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Efficacia comparativa dei farmaci nel prevenire le fratture non-vertebrali
Inserito il 03 febbraio 2009 da admin. - reumatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Risedronato, raloxifene e alendronato mostrano un’efficacia simile nel prevenire il rischio di fratture non vertebrali.

Lo studio di coorte qui presentato confronta “testa a testa” bifosfonati orali (alendronato o risedronato), calcitonina nasale e raloxifene per via orale al fine di valutare l’efficacia relativa di tali agenti nel prevenire il rischio di fratture non vertebrali.

Gli autori hanno analizzato una coorte di pazienti arruolati in 2 ampi programmi di assistenza farmaceutica: il New Jersey Pharmaceutical Assistence to the Aged and Disabled program ed il Pennsylvania Pharmaceutical Assistence Contract for the Elderly.
Nella coorte sono stati selezionati i pazienti che, nel periodo compreso tra il 1 aprile 2000 ed il 30 giugno 2005, avevano ricevuto una nuova prescrizione di bifosfonati orali (alendronato 10 mg o 70 mg oppure risedronato 5 mg o 35 mg), calcitonina nasale o raloxifene. I criteri d’inclusione comprendevano un’età =65 anni ed assenza di utilizzo dei farmaci in studio nell’anno precedente l’inizio del trattamento (soggetti “nuovi riceventi”).
Sono stati esclusi dallo studio i pazienti residenti in case di cura, i soggetti con una richiesta di assistenza per malattia di Paget e quelli che avevano ricevuto una prescrizione per bifosfonati o teriparatide nell’anno precedente l’inizio del trattamento.

L’outcome primario dello studio consisteva nella valutazione del rischio di fratture non vertebrali (fratture dell’anca, dell’omero, del radio o dell’ulna) ad un anno dall’inizio del trattamento mentre quelli secondari includevano le fratture non vertebrali a 6-24 mesi e le fratture dell’anca a 6-12 e 24 mesi di trattamento.

Le covariate considerate potenzialmente correlate all’insorgenza di fratture erano le caratteristiche demografiche (età, sesso, razza), fattori correlati all’osteoporosi (come diagnosi di osteoporosi o storia di fratture), comorbidità (diabete mellito, storia di cadute, sincope, difetti nella postura, cancro, artrite reumatoide), uso di farmaci (come antiepilettici, beta-bloccanti, benzodiazepine, glucocorticoidi, terapie ormonali, inibitori selettivi del reuptake della serotonina, diuretici tiazidici e altri farmaci) e precedenti ospedalizzazioni. Gli autori dello studio hanno, inoltre, considerato il calendario (mese ed anno) della prescrizione indice.
Sono stati utilizzati il metodo di Kaplan-Meier per rilevare l’incidenza cumutativa di fratture ed il modello di Cox a rischi proporzionali per confrontare il tasso di fratture tra i quattro gruppi farmacologici. In una prima analisi è stata considerata l’esposizione al farmaco fino alla fine del follow-up, escludendo solo la data di morte o di fine follow-up.
Gli autori hanno sviluppato l’indice di propensione per ogni farmaco, utilizzando la regressione logistica multinominale. L’alendronato, farmaco maggiormente prescritto per il trattamento dell’osteoporosi, è stato considerato come riferimento. Per giustificare le differenze basali tra i due programmi, è stato valutato l’indice di propensione Stato-specifico. Gli autori, inoltre, hanno esaminato la solidità dei dati ottenuti attraverso l’analisi di sensibilità.

Al termine dello studio sono stati identificati 48865 soggetti che, nel periodo compreso tra il 1 aprile 2000 ed il 30 giugno 2005, avevano ricevuto una nuova prescrizione per bifosfonati orali (alendronato o risedronato), calcitonina nasale o raloxifene. Dopo aver escluso 5730 soggetti che non rispondevano ai criteri di eleggibilità, la coorte finale su cui si è basato lo studio era di 43135 pazienti.
Il 96% dei soggetti arruolati erano donne di età media di 79 anni. Dopo aver stratificato i pazienti in funzione del farmaco ricevuto, è stato evidenziato che i soggetti trattati con alendronato e risedronato erano simili per età, diagnosi di osteoporosi e condizioni di comorbidità; i soggetti trattati con calcitonina erano più anziani (età media 81 anni) ed avevano una prevalenza maggiore di fratture vertebrali e di condizioni di comorbidità; i soggetti trattati con raloxifene erano più giovani (età media 78 anni) e presentavano una minore prevalenza di fratture e condizioni di comorbidità.

