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Inutile il Gingko biloba nella prevenzione della demenza
Inserito il 24 luglio 2009 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Ginko biloba alla dose di 120 mg 2 volte/die non è efficace nella riduzione del tasso di incidenza di demenza in pazienti anziani con funzioni cognitive nella norma o con mild cognitive impairment.

Gingko biloba è un’erba medicinale ampiamente utilizzata in alcune aree del mondo per i suoi effetti protettivi sulla memoria e sul sistema cognitivo: negli Stati Uniti la spesa generale per l’acquisto di G. biloba supera i 249 milioni di dollari all’anno. Attualmente, non sono disponibili trial clinici adeguatamente disegnati che abbiano valutato la sicurezza e l’efficacia di G. biloba nella prevenzione primaria della demenza.
Durante gli ultimi 10 anni, sono stati iniziati 2 trial clinici a lungo termine, ben disegnati, di cui uno negli Stati Uniti e uno in Europa, sull’efficacia di G. biloba nella prevenzione della demenza (Vellas B et al. Neurology. 2006; 67:S6-S11).
Il presente lavoro riporta i risultati del primo trial che è stato completato, lo studio GEM (Gingko Evaluation of Memory), un RCT sponsorizzato dal National Center for Complentary and Alternative Medicine (NCCAM) e dal National Institute on Anging of the National Institutes of Health (NIH) con la collaborazione e il supporto di molti altri istituti.
L’obiettivo primario dello studio GEM è stato determinare l’efficacia di 240 mg/die di estratto di G. biloba versus placebo nella riduzione dell’incidenza della demenza da tutte le cause e in particolare del morbo di Alzheimer (MA), in pazienti anziani con funzioni cognitive normali oppure in pazienti con danno cognitivo lieve (MCI, Mild Cognitive Impairment). L’obiettivo secondario era valutare l’effetto di G. biloba sui seguenti end point: declino cognitivo generalizzato, disabilità funzionale, mortalità totale e incidenza di patologie cardiovascolari (definita come l’incidenza combinata di malattia coronarica confermata, angina, stroke, attacco ischemico transitorio, bypass coronarico, angioplastica).

Lo studio, un RCT in doppio cieco, placebo-controllato, è stato condotto in 5 centri universitari americani, tra il 2000 e il 2008, con un follow-up medio della durata di 6.1 anni. Tra settembre 2000 e giugno 2002 sono stati reclutati soggetti di età >=75 anni utilizzando le liste elettorali e altre mailing list acquistate da 4 comunità di residenti in città americane
I pazienti risultati eleggibili sono stati 7709; di questi, 4637 sono stati esclusi, i restanti 3072 partecipanti sono stati randomizzati in due gruppi: il primo (n=1545) trattato con 120 mg di G. biloba 2 volte/die, l’altro (n=1527) randomizzato a placebo.
I criteri di esclusione erano: demenza prevalente (secondo i criteri per la valutazione della demenza del DSM-IV, Diagnostic and statistical manual of mental disorders, 4° Edizione) o con uno score >0.5 nella scala CDR (Clinical Dementia Rating scale), assunzione concomitante di warfarin, di inibitori delle colinesterasi a causa di problemi cognitivi o demenza, riluttanza a sospendere l’assunzione di G. biloba, in specialità OTC, per tutta la durata dello studio, trattamento concomitante con antidepressivi triciclici, antipsicotici o con altri farmaci con effetti psicotropi o colinergici centrali significativi, uso quotidiano di >400 UI di vitamina E associata ad una mancata disponibilità a ridurre l’assunzione dei quantitativi di vitamina, storia di alterazioni della coagulazione, ospedalizzazione per depressione entro l’ultimo anno o terapia elettroconvulsiva nel corso degli ultimi 10 anni, storia di malattia di Parkinson o di assunzione di farmaci antiparkinson, test della tiroide anormali o test di funzionalità epatica superiori di almeno 2 volte rispetto ai valori normali al basale, livelli di vitamina B12 al basale =210 pg/mL, livelli di ematocrito <30%, conta piastrinica <100 x 10^3/µL, malattie connesse a un’aspettativa di vita inferiore a 5 anni, allergia nota a G. biloba.

Al momento dell’arruolamento, ogni paziente è stato sottoposto ad una intera batteria di esami neuropsicologici (NPB) mediante i quali ad ognuno di essi è stato assegnato uno score.
I pazienti per i quali, sulla base di 2 o 3 test (MSE, Modified mini-mental state examination; CDR; ADAS-cog, cognitive subscale of the Alzheimer disease assessment scale), è stata registrata una diminuzione di tale score di un numero predeterminato di punti, sono stati sottoposti nuovamente all’intero NPB. Inoltre, ai partecipanti allo studio è stato ri-somministrato l’intero NPB in caso di problemi di memoria o cognitivi di nuova insorgenza, di diagnosi di demenza fin dalla prima visita o di prescrizione di farmaci per la demenza quali inibitori della colinesterasi o memantina. I risultati dell’intero NPB e di tutte le valutazioni cliniche sono state poi valutate in cieco rispetto all’assegnazione dei pazienti al gruppo di trattamento. A questo punto, i pazienti che avevano raggiunto l’end point di demenza sono stati sottoposti ad una valutazione neurologica e ad una risonanza magnetica (MRI) allo scopo di confermare la corrispondenza ai criteri clinici di demenza e di analizzare le cause atipiche della patologia. Infine, sono stati ulteriormente analizzati tutti i casi confermati e sono stati classificati i casi di demenza.

