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Equivalenza clinica tra farmaci cardiovascolari generici e branded
Inserito il 25 agosto 2009 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le evidenze non supportano la superiorità dei farmaci branded rispetto ai generici. Ciononostante, numerosi editoriali esprimono un’opinione a sfavore dell’intercambiabilità tra le diverse specialità.

L’uso dei generici può aiutare a contenere la spesa farmaceutica. I generici sono chimicamente equivalenti ai corrispondenti farmaci di marca (branded) in termini di componenti attivi ma possono differire in altre caratteristiche quali il colore o la forma delle unità posologiche, gli eccipienti, i rivestimenti ed i processi produttivi. In base ai dati farmacocinetici, le Autorità regolatorie autorizzano l’immissione in commercio delle formulazioni generiche che si sono dimostrate bioequivalenti. Sia i medici sia i pazienti hanno talvolta espresso preoccupazioni circa la possibilità che i generici possano non essere equivalenti, in termini di efficacia clinica, alle corrispondenti formulazioni branded.
L’obiettivo dello studio è stato riassumere le evidenze relative al confronto tra farmaci generici e branded utilizzati nelle malattie cardiovascolari ed esaminare i punti di vista degli editorialisti su questo argomento.
Utilizzando MEDLINE, EMBASE e l’International Pharmaceutical Abstracts è stata realizzata una ricerca sistematica degli articoli, peer-reviewed, in inglese, pubblicati tra il gennaio 1984 e l’agosto 2008 su riviste di interesse medico. Sono state impiegate chiavi di ricerca relative a tre domini: il tipo di studio (es. clinical study, crossover, equivalens, effects e outcomes), i prodotti d’interesse (es. brand-name, nonproprietary, generics, innovators, patents e pharmaceutical drug), la medicina cardiovascolare. Per questo dominio sono state utilizzate chiavi di ricerca generali (es. cardiovascular, heart, hematologic), malattie cardiovascolari (es. atherosclerosis, hyperlipid, ischemia) e classi di farmaci pertinenti (es. ß-agonist, anticoagulant).

Sono stati inclusi gli studi che hanno confrontato un brand-name approvato dalla FDA (o una sua formulazione identica) con almeno una sua versione generica, prodotte da aziende diverse. Il confronto ha riguardato almeno un end point di efficacia clinica o di sicurezza (es. frequenza cardiaca, pressione arteriosa, diuresi), un esame di laboratorio (es. INR, LDL, elettroliti urinari), la mortalità e la morbilità e il ricorso a strutture sanitarie.
Sono stati inclusi sia gli RCT sia gli studi osservazionali; sono stati esclusi i case studies, le analisi qualitative di efficacia, le valutazioni di farmacoeconomia, gli studi in vitro o sugli animali.
Sono state valutate diverse variabili correlate all’organizzazione e agli outcome degli studi: il disegno dello studio, la lista delle fonti di finanziamento, il luogo dove è stato svolto (USA vs non-USA), le caratteristiche della popolazione esaminata, il numero e l’età media dei partecipanti, gli end point clinici e, se riportate, le fonti di finanziamento degli autori.
La qualità metodologica degli RCT è stata valutata utilizzando la scala Jadad in 5 punti, quella dei trial non randomizzati mediante la 9-star Newcastle-Ottawa scale. I farmaci sono stati suddivisi in due gruppi: quelli con ampio indice terapeutico (IT) e quelli con ristretto IT. In aggiunta sono stati esaminati gli editoriali pubblicati nello stesso periodo, nei quali è stato affrontato il tema dell’appropriatezza d’uso dei generici in ambito cardiovascolare.

La ricerca, condotta nel settembre 2008, ha identificato 8556 citazioni tra cui sono stati selezionati 46 articoli relativi a 9 differenti classi di farmaci cardiovascolari. Sul totale dei 46 articoli, 23 (49%) descrivevano studi di bioequivalenza nei quali è stato fatto un confronto del profilo farmacocinetico e di efficacia; 18 (38%) hanno coinvolto soggetti giovani e sani; 21 (45%) sono stati pubblicati prima del 2000 e solo 17 studi (36%) sono stati condotti negli USA.