Un totale di 1051 fratture non vertebrali sono state osservate entro 12 mesi di trattamento (2.62 fratture per 100 anni-persona). Non sono state riscontrate differenze significative nel rischio di fratture non-vertebrali a 12 mesi tra risedronato (adjusted hazard ratio [HR], 1.01 [95% CI, 0.85 - 1.21]) , raloxifene (HR, 1.18 [0.96 - 1.46]) ed alendronato. Tuttavia, tra i pazienti con storie precedenti di fratture, i trattati con raloxifene hanno manifestato un numero maggiore di fratture non vertebrali entro 12 mesi (HR 1.78 [1.20 - 2.63]) rispetto ai soggetti in trattamento con alendronato.
Il rischio di fratture non vertebrali in presenza di calcitonina si è dimostrato superiore a quello relativo ad alendronato (HR, 1.40 [CI, 1.20 -1.63]).
Questi risultati erano simili a quelli ottenuti sia dalla valutazione del rischio di fratture non vertebrali a 6 e 24 mesi che del rischio di fratture dell’anca a 6-12 e 24 mesi.

Lo studio di Cadrette e coll. fornisce evidenze alternative circa l’efficacia relativa dei farmaci autorizzati per il trattamento dell’osteoporosi. I risultati ottenuti, infatti, contrastano con quanto evidenziato da altri sudi osservazionali (Watts NB et al. J Manag Care Pharm 2004; 10:142-51. Silverman SL et al. Osteoporos Int 2007; 18: 25-34) secondo cui il risedronato è più efficace dell’alendronato nel prevenire il rischio di fratture non vertebrali. Le differenze tra i dati ottenuti da Cadrette e quelli forniti dai precedenti studi osservazionali possono dipendere, in parte, da differenze metodologiche nel disegno dello studio. Inoltre, i risultati qui discussi sono sorprendenti poiché trial clinici randomizzati mostrano che l’alendronato ha una maggiore efficacia rispetto al risedronato nell’aumentare la densità minerale ossea e nel ridurre i marker del turnover osseo.
Tuttavia, come dichiarato dagli autori stessi, i limiti dello studio sono diversi e tra questi, l’aver ristretto l’aggiustamento per vari fattori di confondimento ai soli dati di utilizzazione, senza considerare variabili quali la densità minerale ossea, il rischio di cadute, la storia familiare; inoltre, sono stati considerati limiti di confidenza troppo ampi per poter escludere differenze significative clinicamente importanti fra i farmaci analizzati.
Alla luce di questi limiti, gli stessi autori consigliano cautela nell’interpretazione dei risultati; studi futuri che tengano in considerazione i fattori di confondimento trascurati potranno chiarire meglio questi risultati.


In conclusione, lo studio dimostra che risedronato, raloxifene e alendronato mostrano un’efficacia simile nel prevenire il rischio di fratture non vertebrali. Tale rischio è maggiore nei pazienti in trattamento con calcitonina nasale rispetto a quelli in terapia con alendronato.


Commento

L’editoriale di accompagnamento al lavoro evidenzia ulteriori limiti dello studio. In primo luogo, i pazienti non sono stati randomizzati al trattamento farmacologico. I medici, e quindi le circostanze cliniche, hanno condizionato la scelta di trattare un paziente piuttosto che un altro con un certo trattamento farmacologico. Inoltre, non sono noti agli autori i fattori che hanno motivato la scelta prescrittiva dei medici. Terzo, il gruppo trattato con calcitonina era costituito da pazienti con un maggior numero di comorbidità, di co-prescrizioni e di ospedalizzazioni recenti. Quarto, un ridotto numero dei pazienti in trattamento con calcitonina o raloxifene avevano ricevuto una diagnosi di osteoporosi. Secondo l’opinione dell’editorialista, tutti questi fattori potrebbero incidere sul rischio di fratture indipendentemente dall’efficacia del farmaco assunto e, pertanto, anche le analisi multivariate più sofisticate non riuscirebbero a superare tali limiti. Solo trial clinici prospettici randomizzati potranno confermare i dati di Cadrette e coll. e renderli, pertanto, utili ad attuare strategie terapeutiche più efficaci.

Dottoressa Simonetta Ruggiero

Riferimenti bibliografici

Cadarette SM et al. Relative effectiveness of osteoporosis drugs for preventing nonvertebral fracture. Ann Int Med 2008; 148: 637-46.
Malozowski S. Comparative efficacy: what we know, what we need to know, and how we can get there. Ann Int Med 2008; 148: 702-3.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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