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In tribunale: come imputato un seeding trial
Inserito il 08 luglio 2009 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nell'ambito di una causa in tribuanle è stata provata la natura distorsiva del cosiddetto seeding trial, ossia un trial non finalizzato principalmente alla ricerca sugli effetti, ma alle prescrizioni di un farmaco.

Background

Atti interni come e-mail, memorandum, report e altri documenti confidenziali di un’ azienda farmaceutica statunitense, divenuti di dominio pubblico come atti processuali in una causa civile, sono stati analizzati in una ricerca pubblicata su Annals of Internal Medicine (1).

Il seeding trial

I documenti analizzati in questo articolo riguardano un trial di confronto fra due farmaci per valutarne efficacia ed effetti collaterali in una patologia piuttosto comune come l’osteoartrosi. Il trial aveva coinvolto 2785 pazienti arruolati e seguiti da 600 ricercatori per 3 mesi ( tenete a mente queste cifre, perché torneranno utili in seguito).
L’articolo porta un esempio reale, citando dati e documenti e non affidandosi ad ipotesi e congetture, di un trial clinico disegnato ed eseguito dalla divisione marketing ( e non dalla divisione ricerca, come sarebbe logico) di un’ azienda farmaceutica. Trial dai sospetti connotati promozionali sono chiamati in gergo piuttosto spregiativamente “seeding trial” o “marketing trial” per caratterizzarne il prevalente utilizzo come strumento promozionale (marketing trial) o strumento di induzione di prescrizioni del farmaco (seeding trial). Quest’ultimo termine è peraltro utilizzato ampiamente fra i dipendenti delle aziende farmaceutiche, ma l’azienda ne ha proibito l’uso anche nella corrispondenza interna (2).
Sebbene si sia sempre sospettato e supposto che dietro a certi trial ci fosse la longa manus dello sponsor (ed in particolare della divisione marketing), questo articolo porta per la prima volta documentazione non facilmente confutabile a dimostrazione della tesi che il trial in questione sia stato deliberatamente disegnato allo scopo di incrementare l’utilizzo del farmaco e diffonderne l’uso, in primis proprio fra i ricercatori.
Non è nemmeno necessario leggere fra le righe o lanciarsi in spericolate esegesi: è tutto scritto nero su bianco in un documento classificato come “riservato” dall’azienda, ma divenuto di pubblico dominio come allegato di atti processuali:

“ L'obiettivo è quello di far testare il farmaco ad un gruppo chiave di medici per accelerarne l'introduzione in un segmento di mercato molto competitivo. La ricerca è disegnata e realizzata nello spirito dei principi di marketing aziendale, come oltre specificato.”


Lo stesso documento spiega esaurientemente qual è lo scopo reale del trial fissando quattro obiettivi:

1. raggiungere un gruppo selezionato di prescrittori, principalmente medici di medicina generale
2. utilizzare il trial per dimostrare il valore del farmaco a questo gruppo di medici


3. integrare la divisione marketing nel processo decisionale inerente la realizzazione della ricerca

4. analizzare il ritorno prescrittivo dell’operazione attraverso la valutazione delle prescrizioni del farmaco da parte dei medici coinvolti nel trial

Il primo obiettivo spiega l’elevato, quanto normalmente inutile, numero di “ricercatori” coinvolti. Di regola i trial prevedono un ampio numero di centri di ricerca quando i casi da arruolare sono pochi e rari. In questo caso, data l’elevata prevalenza dell’artrosi e facilità di arruolamento di pazienti per singolo centro di ricerca, sarebbero bastati un decimo, o forse meno, di centri di arruolamento. Inoltre, a differenza della maggior parte dei trial clinici che vengono effettuati in centri specialistici, in questo caso sono stati coinvolti anche molti medici di cure primarie, che non a caso rappresentano il setting clinico da cui proviene la maggioranza di prescrizione di farmaci antinfiammatori. Naturalmente questi obiettivi nascosti sono stati sottaciuti ai ricercatori, al comitato etico, che ha approvato il trial, e all’FDA che lo ha autorizzato. Particolarmente grave è poi l’intromissione della divisione marketing nella gestione, anche operativa, della ricerca. Secondo quanto riportato in una intervista dall’autore formale della ricerca ( cioè la prima firma dell’articolo pubblicato su Annals of Internal Medicine)

