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Interferone alfa-2b pegilato versus sola osservazione nel melanoma di stadio III
Inserito il 17 maggio 2009 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Mon è chiaro se l’interferone pegilato rappresenti un reale vantaggio, una piccola variazione o un nulla di fatto nei pazienti con linfonodo-sentinella positivo.

L’interferone alfa-2b è utilizzato nel trattamento adiuvante del melanoma di stadio IIb (spessore della neoplasia =4 mm, linfonodi negativi) e III (qualsiasi dimensione del tumore primitivo e linfonodo positivo), entrambi a rischio elevato di recidiva dopo resezione totale. Tuttavia, il ruolo del periodo di induzione, della dose ottimale e della durata della terapia adiuvante con interferone alfa in questa tipologia di pazienti non è ancora adeguatamente definito ed è oggetto di dibattito. La controversia verte soprattutto sul rapporto rischio/beneficio, se cioè esso sia tale da giustificare l’uso routinario di interferone. La pegilazione dell’interferone alfa-2b permette la massima esposizione all’interferone alfa con un minor numero di iniezioni sottocutanee rispetto alla formulazione non pegilata.

L’European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC) trial 18991 è stato disegnato per valutare l’effetto della somministrazione a lungo termine di interferone alfa-2b pegilato in pazienti con melanoma allo stadio III, per un massimo di 5 anni.
Si tratta di uno studio di fase III, effettuato in 99 centri dislocati in 17 Paesi (soprattutto europei, tra cui anche l’Italia) che ha coinvolto pazienti (18-70 anni) con diagnosi istologica di melanoma di stadio III (TxN1-2M0), totalmente resecato e con linfoadenectomia regionale completa entro i 70 giorni precedenti la randomizzazione. I pazienti reclutati dovevano avere una buona funzionalità renale, epatica e midollare. Sono stati invece esclusi i pazienti con melanoma mucoso od oculare, evidenza di metastasi, anamnesi positiva per precedenti neoplasie negli ultimi 5 anni (ad eccezione di neoplasie cutanee non melanomatose o carcinoma cervicale in situ trattati chirurgicamente), malattie autoimmunitarie, infezioni non controllate, malattie cardiovascolari, epatiche o renali, uso di corticosteroidi per via sistemica o precedente ricorso a terapia sistemica per melanoma.

I pazienti (n=1256) sono stati randomizzati a ricevere per 5 anni interferone alfa-2b pegilato (n=629) o ad essere sottoposti alla sola osservazione (n=627).
I soggetti sono stati stratificati in base a stadiazione della malattia (N1: coinvolgimento linfonodale microscopico, non palpabile, compresi i linfonodi sentinella; N2: linfonodi clinicamente palpabili, rilevati al momento della resezione chirurgica o dopo l’intervento), numero di linfonodi coinvolti, spessore della neoplasia, ulcerazione del tumore primitivo (presente vs assente vs non nota), sesso e centro di riferimento. I pazienti N1 avevano quasi tutti il linfonodo sentinella positivo.
L’interferone alfa-2b pegilato è stato somministrato sottocute alla dose di 6 µg/kg a settimana per 8 settimane (fase di induzione) e poi alla dose di 3 µg/kg a settimana per la durata programmata di 5 anni (fase di mantenimento). È stata prevista l’interruzione del trattamento in caso di chirurgia per recidiva locale o regionale del melanoma, con ripresa dello stesso dopo l’intervento chirurgico. I controlli sono stati fissati ogni 3 mesi per i primi 3 anni e, successivamente, ogni 6 mesi.

Inizialmente, questo studio era stato disegnato per valutare le variazioni nella sopravvivenza libera da diffusione metastatica ma, in seguito della consultazione delle autorità regolatorie europee e su richiesta dell’FDA, l’end point è stato ridefinito come sopravvivenza libera da recidiva, definita come periodo di tempo intercorso dalla randomizzazione alla prima recidiva locoregionale o a distanza del melanoma o al decesso per qualsiasi causa. End point secondari erano la sopravvivenza libera da metastasi a distanza, la sopravvivenza totale e la sicurezza.

