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Quale profilassi antitrombotica dopo interventi di artroprotesi?
Inserito il 16 novembre 2008 da admin. - ortopedia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo alcuni ricercatori americani la profilassi antitrombotica dopo intervento di protesi d'anca o di ginocchio porterebbe ad un aumento della mortalità totale, ma si tratta di uno studio affidabile?

Alcuni ricercatori dell'Hospital for Special Surgery di New York sono partiti dal fatto che mentre negli anni '60 del secolo scorso la frequenza di embolia polmonare fatale riguardava circa il 2,2% dei pazienti sottoposti ad interventi ortopedici di artroprotesi dell'anca e del ginocchio, attualmente, grazie ai miglioramenti dell'anestesia, delle tecniche chirurgiche e delle terapie perioperatorie la percentuale non supera 0,2%. In conseguenza di ciò i ricercatori si sono chiesti se gli anticoagulanti usati per la profilassi del tromboembolismo venoso portino a benefici superiori ai rischi emorragici. Essi notano che nessuno studio ha confermato che gli anticoagulanti dopo interventi di artroprotesi riducono la mortalità totale. Il team ha quindi rivisitato i dati derivanti da 20 studi pubblicati tra il 1998 e il 2007 per un totale di oltre 28.000 pazienti. Di questi quasi 16.000 avevano ricevuto un anticoagulante potente come eparina a basso peso molecolare, ximelagatran, fondaparinux, rivaroxaban (gruppo A), oltre 7.000 avevano ricevuto anestesia regionale, compressione pneumatica e aspirina (gruppo B) mentre a poco più di 5.000 era stato somministrato il warfarin (gruppo C)
I pazienti trattati con un anticoagulante potente avevano una mortalità totale dello 0,41%, quelli trattati con warfarin dello 0,40% mentre in chi non aveva ricevuto tali trattamenti (gruppo B) la mortalità era di 0,19%. Risultati simili si sono evidenziati quando è stato valutato l'esito "embolia polmonare non fatale". I pazienti trattati con anticoagulanti potenti avevano una frequenza di EP non fatale di 0,60%, quelli trattati con warfarin di 0,52%, mentre era di 0,35% nei pazienti che non avevano ricevuto tali terapie (gruppo B).
Gli autori rimarcano che l'EP avviene nonostante la profilassi antitrombotica con anticoagulanti potenti o warfarin, i quali possono, addirittura, esporre i pazienti ad un rischio di aumentata mortalità. Attualmente le linee guida dell'American College of Chest Physician consigliano, dopo interventi ortopedici maggiori, la profilassi con eparina a basso peso molecolare o warfarin, ma, secondo gli autori dello studio, questi dati dovrebbero portare ad un cambiamento delle raccomandazioni.


Fonte:

Sharrock NE et al. Potent Anticoagulants are Associated with a Higher All-Cause Mortality Rate After Hip and Knee Arthroplasty. Clin Orthop Relat Res 2008 Mar; 466:714-721.


