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Rischio di diabete e coronaropatia nei pazienti schizofrenici
Inserito il 05 febbraio 2009 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Sembra che l'aripiprazolo, rispetto ad altri farmaci antipsicotici, abbia un maggiro effetto protettivo verso l'insorgenza di diabete e coronaropatia nei pazienti schizofrenici, ma questo dato non può essere considerato definitivo.


Esistono evidenze degne di considerazione secondo le quali i pazienti schizofrenici presentano un aumento del rischio di sviluppare diabete mellito e malattie cardiovascolari. I dati provenienti da un ampio studio di coorte statunitense (Enger C et al. J Nerv Ment Dis 2004; 192: 19-27) hanno evidenziato che, rispetto alla popolazione generale, i pazienti schizofrenici trattati con antipsicotici presentano un rischio maggiore di 5 volte di sviluppare infarto del miocardio e del 75% in più di diabete di nuova diagnosi.
Tuttavia, non è ancora stato quantificato l’effetto del trattamento sul rischio di insorgenza di queste patologie.
Il rischio a 10 anni di sviluppare coronaropatia (CHD) aumenta in maniera significativa sia nell’uomo (9.4% vs 7.0%) che nella donna (6.3% vs 4.2%) affetti da schizofrenia se paragonati ad un gruppo di controllo sovrapponibile per etnia, età e genere (p=0.0001). Inoltre, lo stile di vita, inclusa una dieta ricca di grassi e povera di fibre, l’obesità, la mancanza di esercizio fisico e il fumo di sigaretta, in questi pazienti incide molto sulla predisposizione allo sviluppo di diabete e di CHD.
Gli antipsicotici atipici vengono ampiamente prescritti per il trattamento della schizofrenia ed hanno effetti benefici sui sintomi negativi, cognitivi ed affettivi; ma se è vero che questi farmaci hanno migliorato il profilo degli effetti collaterali neurologici rispetto ai principi attivi di prima generazione, è altresì vero che sono ormai note le potenziali alterazioni metaboliche correlate al loro utilizzo, tra cui l’aumento ponderale, la dislipidemia e le alterazioni glicemiche.
Nello studio STAR (Schizophrenia Trial of Aripiprazole, Kerwin R et al. Eur Psychiatry 2007; 22: 433-43), randomizzato, in aperto, condotto in 12 Paesi europei, è stato effettuato un confronto tra l’aripiprazolo (*) e gli altri antipsicotici atipici. In questo studio l’aripiprazolo è stato confrontato con la terapia standard (standard of care- SoC), dove per SoC si intendeva la scelta terapeutica da parte dei medici tra quetiapina, olanzapina e risperidone. I risultati del trial hanno dimostrato un’efficacia paragonabile tra l’aripiprazolo e la SoC. Durante lo studio, gli esiti secondari di sicurezza prevedevano la raccolta anche di dati relativi al profilo metabolico dei pazienti.

In quest’analisi a posteriori dello STAR i risultati sono stati utilizzati per validare dei modelli predittivi al lungo termine del rischio di CHD e di diabete mellito. Le variabili utilizzate sono state età, colesterolo HDL ed LDL, pressione arteriosa, presenza di diabete e fumo di sigaretta.
Sono stati considerati pazienti diabetici in terapia con ipoglicemizzanti orali o insulina, 2 valori di glicemia >150 mg/dl o la glicemia a digiuno >140 mg/dl. Il rischio stimato dei pazienti in terapia con aripiprazolo e di quelli del braccio SoC è risultato paragonabile.

Dall’analisi statistica dei dati raccolti è stato evidenziato che i pazienti trattati con aripiprazolo presentavano delle variazioni più favorevoli nei livelli di lipidi ematici e del peso corporeo rispetto ai soggetti in terapia con SoC.
L’analisi dei dati ha rilevato un aumento del rischio di diabete nei pazienti trattati con olanzapina, quetiapina e risperidone rispetto ad una riduzione osservata con aripiprazolo. Per quanto riguarda il rischio di coronaropatia, la differenza dai valori basali tra aripiprazolo e SoC è risultata di -0.0039, indicando che in un’ipotetica coorte di 1000 pazienti nell’arco di 10 anni si verificherebbero 3.9 eventi cardiovascolari in meno tra i trattati con aripiprazolo rispetto ad olanzapina, quetiapina o risperidone.
Sono poi stati confrontati i risultati dello studio europeo STAR con quelli dello studio statunitense CATIE (Goff DC et al. Schizophr Res 2005; 80: 45-53).
Tra i due studi, i dati di base, ad eccezione della pressione arteriosa sistolica e dei livelli glicemici a digiuno, sono risultati significativamente diversi dal punto di vista statistico. In modo particolare, le caratteristiche dei pazienti europei rispetto a quelle dei pazienti statunitensi, specialmente per quanto riguarda i livelli di HDL e BMI presentavano valori molto meno favorevoli.

I risultati di quest’analisi post-hoc dimostrano che, in un ipotetico gruppo di 1000 pazienti, il trattamento con aripiprazolo si traduce in 24.3 casi in meno di diabete di nuova insorgenza rispetto alla terapia con olanzapina, quetiapina o risperidone. Il NNT pari a 43 indica che la terapia con aripiprazolo è in grado di evitare l’insorgenza di diabete mellito in 1 paziente ogni 43 trattati. È stato, inoltre, dimostrato che su un’ipotetica coorte di 1000 pazienti l’aver impostato una terapia con aripiprazolo risultava in 3.9 casi di CHD in meno rispetto alla terapia standard, con la prevenzione di 1 caso ogni 256 pazienti trattati.


Gli autori concludono che, nonostante questo studio sia favorevole all’ipotesi di una maggior attività protettiva nei confronti dell’insorgenza di diabete e di CHD nei trattati con aripiprazolo rispetto ad olanzapina, quetiapina o risperidone, i risultati non possono essere considerati in termini assoluti. Inoltre, in considerazione della maggior predisposizione della popolazione schizofrenica allo sviluppo di queste complicanze, è necessario mettere in atto ulteriori interventi per ridurre l’incidenza di queste patologie, come la riduzione dei fattori di rischio con modifiche della dieta, dello stile di vita e dell’esercizio fisico, la riduzione del peso corporeo ed il trattamento di altri fattori predisponenti come ipertensione arteriosa ed ipercolesterolemia.



(*) In Italia l’aripiprazolo, indicato per il trattamento della schizofrenia, è in classe A con PT/PHT.
Conflitti di interesse: diversi autori dichiarano di aver ricevuto sovvenzioni da diverse case farmaceutiche, tra cui la Bristol-Meyer produttrice di Abilify® (aripiprazolo).


Riferimenti bibliografici

Blonde L. Predicted risk of diabetes and coronary heart disease in patients with schizophrenia: aripiprazole versus standard of care. J Clin Psychiatry 2008; 69: 741-48.


A cura della Dott.ssa Daniela Carli


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/



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