La durata media del trattamento è stata di 8 settimane per la fase di induzione e di 12 mesi (IQR 3,8–33,4) per quella di mantenimento. Dopo 12 mesi dalla randomizzazione, 311 (50%) pazienti randomizzati a ricevere l’interferone erano ancora in trattamento. Dopo 4 anni, il 22,5% dei pazienti rimaneva nel gruppo trattato rispetto al 37,7% del gruppo di controllo; il 21,1% dei trattati ed il 35,2% dei controlli rimaneva nel gruppo iniziale ed era libero da metastasi a distanza.
Il 31% (n=191) dei pazienti che avevano iniziato il trattamento con interferone alfa-2b pegilato ha interrotto il trattamento a causa della sua tossicità. Gli eventi avversi maggiormente causa di interruzione sono stati: affaticamento (154 pazienti, 25%), depressione (100, 16%), anoressia (90, 15%), alterazione dei test epatici (77, 13%), mialgia (76, 13%), cefalea (75, 12%), nausea (74, 12%) e febbre (64, 11%).

Dopo una media di 3,8 anni di follow-up (IQR 3,2–4,2), è stato riscontrato un numero significativamente minore di recidive o di decessi nel gruppo trattato rispetto al controllo.
La differenza assoluta nel tasso stimato a 4 anni è stata del 6,7% (95% CI 0,6–12,8). La sopravvivenza libera da metastasi a distanza era maggiore nel gruppo trattato, seppure la differenza non sia risultata statisticamente significativa. Non è stata riscontrata alcuna differenza tra i 2 gruppi nella sopravvivenza complessiva. Gli effetti del trattamento sono stati più marcati nei pazienti con melanoma di stadio III più precoce.
Nei pazienti con stadiazione più favorevole (coinvolgimento microscopico di un solo linfonodo (n=382), l’interferone ha migliorato la sopravvivenza libera da recidiva e da metastasi a distanza, ma non quella totale. Gli effetti del trattamento nei pazienti con altre stadiazioni non sono stati statisticamente significativi.
Nel corso del trial sono stati registrati 525 decessi, 262 nel gruppo trattato e 263 nel gruppo di controllo. L’incidenza della principale causa di decesso (neoplasia maligna) è stata simile tra i 2 gruppi: 249 (40%) dei 627 pazienti in trattamento e 244 (39%) dei 629 controlli. Altre cause di decesso sono state: malattie cardiovascolari (5 trattati e 3 controlli)e infezioni (1 trattato ed 1 controllo).

I risultati di questo ampio studio di fase III suggeriscono che il trattamento prolungato con interferone alfa-2b pegilato migliora significativamente la sopravvivenza libera da recidiva rispetto alla sola osservazione, mentre la sopravvivenza libera da metastasi a distanza non è significativa.
Il profilo di tossicità del trattamento per 5 anni sembra essere accettabile, sebbene 1/3 dei pazienti lo abbia interrotto a causa della sua tossicità.

Le evidenze disponibili suggeriscono che dosi equi-efficaci evochino una tossicità minore. Tuttavia, il beneficio assoluto in termini di sopravvivenza libera da recidive è del 6% a 4 anni, a fronte di 5 anni di trattamento. Secondo lo studio EORTC 18991, i pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio sono quelli allo stadio N1, piuttosto che quelli con linfonodi palpabili (N2/3). L’idea che la terapia adiuvante sia utile nei pazienti con coinvolgimento linfonodale microscopico dovrebbe riservare l’interferone a questo sottogruppo di pazienti o a quelli con linfonodo-sentinella negativo.
Potrebbe anche essere logico valutare una terapia di mantenimento con interferone pegilato dopo un mese di infusione endovenosa di interferone ad alte dosi, soprattutto in caso di coinvolgimento linfonodale clinicamente evidente.


Allo stato attuale, come sottolinea l'editoriale di accompagnamento, non è chiaro se l’interferone pegilato rappresenti un reale vantaggio, una piccola variazione o un nulla di fatto nei pazienti con linfonodo-sentinella positivo. Probabilmente rappresenta un’interessante alternativa all’interferone ad alte dosi, anche se non tutti i pazienti possono tollerare questo tipo di approccio.
Gli autori dello studio, inoltre, parlano di risultati finali, ma un follow-up medio di circa 3,8 anni è troppo breve per arrivare a delle conclusioni definitive, soprattutto nei pazienti allo stadio N1.



Finanziamento

Lo studio è stato finanziato da Schering Plough Research International.

[/b]Dottoressa Maria Antonietta Catania[/b]

Riferimenti bibliografici

Eggermont AMM et al. Adjuvant therapy with pegylated interferon alfa-2b versus observation alone in resected stage III melanoma: final results of EORTC 18991, a randomised phase III trial. Lancet 2008; 372: 117-26.
Sondak VK, Flaherty LE. Adjuvant therapy of melanoma: is pegylated interferon alfa-2b what we’ve been waiting for? Lancet 2008; 372: 89-90.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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