“ l’azienda ha disegnato il trial, pagato i ricercatori, condotto lo studio, scritto l’articolo e me lo ha inviato per una revisione prima di pubblicarlo”. (3)


Infine, anche il quarto obiettivo è stato puntualmente realizzato, come risulta sempre da documenti interni con un preciso ed attento resoconto delle prescrizioni del farmaco da parte dei ricercatori a ulteriore e definitiva dimostrazione della natura di “seeding trial” della ricerca. Infatti un’analisi a sei mesi dopo il lancio del farmaco sul mercato ha dimostrato un aumento significativo di prescrizioni nel gruppo dei “ricercatori” rispetto ad un gruppo di controllo che non aveva partecipato alla ricerca.

La vicenda mette in risalto alcuni possibili elementi di pericolosità di questi “seeding trial”. Il consenso informato dato dai ricercatori, ma soprattutto dai pazienti è viziato dall’occultamento dei reali scopi della ricerca. Medici, ricercatori e pazienti hanno ricevuto informazioni, su cui prendere la decisione se partecipare o meno, estremamente carenti se non fuorvianti (4) in particolare sul ruolo della divisione marketing nel disegno e realizzazione della ricerca. Questa informazione avrebbe messo sull’avviso quantomeno i medici ricercatori e il comitato etico.
La pesante influenza nella conduzione della ricerca da parte della divisione marketing ( che ha individuato e arruolato i ricercatori attraverso le sue diramazioni periferiche) pone dei pesanti problemi inerenti la “good research practice” (buona pratica di ricerca). Infatti, come già più volte sottolineato, per raggiungere gli obiettivi di marketing il reclutamento di un altissimo numero di centri di ricerca con pochi casi per centro può portare ad un abbassamento della qualità della ricerca, sia per la più complessa attività di controllo di qualità, sia per l’utilizzo di centri con minor esperienza di ricerca, come sono gli ambulatori di medicina generale rispetto ai centri specialistici ospedalieri e universitari. Qualità dei controlli e rigorosa condotta di ricerca non ricevono probabilmente molta attenzione dai monitor delle aziende quando lo scopo principale della ricerca ha finalità di marketing e non di conoscenza scientifica.

Nascondere i reali scopi di un trial ha profonde implicazioni etiche, ma purtroppo non è facile riuscire ad individuare i cosiddetti “seeding trial” senza l’accesso a documenti interni, che spesso sono secretati ed a conoscenza di un ristrettissimo numero di persone. Peraltro, neppure con la conoscenza di questi documenti è possibile provare con certezza gli intenti reali di una ricerca. Non ci sono, allo stato, mezzi efficaci per identificare, prevenire e punire queste pratiche se non diffondere, fra gli attori interessati - pazienti, medici ricercatori, comitati etici, organismi regolatori - una maggiore consapevolezza della possibilità che una ricerca nasconda scopi occulti rispetto a quelli ufficialmente dichiarati.

Marco Grassi

Referenze

1. The Advantage Seeding Trial: A review of Internal Documents, Hill KP et al, Annals Int Med. 2008;149;251-258

2. Higbee R. E-mail to Lindemann K, Fanelle C, and Weiner J. ADVANTAGE ideas. 19 March 1999. Bates No. MRK-ADI0024344 to MRK-ADI0024346. http://dida.library.ucsf.edu/tid/vio26x10 accesso il 20/12/2008

3. Berenson A. Evidence in Vioxx suits shows intervention by Merck officials. New York Times. 24 April 2005; A1.


4. Merck Clinical Study Report. Assessment of Differences Between Vioxx and Naproxen to Ascertain Gastrointestinal Tolerability and Effectiveness (ADVANTAGE). 29 March 2001. Bates Nos. MRK-NJ0221292 to MRK-NJ0221423. http://dida.library.ucsf.edu/tid/vio20x10 accesso il 20/12/2008

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