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Rischio di infarto persiste anche dopo interruzione FANS
Inserito il 06 dicembre 2009 da admin. - reumatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In pazienti che hanno assunto FANS per un anno o più il rischio di infarto persiste a 6 mresi dalla sospensione del FANS.

Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) sono tra i farmaci più utilizzati al mondo e di conseguenza i loro effetti collaterali possono avere un impatto enorme sulla salute pubblica. Per queste ragioni, comprendere a fondo il loro profilo di sicurezza è essenziale per permetterne un corretto utilizzo in pratica clinica.

Il loro meccanismo di azione si basa sull’inibizione della ciclo-ossigenasi (COX), un enzima che modula in maniera cruciale la sintesi delle prostaglandine. L’enzima è presente in due isoforme: una costitutiva (COX-1), espressa in tutti i tessuti e responsabile di importanti funzioni, tra le quali quella gastroprotettiva, ed una inducibile (COX-2) prodotta a seguito di alcuni stimoli patogeni, quali traumi od infiammazione. Inoltre la COX-2, ma non la COX-1, viene indotta nelle cellule endoteliali in risposta allo stress causato fisiologicamente dal flusso laminare ematico, normalmente presente nelle zone libere da lesioni aterosclerotiche (Topper JN et al. Proc Natl Acad Sci USA 1996; 93: 10417–22). Dunque, il gene che produce la COX-2 può essere considerato come un gene vasoprotettore, dal momento che determina la produzione di prostaciclina (Grosser T et al. J Clin Invest 2006; 116: 4–15).

Tradizionalmente i FANS sono associati a problemi gastrointestinali (GI), dalla dispepsia ai sanguinamenti. A causa di ciò, sono stati sviluppati dei principi attivi che inibiscono selettivamente la COX-2, con l’intento di ridurre al minimo le complicanze GI, mantenendo l’effetto antinfiammatorio ed analgesico mediato principalmente dall’inibizione della COX-2.

I risultati dello studio VIGOR hanno infatti evidenziato un profilo GI favorevole ma, al contempo, hanno mostrato un aumento del rischio di infarto del miocardio (MI) tra i pazienti in terapia con rofecoxib rispetto a quelli che assumevano naprossene (Bombardier C et al. N Engl J Med 2000; 343: 1520–8). Nel settembre 2004, il trial APPROVe, studio a lungo termine che confrontava rofecoxib versus placebo, è stato interrotto a causa dell’aumento del rischio di eventi cardiovascolari (CV), maggiore di 2 volte con rofecoxib (Bresalier RS et al. N Engl JMed 2005; 352: 1092–102). Ciò ha determinato il ritiro volontario del farmaco dal commercio da parte della Merck.
Il meccanismo di cardiotossicità del rofecoxib è stato già suggerito: l’inibizione della produzione di prostaciclina, dovuta alla soppressione selettiva della COX-2, determina vasocostrizione, trombosi ed una aterogenesi accelerata. Tutti questi effetti farmacologici potrebbero portare ad infarto del miocardio o stroke, ma possono essere mitigati se non annullati, dalla contemporanea inibizione della COX-1 piastrinica, con una conseguente mancata produzione di trombossano 1A. Tale ipotesi si è rivelata reale dopo altri trial effettuati su celecoxib, valdecoxib e parecoxib (Solomon SD et al. N Engl J Med 2005;352: 1071–80; Ott E et al. J Thorac Cardiovasc Surg 2003; 125: 1481–92; Nussmeier NA et al. N Engl J Med 2005; 352:1081–191).

Di contro, esistono crescenti evidenze che associano alcuni FANS tradizionali che inibiscono fortemente la COX-1 ad un rischio di eventi CV paragonabile a quello dei coxib: il diclofenac potrebbe essere considerato un buon esempio (Garcia Rodriguez LA et al. J Am Coll Cardiol 2008; 52: 1628–36). Queste evidenze potrebbero riguardare tutti i FANS che a dosi terapeutiche non inibiscono la COX-1 piastrinica.