Commento di Renato Rossi

In medicina non esiste il principio di autorità e tutto va sottoposto a verifica e controllo, anche le raccomandazioni e le linee guida più accreditate. La profilassi antitrombotica dopo interventi ortopedici maggiori, soprattutto con eparine a basso peso molecolare, è una prassi consolidata e ritenuta obbligatoria. Molti medici, soprattutto per medicina difensiva, estendono le indicazioni della profilassi anche ad interventi meno impegnativi, tanto che negli ultimi anni vi è stato un'impennata nelle prescrizioni delle eparine a basso peso molecolare, molto più comode e facili da usare dell'eparina non frazionata. Ma se questa pratica fosse meno efficace rispetto ad una metodologia di profilassi diversa (aspirina e compressione pneumatica), perlomeno nel tipo di pazienti ortopedici esaminati dallo studio recensito in questa pillola? Da un esame sommario del lavoro risulta che gli autori hanno assemblato insieme studi prospettici non randomizzati, studi prospettici randomizzati e uno studio retrospettivo e questo costituisce senz'altro un limite importante della loro analisi.
In una metanalisi di 52 RCT per un totale di quasi 11.000 pazienti si evidenziò che il miglior agente profilattico in termini di sicurezza ed efficacia era il warfarin, seguito dalla compressione pneumatica, e, infine, dalle eparine a basso peso molecolare [1]. Esiste un'altra metanalisi di vari studi per circa 130.000 pazienti [2]. In essa gli autori cautamente sottolineano che la varietà e qualità degli studi deve far considerare con prudenza le loro conclusioni: la mortalità totale, compresa tra 0,3 e 0,4%, non risultò ridotta nè dall'eparina nè da nessun altro agente profilattico, per cui le raccomandazioni delle linee guida per un loro uso routinario dopo intervento di artroprotesi d'anca sarebbero forse da ridiscutere. Esiste anche una revisione sistematica Cochrane per quasi 3.000 pazienti, soprattutto donne anziane, in cui è stata valutata l'efficacia della profilassi nella chirurgia per frattura d'anca [3]. I revisori si lamentano per la qualità dei lavori. In 10 trials l'eparina standard è stata paragonata al placebo e in 5 trials ad essere usata versus placebo era l'eparina a basso peso molecolare. In tutti questi studi si è ottenuta una riduzione della trombosi venosa profonda (RR 0,60; IC95% 0,50-0,71), ma non ci sono dati sufficienti a confermare l'efficacia di entrambe nella prevenzione dell'embolia polmonare e non c'era differenza nella mortalità totale (RR 1,16; IC95% 0,77-1,74). In 5 trials la compressione pneumatica ha dimostrato di proteggere contro la trombosi venosa profonda (RR 0,31; IC95% 0,19-0,51) e l'embolia polmonare, ma i dati erano insufficienti per stabilire l'effetto sull'embolia polmonare fatale e sulla mortalità. Gli autori notano che la metodologia dei trials sulla compressione pneumatica è dubbia e che uno dei suoi problemi principali è la scarsa compliance a causa delle abrasioni cutanee provocate dai dispositivi. Anche molti trials in cui era usata l'eparina soffrivano di difetti metodologici. Ovviamente il fatto che gli studi fossero metodologicamente discutibili non significa di per sè che si debba abbandonare la profilassi antitrombotica e d'altra parte è importante anche riuscire a prevenire solo la trombosi venosa profonda con le sue sequele (sindrome post-trombotica), pur se non si incide sull'embolia polmonare e sulla mortalità.
Spetta a chi si occupa per mestiere di critical appraisal fare il pelo e il contropelo e valutare pregi e difetti degli studi in questione. Le domande a cui è necessario rispondere sono:
1) qual è l'efficacia della profilassi antitromboembolismo venoso dopo interventi di chirurgia ortopedica maggiore?
2) quali sono gli eventi che si riesce a prevenire rispetto al non trattamento?
3) tra i vari metodi di profilassi, quale ottiene i risultati migliori?
A questo punto è necessario che gruppi esperti in esame della letteratura rivalutino complessivamente tutti i dati a disposizione e sarebbe auspicabile che si effettuasse una valutazione metodologica puntuale dello studio recensito in questo pillola.
Nel frattempo sarà opportuno non derogare dalla prassi attuale che prevede l'uso di un' eparina a basso peso molecolare da usare per tutto il periodo di immobilizzazione del paziente, in obbedienza al principio che pochi studi da soli non possono portare ad uno stravolgimento di linee guida consolidate, almeno fino a quando non si renderanno disponibili ulteriori dati.


Referenze

1. Freedman KB et al. A meta-analysis of thromboembolic prophylaxis following elective total hip arthroplasty. J Bone Joint Surg Am. 2000 Jul;82-A(7):929-38.
2. Murray DW et al. Thromboprophylaxis and death after total hip replacement. J Bone Joint Surg Br. 1996 Nov;78(6):863-70.
3. Handoll HHG et al. Heparin, low molecular weight heparin and physical methods for preventing deep vein thrombosis and pulmonary embolism following surgery for hip fractures. Cochrane Database of Systematic Reviews 1997, Issue 4. Art. No.: CD000305. DOI: 10.1002/14651858.CD000305



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