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Cercare la neoplasia dopo una trombosi venosa?
Inserito il 14 marzo 2009 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una trombosi venosa idiopatica può essere la spia precoce di un cancro occulto, ma se convenga o meno procedere ad accertamenti per una diagnosi precoce rimane per il momento materia di discussione.


In questo studio multicentrico europeo sono stati reclutati 14.623 pazienti che avevano presentato un evento tromboembolico venoso (TEV). Nei casi in cui veniva diagnosticato un tumore entro 3 mesi dalla trombosi il paziente veniva considerato affetto da cancro occulto. Questa diagnosi venne posta nell' 1.2% dei partecipanti. In genere il tumore era localizzato a livello polmonare, prostatico, colorettale oppure si trattava di una neoplasia ematologica. Gli autori hanno evidenziato che in circa il 50% dei casi il cancro aveva già prodotto metastasi. Sono stati identificati anche alcuni fattori che, se associati ad una tromboembolia venosa, indicano un aumentato rischio di tumore: età > 60 anni, TEV idiopatico, trrombosi venosa bilaterale, anemia. Altri fattori invece non risultavano associati ad un aumentato rischio oncologico: embolia polmonare, TVP prossimale, d-dimero aumentato.


Fonte:

Trujillo-Santos J et al. Clinical outcome in patients with venous thromboembolism and hidden cancer: Findings from the RIETE Registry. Journal of Thrombosis and Haemostasis 2008 Feb; 6:251


Commento di Renato Rossi

Che le neoplasie potessero essere un fattore di rischio per trombosi venosa ed embolia polmonare era noto da tempo. Infatti le cellule neoplastiche possono produrre tutta una serie di sostanze ad azione pro-trombotica. Il problema clinico principale è quello di decidere, di fronte ad un paziente con trombosi venosa apparentemente idiopatica (vale a dire non scatenata da un fattore precipitante come un intervento chirurgico od ortopedico, la frattura di un arto o un prolungato allettamento), se si debba o meno procedere con esami bioumorali e strumentali alla ricerca di una neoplasia nascosta che non ha ancora dato segno di sè. Questa strategia potrebbe avere un senso se la diagnosi precoce significasse anche la possibilità di un trattamento più tempestivo che migliori la prognosi. Purtroppo lo studio recensito in questa pillola è abbastanza deludente perchè mostra che in circa la metà dei casi il tumore, anche se ancora non clinicamente manifesto, ha già metastatizzato. Probabilmente può essere ragionevole eseguire alcuni esami ematochimici (come per esempio l'emocromo, la VES, il dosaggio del PSA, la ricerca del sangue occulto fecale) ed una radiografia del torace, senza ulteriori indagini in caso di negatività, a meno che non vi siano segni o sintomi che indirizzano verso una sede specifica. E' verosimile infatti che un' anticipazione diagnostica di qualche mese non comporti benefici clinici così rilevanti da giustificare una maggiore aggressività. Ovviamente per rispondere alla domanda se valga la pena o meno eseguire esami a tappeto bisognerebbe poter disporre di studi clinici randomizzati e controllati in cui i pazienti con eventi tromboembolici idiopatici vengono sottoposti ad accertamenti diagnostici oppure a semplice follow-up clinico. In mancanza di studi di questo tipo la risposta non può che soffrire di un ampio margine di incertezza.




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