Ora, mentre i problemi GI associati ai FANS non ne hanno limitato fortemente l’uso, cosa ben diversa potrebbe avvenire a seguito della conferma della loro tossicità CV. Recentemente sono stati pubblicati i dati che riguardano il follow-up dei pazienti arruolati nello studio APPROVe (Baron JA et al. Lancet 2008; 372: 1756–64; vedi SIF-Farmaci in evidenza n. 24 del 01.11.2008). Uno dei punti più controversi è che, secondo quanto riportato originariamente, la tossicità CV non si manifestava fino a 18 mesi dall’inizio del trattamento. Anche se questi risultati in seguito sono stati corretti dagli autori, sembra ormai chiaro che la durata d’uso è un fattore indipendente predittivo del rischio. Ciò sembra pienamente compatibile con il meccanismo proposto, soprattutto in popolazioni prive di un rischio CV al basale. Ma la scoperta probabilmente più interessante relativa all’analisi di un follow-up prolungato consiste nel fatto che il rischio associato all’uso di rofecoxib ha una durata di almeno un anno dopo la sospensione della terapia. Purtroppo, comunque, il numero dei pazienti era troppo basso e si riferiva esclusivamente al rofecoxib.

Uno studio osservazionale condotto su 8852 casi di MI non fatale e 20.000 controlli, ha dimostrato una forte correlazione tra capacità inibente in vitro della COX-2 a dosi terapeutiche ed MI (Garcia Rodriguez LA et al. J Am Coll Cardiol 2008; 52: 1628–36). Alla luce di quanto riportato dal follow-up dei pazienti arruolati nell’APPROVe, l’analisi è stata effettuata solo sui pazienti che avevano interrotto recentemente l’assunzione di FANS (tra 7 e 365 giorni). Tra i 1478 casi e i 2917 controlli restanti, il rischio di manifestare un MI non fatale era lievemente significativo (RR 1,11 95% CI 1,03-1,20). Inoltre, stratificando i pazienti in base alla durata dell’uso di FANS, tra i pazienti che avevano assunto il farmaco per <1 anno, non è stato riscontrato alcun aumento del rischio. Di contro, tra i pazienti che, pur non assumendo più il farmaco, erano stati in trattamento continuativo per =1 anno, il rischio era elevato (RR 1,58 95%CI 1,27-1,96) e paragonabile agli utilizzatori correnti, che avevano assunto il farmaco per periodi di tempo simili (RR 1,45 95%CI 1,27-1,65). Inoltre, dall’analisi degli utilizzatori pregressi è risultato che il rischio andava riducendosi con il passare del tempo. Infatti, tra i pazienti che avevano precedentemente utilizzato FANS per >1 un anno era il rischio elevato nei primi tre mesi dall’interruzione della terapia (RR 1,74 95% CI 1,34-2,26), rimaneva tale durante i 3 mesi successivi (RR 1,61 95%CI 0,94-2,76) mentre ritornava ai livelli basali nei periodi successivi (RR 1,07 95%CI 0,64-1,81).


Questi risultati sono compatibili con quelli riportati dal trial APPROVe per il rofecoxib ed indicano una persistenza del rischio CV associato all’uso di FANS per 6 mesi dopo la loro sospensione (RR 1, 71 95%CI 1,35-2,17) solo in pazienti che avevano precedentemente utilizzato FANS per >1 anno in maniera continuativa. Questi risultati supportano inoltre l’ipotesi che il processo scatenato dalla soppressione della produzione di prostaciclina si traduca in un’accelerata aterosclerosi (Kobayashi T et al. J Clin Invest 2004; 114: 784–94), un evento che non è facile dall’essere annullato dopo la sospensione del trattamento.




Conflitto di interesse

Il database utilizzato per questo studio (THIN) è sostenuto da un grant Pfizer. Gli autori dello studio avevano i pieni diritti sul manoscritto indipendentemente dalla ditta.

Dottor Francesco Salvo

Riferimento bibliografico

Garcia Rodriguez LA et al A. Risk of myocardial infarction persisting after discontinuation of non-steroidal anti-inflammatory drugs in the general population. J Thromb Haemost 2009; 7:1-3.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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