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Ginkgo biloba per la prevenzione del declino cognitivo
Inserito il 10 gennaio 2009 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso di un estratto standardizzato di GBE ha dimostrato un effetto protettivo sul declino della memoria ma a prezzo di un maggior numero di ictus.

L’articolo descrive i risultati di uno studio disegnato per valutare:

1) la fattibilità di uno studio di prevenzione primaria in soggetti ad alto rischio di demenza (età >85 anni);

2) la sicurezza di un estratto di ginkgo biloba (GBE) standardizzato in questa popolazione;

3) la capacità di GBE di ritardare il progredire della compromissione cognitiva.

GBE è stato scelto in quanto: 1) è già usato anche in soggetti molto anziani (Kishiyama SS et al. Altern Ther Health Med. 2005; 11: 48-53); 2) studi preclinici hanno mostrato che agisce come antiossidante e su altri importanti meccanismi dell’invecchiamento cerebrale (Christen Y. Am J Clin Nutr 2000; 71: 621S-629S); 3) studi clinici suggeriscono la sua efficacia nel ritardare il manifestarsi della malattia di Alzheimer [AD] (Oken BS. Arch Neurol 1998; 55: 1409-15; Oken BS. Blackwell Science 2002: 518-23); 4) presenta un favorevole profilo di sicurezza; 5) l’uso di GBE, se efficace e sicuro, potrebbe essere ampiamente adottato come trattamento relativamente economico e già disponibile.

Si tratta di uno studio pilota randomizzato, in doppio cieco, contro placebo con un follow-up di 42 mesi, condotto dall’Oregon Center for Complementary and Alternative Medicine in Neurological Disorders e dal National Istitute of Aging-Layton Aging and Alzheimer’s Disease Center. Il GBE standardizzato (contenente almeno il 6% di terpene lattoni e il 24% di flavono glicosidi) è stato somministrato alla dose di 240 mg/die (80 mg x 3 volte/die). Tutti i partecipanti hanno ricevevuto un preparato multivitaminico standard contenente 40 UI di vitamina E, così da compensare eventuali e saltuarie interruzioni nell’assunzione del farmaco sperimentale.

Criteri di inclusione sono stati: età =85 anni, nessun disturbo di memoria, funzione mnesica normale definita dal punteggio della Logical Memory del Wechsler Memory Scale-Revised (WMS-R), aggiustato in base al grado di istruzione, punteggio Mini-Mental State Examination (MMSE) >23, Clinical Dementia Rating (CDR)=0; 7) assenza di sintomi depressivi, punteggio alla Center for Epidemiology Studies Depression Scale (CES-D-10) <4.

I soggetti sono stati interpellati per posta ed invitati a partecipare allo studio: tra agosto 2000 e settembre 2001 sono state inviate 10700 lettere di invito a residenti nell’area di Portland (Oregon, USA) eligibili per età. I 636 che hanno aderito sono stati esaminati in due fasi: la prima, tramite un’intervista telefonica condotta per valutare la presenza di condizioni mediche di esclusione e lo status cognitivo, e, la seconda, attraverso una visita a domicilio durante la quale è stata effettuata una valutazione cognitiva e sono stati ottenuti il consenso informato, un campione ematico e l’anamnesi. Nel corso dello studio i partecipanti sono stati seguiti tramite interviste annuali e visite ogni 6 mesi per valutare i cambiamenti dello stato di salute, il punteggio MMSE, i sintomi di depressione, la vita quotidiana (punteggio secondo la scala activities of daily living), le terapie in atto e la relativa posologia e la storia clinica (nuovi ricoveri o diagnosi ed eventi avversi).

Gli outcome esaminati sono stati: 1) il declino cognitivo moderato, definito come progressione del CDR da 0 a 0,5; 2) il declino nel tempo della funzione mnesica, misurata attraverso il Consortium to Establish a Registry for AD 10-word Word List Delayed Recall test; 3) gli eventi avversi.