L’end point primario di efficacia era la diagnosi di demenza mediante i criteri DSM-IV, diagnosi effettuata da una commissione di esperti clinici utilizzando un processo di valutazione precedentemente verificato in una popolazione simile.

I gruppi di pazienti randomizzati a G. biloba o a placebo presentavano, al basale, caratteristiche molto simili tra loro. L’età media all’inizio dello studio era 79.1 anni, per il 46% donne. Durante lo studio, 523 soggetti hanno sviluppato demenza (246 hanno ricevuto placebo e 277 G. biloba) con il 92% di casi di demenza classificati come MA possibile o probabile o come MA con evidenza di patologie vascolari cerebrali. Sono stati registrati 379 decessi da qualunque causa.
Alla fine del trial il 60.3% dei pazienti attivi stava ancora assumendo il trattamento assegnato: l’aderenza al trattamento non è risultata differente tra i due gruppi. Il tasso di abbandono della terapia e di perdita al follow-up è stato del 6.3% e il profilo di effetti avversi è risultato analogo in entrambi i gruppi. Il tasso generale di demenza è stato, nel gruppo G. Biloba, 3.3 per 100 anni/persona vs 2.9 con placebo. L’hazard ratio (HR) per G. biloba rispetto a placebo per la demenza da tutte le cause è stato 1.12 (95% CI 0.94-1.33; p=0.21) mentre per il MA è stato 1.16 (95% CI 0.97-1.39; p=0.39). G. biloba inoltre non ha esercitato alcun effetto sul tasso di progressione della demenza in pazienti con MCI (HR 1.13; 95% CI 0.85-1,50; p=0.39).
Il tasso di mortalità è risultato analogo in entrambi i gruppi di trattamento (HR 1.04; 95% CI 0.85-1.26; p=0.72). Infine, tra i due gruppi non sono state registrate differenze nell’incidenza di malattia cardiaca coronarica (infarto del miocardio, angina, angioplastica, by-pass coronarico) o di stroke.

Un potenziale limite del trial consiste nel fatto che, poiché il periodo che intercorre tra gli iniziali cambiamenti cerebrali e il riscontro clinico della demenza è abbastanza lungo, è possibile che qualche effetto dell’estratto di G. biloba, positivo o negativo, potrebbe necessitare di un periodo di tempo maggiore per manifestarsi. Nonostante ciò, comunque, lo studio GEM rappresenta il trial condotto in prevenzione di durata maggiore.



In questo trial clinico randomizzato, 3069 pazienti anziani con funzione cognitiva normale o deficit lieve hanno ricevuto una formulazione standardizzata di estratto di G. biloba con quantità ben specificate di principio attivo ad un dosaggio basato sulla dose più alta riportata in letteratura. L’estratto utilizzato è tra i meglio caratterizzati ed è quello per il quale sono disponibili il maggior numero di dati di efficacia. Pertanto, i risultati ottenuti sono applicabili a tutti gli altri estratti di G. biloba.

I risultati ottenuti da questo studio suggeriscono che G. biloba alla dose di 120 mg 2 volte/die non risulta efficace nella riduzione del tasso di incidenza di demenza da tutte le cause e dell’incidenza di MA in pazienti anziani con funzioni cognitive nella norma o con MCI.


Commento

L’editoriale di accompagnamento sottolinea che, nonostante 20 anni di ricerche sugli estratti standardizzati di G. biloba, rimangono ancora notevoli incertezze relativamente ai suoi effetti farmacologici e clinici. Lo studio GEM aggiunge alle già esistenti evidenze che l’estratto di G. biloba, nel modo in cui è utilizzato generalmente, non è in grado di prevenire la demenza in individui con o senza compromissione della sfera cognitiva e non è efficace nel trattamento del MA. Per quanto riguarda la prevenzione dello stroke o la minimizzazione dei danni che ne conseguono, le poche evidenze disponibili sono vaghe e contraddittorie.
Gli utilizzatori di G. biloba non dovrebbero aspettarsi risultati soddisfacenti dall’uso di quest’estratto. Tuttavia, i potenziali effetti avversi dell’estratto di G. biloba spiegano il motivo per cui è inammissibile raccomandare un farmaco o un nutraceutico in assenza di evidenze di efficacia semplicemente perché potrebbe apportare qualche beneficio e sembrare inizialmente innocuo.

Conflitto di interesse

Uno degli autori ha dichiarato di avere ricevuto sovvenzioni da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Maria Silvia Gagliostro

Riferimenti bibliografici

DeKosky ST et al. Ginkgo biloba for prevention of dementia. JAMA 2008; 300: 2253-61.
Schneider LS. Ginkgo biloba extract and preventing alzheimer disease. JAMA 2008; 300: 2306-08.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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