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Inutile la vitamina B nell'Alzheimer
Inserito il 06 luglio 2009 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La supplementazione con vitamine B ad alte dosi non rallenta il declino cognitivo in individui con AD da medio a moderato.

L’aumento della concentrazione plasmatica di omocisteina è un marker sia dei disordini genetici del metabolismo delle vitamine B12 e dell’acido folico sia delle deficienze di tali vitamine (Fowler et al. Semin Vasc Med 2005; 5: 77-86). Tale aumento si associa a disfunzioni endoteliali, a vasculopatia e a disordini neuropsichiatrici (Reynolds E. Lancet Neurol 2006;5: 949-60). È stata inoltre dimostrata una relazione tra livelli ematici di omocisteina, malattia di Alzheimer (AD) e funzione cognitiva in individui non dementi (Clarke et al. Arch Neuro 1998; 55: 1449-55; Seshadri et al. N Engl J Med 2002; 346: 476-83).
Sia nella popolazione generale che in pazienti con AD, somministrando dosi elevate di acido folico, vitamina B12 e vitamina B6, può essere ottenuta una rapida riduzione dei livelli plasmatici di omocisteina. Studi precedenti, intesi a valutare l’effetto sulla funzione cognitiva della riduzione dei livelli di omocisteina mediante la supplementazione di vitamine B in individui con o senza compromissione cognitiva, hanno fornito risultati contrastanti.
Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, contro placebo, è stato condotto in 40 centri dell’ADCS, un consorzio di centri statunitensi fondato dal National Istitute on Aging. Lo scopo è stato determinare se la riduzione dei livelli di omocisteina ottenuta attraverso la somministrazione di acido folico (5 mg/die), vitamina B6 (piridossina cloridrato; 25 mg/die) e vitamina B12 (cianocobalamina; 1 mg/die) per 18 mesi potesse ridurre la velocità del declino cognitivo in pazienti con AD da media a moderata.

Sono stati coinvolti individui con probabile AD e condizioni mediche definite stabili. I pazienti dovevano avere età =50 anni e punteggio Mini-Mental State Examination (MMSE) tra 14 e 26. Sono stati esclusi gli individui con livelli di vitamina B12 <175 pg/ml, folato <4,2 ng/ml o con insufficienza renale (creatinina serica =2,0 mg/dl). Sono stati inoltre esclusi gli individui che a partire dai 2 mesi precedenti lo studio assumevano farmaci con significativi effetti anticolinergici centrali, sedativi, terapie anti-Parkinson o qualsiasi trattamento in studio per l’AD; è stato consentito l’uso stabile (per almeno 3 mesi) di inibitori della colinesterasi e della mementina. La randomizzazione è stata effettuata con un rapporto 3:2 (trattamento attivo/placebo).
Le capacità cognitive e comportamentali sono state valutate all’arrualamento e ai mesi 3, 6, 9, 12, 15 e 18. La misura primaria di outcome è stata il cambiamento a 18 mesi del punteggio sulla sottoscala cognitiva dell’Alzheimer Disease Assessment Scale (ADAS-cog), che misura memoria, attenzione, linguaggio, orientamento (un punteggio elevato indica una maggiore compromissione). Misure secondarie di outcome sono state il punteggio MMSE, il Clinical Dementia Rating (CDR) sum of boxes, l’Alzheimer Disease Cooperative Study activities of daily living (ADCS-ADL), il Neuropsychiatric Inventory, il Quality of Life-AD e il tempo per il raggiungimento di un significativo end point: riduzione di 4 punti dal punteggio basale ADAS-cog, la morte, l’istituzionalizzazione, 1 stage di peggioramento sulla scala global CDR e un decremento di 15 punti sulla scala ADCS-ADL. Inoltre, sono stati misurati i livelli plasmatici di omocisteina totale e di piridossalfosfato; è stata determinata la presenza della mutazione C677-T nel gene che codifica per l’enzima metilene-tetraidrofolato reduttasi (MTFR; *) e ad ogni visita è stata valutata la sicurezza dei trattamenti.

