il minor tempo trascorso a letto e la severità dei disturbi respiratori ostruttivi nel sonno fossero predittivi di alterazioni della funzione cognitiva.

Si tratta di uno studio osservazionale (2) condotto in Virginia che ha reclutato 56 bambini di età compresa fra 6 e 12 anni con ipertrofia adenotonsillare e con sospetto disturbo respiratorio ostruttivo nel sonno.

I bambini sono stati sottoposti a esame actigrafico per sei giorni (l’actigrafia registra il movimento grazie ad un apparecchio portato al polso). In questo periodo le caratteristiche del sonno e del respiro durante la notte sono state registrate grazie a diari. In settima giornata i bambini sono stati sottoposti a test cognitivi ed a polisonnografia.
Il tempo trascorso a letto (cioè l’intervallo tra il momento in cui il bambino va per la prima volta a letto a quello in cui si alza) è stato valutato grazie all’actigrafo e ai diari del sonno. L’indice di apnea-ipopnea è stato valutato dalla polisonnografia secondo criteri standard. I risultati sono stati controllati per una serie di possibili fattori di confondimento tra cui genere, età, razza, stato di salute, tipo di scuola. Il BMI non è stato però incluso.

I risultati hanno messo in evidenza che i bambini con un tempo medio a letto più breve (521 minuti) e con russamento presentavano scores più bassi ai test del vocabolario e delle similitudini rispetto a quelli con un tempo medio a letto più lungo (557 minuti) e senza russamento. Le differenze erano superiore a 1 deviazione standard rispetto alla distribuzione normale degli scores per la popolazione generale. Anche una maggiore variabilità nel tempo trascorso a letto tra le diverse notti studiate e un più alto indice di apnea-ipopnea sono risultati associati a scores più bassi. Non sono state invece messe in evidenza correlazioni con gli altri test cognitivi o comportamentali realizzati.

Secondo gli autori questi risultati sono clinicamente molto significativi e, considerando che il test del vocabolario è quello maggiormente correlato con il Quoziente Intellettivo e con il rendimento scolastico, le differenze viste potrebbero avere un impatto rilevante.

Commento

Va comunque considerato lo studio non è in grado di stabilire un nesso di causalità. È ad esempio possibile che famiglie disorganizzate, solitamente con difficoltà socioeconomiche o psicologiche, non riescano ad assicurare ritmi adeguati di sonno ai propri bambini con conseguente cattivo sviluppo cognitivo. Oppure è possibile che un processo che causi una ridotta performance ai test cognitivi possa anche causare un modello di sonno alterato, con tempo trascorso a letto insufficiente o variabile. Inoltre studi di questo tipo sono molto difficili da interpretare perché è difficile controllare tutte le varabili sociali e culturali correlate ai test cognitivi.

Referenze

1) Arch Dis Child 2007;92:205-8
2) Pediatrics 2007; 119: 320-329


Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Febbraio-Marzo 2007.

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