Quasi tutti i trial (31/34, 91%) che hanno confrontato specialità contenenti farmaci con ampio IT erano RCT con disegno in crossover. Nove articoli erano relativi al confronto specialità/generico di beta-bloccanti: metoprololo (n=2), atenololo (n=3), carvedilolo (n=1) e propranololo (n=3). Undici erano relativi ai diuretici: furosemide (n=10) e l’associazione triamterene/idroclorotiazide (n=1). Sette riguardavano i calcio-antagonisti: amlodipina (n=3), verapamile a rilascio immediato (n=2) o ritardato (n=2) e diltiazem (n=1). Tre studi erano sugli antiaggreganti piastrinici: clopidrogrel (n=2) e acido acetilsalicilico in formulazione gastroresistente (n=1). Uno studio, infine, era relativo a enalapril, 2 alla simvastatina, 1 alla terazosina.
L’equivalenza clinica tra specialità/generici stata riportata in tutti gli RCT sui beta-bloccanti (7/7), nel 91% di quelli sui diuretici (10/11), nel 71% di quelli sui calcio-antagonisti (5/7), in tutti quelli sugli antiaggreganti piastrinici (2/2), sulla simvastatina (1/1), sull’enalapril (1/1) e sulla terazosina (1/1).

Tredici articoli hanno confrontato specialità contenenti farmaci con ristretto IT. Due hanno confrontato gli outcome clinici relativi a farmaci antiaritmici di classe I: propafenone (n=1) e procainamide (n=1); 11 quelli relativi al warfarin. L’equivalenza clinica tra le specialità è stata riportata in tutti gli RCT sugli antiaritmici (1/1) e sul warfarin (5/5).

La metanalisi dei dati riportati in 30 studi (837 soggetti) ha permesso di ricavare un effect size di -0,03 (CI 95% -0.15 – 0.08), indicando la non superiorità dei farmaci branded rispetto ai generici.

Tra i 43 editoriali e commenti selezionati, 19 (44%) sono stati pubblicati tra il 1993 e il 1999, 14 tra il 2000 e il 2008. Venticinque trattavano il tema dei generici in ambito cardiovascolare in maniera ampia, mentre 18 (25%) erano focalizzati sui farmaci di interesse cardiovascolare con ristretto IT. Ventitre (53%) esprimevano una visione negativa riguardo l’intercambiabilità tra specialità e generici, 12 (28%) incoraggiavano la sostituzione, i restanti non giungevano ad alcuna conclusione. Tra gli editoriali che specificatamente trattavano il tema dei farmaci con ristretto IT, 12 (67%) scoraggiavano la sostituzione con i generici mentre 4 (22%) la sostenevano.


Le evidenze non supportano la superiorità dei farmaci branded rispetto ai generici. Ciononostante, numerosi editoriali esprimono un’opinione a sfavore dell’intercambiabilità tra le diverse specialità.


Commento

Nella discussione gli autori evidenziano alcuni limiti dello studio. La maggior parte degli articoli esaminati descrivevano studi di bioequivalenza, non adeguatamente progettati per discriminare differenze negli outcome clinici. Spesso il confronto è stato fatto in base all’ipotesi della “superiorità” piuttosto che della “non inferiorità”. Molti studi hanno coinvolto soggetti giovani e sani, una popolazione che non rappresenta adeguatamente i pazienti con malattie cardiovascolari. Per diverse classi di farmaci sono disponibili pochi dati per poter trarre delle conclusioni. Diversi studi erano a breve-termine e non sono, quindi, disponibili dati per effettuare confronti su outcome a lungo termine (es. percentuali di infarto o mortalità).
Infine, gli autori sottolineano che in circa la metà degli studi (23/47) e praticamente in tutti gli editoriali non sono state riportate le fonti di finanziamento.

Dottor Gianluca Miglio

Riferimento bibliografico

Kesselheim et al. Clinical equivalence of generic and brand-name drugs used in cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis. JAMA 2008; 300; 2514-26.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


si veda anche il seguente articolo sul tema:

(!) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4392

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