Tra il 20 Febbraio 2003 e il 19 Maggio 2005 sono stati valutati 601 individui; di questi, 409 avevano caratteristiche coerenti con i criteri di arruolamento dello studio e sono stati randomizzati a ricevere la supplementazione vitaminica (n=240) o placebo (n=169). 340 (202 nel gruppo trattamento attivo e 138 in quello placebo) hanno completato lo studio; il follow-up è stato 17,9 mesi. Al basale le caratteristiche dei pazienti erano simili tra i due gruppi: età 76 anni, 56% donne, anni di istruzione 13,9. Le frequenze dei genotipi di MTFR considerati sono state: 41,1% CC, 43,6% CT e 15,3% TT. Il livello serico basale di omocisteina è stato 9,16±3,2 µmol/l. I punteggi ADAS-cog e MMSE sono stati, rispettivamente, 22,51±8,8 e 20,95±3,5.

Il regime di supplementazione vitaminica ha determinato una significativa riduzione dei livelli di omocisteina (-2,42 ± 3,35 µmol/l vs -0,86 ± 2,59 µmol/l, rispettivamente nel gruppi trattamento attivo e placebo; p<0,001). Differentemente, esso non ha esercitato alcun effetto benefico sulla velocità di cambiamento del punteggio ADAS-cog (0,401 punti/mese vs 0,372 punti/mese rispettivamente nei gruppi trattamento attivo e placebo; p=0,52) e su nessuna delle misure secondarie.

Le percentuali di eventi avversi, eventi avversi gravi, ricoveri in ospedale e decessi, sono risultate simili tra i due gruppi. Nel gruppo trattamento attivo, rispetto a quello placebo, è stata rilevata un’incidenza maggiore di depressione (28% vs 18%; p=0,02). Ciò nonostante, i cambiamenti nei punteggi della depressione nel Neuropsychiatric Inventory non sono risultati differenti tra i due gruppi (0,24 vs 0,15 rispettivamente nel gruppi trattamento attivo e placebo; p=0,97) e le percentuali di pazienti che hanno iniziato ad assumere antidepressivi durante lo studio è risultata simile nei due gruppi (26% vs 21%, nei gruppi trattamento attivo e placebo, rispettivamente; p=0,24).


I risultati di questo studio mostrano che la supplementazione con vitamine B ad alte dosi non rallenta il declino cognitivo in individui con AD da medio a moderato.


Commento

Nell’editoriale di accompagnamento, viene osservato che sebbene diversi studi precedenti abbiano valutato gli effetti della supplementazione con vitamine B sul rallentamento del declino cognitivo, risultati positivi sono stati riportati solo nello studio FACIT (Durgan et al. Lancet 2007; 167: 21-30). In tale studio, la somministrazione di acido folico (0,8 mg/die per 3 anni) ad individui di 60 anni non dementi e con aumentati livelli ematici di omocisteina (13 µmol/l), residenti in Olanda, ha determinato un significativo miglioramento dei domini cognitivi della memoria, della rapidità del processamento dell’informazione e della rapidità sensorio-motoria. Nell’ambito dell’editoriale, inoltre, viene proposta una serie di punti che possono spiegare i risultati negativi del presente e di altri studi:

1) la compromissione cognitiva dei pazienti potrebbe essere significativa già prima di iniziare il trattamento;

2) il numero dei pazienti arruolati potrebbe essere insufficiente;

3) la durata del trattamento potrebbe essere troppo breve per osservare effetti benefici;

4) i potenziali benefici potrebbero essere attenuati dall’arricchimento di acido folico degli alimenti (questa pratica è in atto in Nord America);

5) le misure del declino cognitivo potrebbero essere sommarie piuttosto che globali; 6) realmente il trattamento non ha effetti sulla funzione cognitiva.


(*) Gli individui omozigoti TT hanno elevati livelli di omocisteina. Tale mutazione potrebbe rappresentare un importante fattore di rischio per
vasculopatie (OMIM *607093).


Dottor Gianluca Miglio

Riferimenti bibliografici

Aisen PS et al, Alzheimer Disease Cooperative Study. High-dose B vitamin supplementation and cognitive decline in Alzheimer disease: a randomized controlled trial. JAMA 2008; 300: 1774-83.
Clarke RJ, Bennett DA. B vitamins for prevention of cognitive decline: insufficient evidence to justify treatment. JAMA 2008; 300: 1819-21.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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