Tra i 118 soggetti esaminati, 60 (50,8%) erano nel gruppo GBE e 58 (49,2%) in quello placebo. La durata media (SD) del follow-up è stata 3,15 (0,88) anni per l’intera coorte: 3,29 (0,77) anni per il gruppo GBE e 3,00 (0,98) anni per quello placebo. Sono stati registrati 16 decessi (26,6%) nel gruppo GBE e 13 (21,6%) in quello placebo (p=0.57). I dropout sono stati di modesta entità e senza differenze tra i due gruppi: 5 (8,3%) con GBE vs 5 (8,6%) con placebo.

Durante il follow-up in 21 casi (17,8%) si è avuto una progressione a CDR=0,5: 7 nel gruppo GBE e 14 in quello placebo. In 18 casi sono stati registrati almeno 2 CDR=0,5 consecutivi. Progressioni successive a CDR =1,0 sono state osservate in 4 casi: 1 nel gruppo GBE e 3 in quello placebo. Le curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier, utilizzate per analizzare l’andamento della progressione a CDR=0,5, hanno mostrato che il gruppo GBE aveva una minore progressione del CDR da 0 a 0,5; ciononostante l’analisi statistica primaria ha indicato che l’uso di GBE non ha comportato una riduzione del rischio di progressione a CDR = 0,5 (log-rank test, p=0.06).

Il 68,6% dei partecipanti (65,0% nel gruppo GBE ed il 72,4% in quello placebo) ha soddisfatto i criteri di aderenza alla terapia (assunzione di un numero di unità posologiche compreso tra l’80% e il 110% di quelle prescritte, valutata nei primi 6 mesi dello studio). Cinque soggetti hanno assunto un numero di unità maggiore rispetto a quello prescritto: 2 (102% e 140%) nel gruppo GBE e 3 (104%, 117% e 118%) nel gruppo placebo. L’analisi statistica secondaria, che ha considerato l’aderenza alla terapia, ha indicato un effetto protettivo di GBE sulla progressione da CDR = 0 a 0,5 [hazard ratio (HR) = 0,33, 95% CI 0,12 – 0,89]. Questo risultato non è variato dopo il controllo per altre covariabili al baseline (HR 0,32, 95% CI 0,11–0,93) tra le quali solo i sintomi di depressione sono risultati predittivi di progressione. GBE ha inoltre mostrato un effetto protettivo nei confronti del declino della memoria.

Non c’è stata differenza tra i gruppi nel numero di eventi avversi. Nel gruppo GBE, rispetto al gruppo placebo, è stata tuttavia registrata una maggiore incidenza di stroke e di attacco ischemico transitorio (7 vs 0; p = 0,01). Tutti gli stroke, eccetto uno, sono stati non emorragici; nessuno è risultato fatale durante lo studio e, sia l’unico caso di stroke emorragico, sia i 4 soggetti non emorragici, hanno proseguito lo studio. Non sono state osservate differenze tra i gruppi nell’incidenza di eventi emorragici quali epistassi come ulcere gastrointestinali, epistassi ed ecchimosi ed emorragie da ulcere gastrointestinali.


L’uso di un estratto standardizzato di GBE ha dimostrato un effetto protettivo sulla progressione del CDR da 0 a 0,5 e sul declino della memoria. Nel gruppo GBE è stato registrato un maggior numero di casi di stroke ed attacco ischemico transitorio. Entrambe queste osservazioni richiedono conferma in ulteriori studi.



Nella discussione gli autori sottolineano che l’assenza di efficacia di GBE nel proteggere dalla progressione a CDR = 0,5 indicata dall’analisi statistica primaria è potenzialmente da imputare alla limitata potenza del campione ed alla ridotta durata del follow-up. Inoltre, poiché dallo studio è emerso che l’aderenza alla terapia ha influenzato l’efficacia del trattamento con GBE, in futuri trial di prevenzione primaria, condotti su anziani a rischio di demenza, sarà importante valutare questo punto.

Riferimento bibliografico

Dodge et al. A randomized placebo-controlled trial of ginkgo biloba for the prevention of cognitive decline. Neurology 2008 May 6;70:1809-17.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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