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Sicurezza ed efficacia di tibolone in pazienti con K mammario
Inserito il 20 dicembre 2009 da admin. - ginecologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo studio LIBERATE fornisce forti evidenze contro l’uso di tibolone nel trattamento dei disturbi del climaterio in pazienti con storia di carcinoma della mammella.

Le donne trattate con successo mediante intervento chirurgico nei primi stadi del carcinoma della mammella soffrono spesso di sintomi vasomotori (es. vampate di calore) anche importanti a seguito della terapia adiuvante con tamoxifene, inibitori dell’aromatasi, analoghi del GnRH o chemioterapia. La terapia estrogenica convenzionale, da sola o in associazione a progestinici, è efficace nell’alleviare questa sintomatologia, ma è controindicata nelle pazienti con carcinoma della mammella, perché gli ormoni possono favorire le recidive della neoplasia.
Un altro farmaco impiegato per ridurre i sintomi climaterici è il tibolone, uno steroide sintetico che si distingue, sia sotto il profilo farmacologico che clinico, dagli ormoni sessuali ma anch’esso controindicato nelle donne con carcinoma della mammella. Studi osservazionali hanno infatti evidenziato il rischio di questa neoplasia in associazione al tibolone. Fino ad oggi, è stato condotto un solo RCT verso placebo (Cummings SR et al. N Engl J Med 2008; 359: 697-708) per stabilire il rischio cancerogeno legato al tibolone in donne anziane affette da osteoporosi (l’end point primario era il rischio di fratture vertebrali). L’incidenza di carcinoma della mammella, confermata da una valutazione indipendente, è stata significativamente ridotta dopo 3 anni di trattamento con tibolone rispetto a placebo (HR 0,32; IC 95% 0,13-0,80). Tuttavia, i dati sull’uso di tibolone in donne con carcinoma della mammella sono scarsi.

Lo studio LIBERATE, un RCT in doppio cieco placebo-controllato, è stato disegnato per valutare efficacia e sicurezza (in termini di rischio di recidiva di cancro alla mammella) di tibolone in donne <75 anni con disturbi del climaterio, sottoposte ad intervento chirurgico (nei 5 anni precedenti) per un carcinoma della mammella (T1-3N0-2M0) confermato istologicamente.
Per questo studio, condotto in 31 Paesi (tra cui l’Italia) sono state reclutate 3585 donne. Sono state escluse le donne non isterectomizzate con alterazioni endometriali.
La popolazione inclusa (n=3098) è stata randomizzata a ricevere tibolone 2,5 mg/die (n=1556) o placebo (n=1542).

L’end point primario dello studio era mostrare la non inferiorità di tibolone rispetto a placebo nella recidiva di carcinoma della mammella (compreso il coinvolgimento della mammella controlaterale). Gli end point secondari erano mortalità, sintomi vasomotori, densità minerale ossea (BMD) e qualità della vita correlata allo stato di salute.

In un sottogruppo di pazienti (n=763; i centri considerati sono stati solo 15 per motivi logistici) sono stati registrati dati relativi a numero e gravità dei sintomi vasomotori per tutta la durata dello studio BMD delle vertebre lombari (L1-L4) e del femore prossimale sinistro al basale ed a 104 settimane; la qualità di vita è stata valutata alle settimane 13, 26, 52, 78, 104 e poi ogni anno, usando il Women’s Health Questionnaire (WHQ) (n=883, 8 centri). Alle visite di follow-up, programmate ogni 6 mesi, le pazienti venivano sottoposte ad esame obiettivo, visita senologica e ginecologica, mammografia, esami del sangue e venivano registrati i dati su sintomi vasomotori, parametri vitali, farmaci concomitanti, episodi di emorragie vaginali ed eventi avversi. In caso di metrorragie persistenti, veniva richiesta una biopsia endometriale ed in caso di iperplasia o neoplasia il farmaco veniva interrotto e la paziente trattata di conseguenza.
Le donne che non traevano sollievo dai sintomi climaterici potevano ricorrere a farmaci non ormonali, come derivati della soia, clonidina ed antidepressivi. Le donne che interrompevano il farmaco prematuramente venivano comunque incoraggiate a rimanere nello studio per essere inserite nelle analisi degli outcome.

Un Data and Safety Monitoring Board (DSMB) indipendente valutava la sicurezza rivedendo tutti i dati (senza cecità) ogni 6 mesi, per stabilire se lo studio poteva essere continuato o doveva essere modificato od interrotto.
L’età media delle pazienti reclutate (79,1% caucasiche, 17,3% asiatiche) era 52,7 anni (DS 7,3), il tempo trascorso dall’intervento era in media di 2,1 anni (DS 1,3), il BMI medio era 27,0 kg/m2 (DS 4,9); nel 70,0% dei casi il tumore era almeno di stadio IIA ed il coinvolgimento linfonodale (N1–2) riguardava il 57,8% delle pazienti; l’intervento è stato conservativo solo nel 42,7%; la positività per il recettore degli estrogeni è stata riscontrata in 2185 (77,8%) delle 2808 pazienti in cui questo dato era noto.
All’ingresso nel trial, la maggior parte delle donne assumeva tamoxifene (n=2068 [66,8%]), mentre altre ricevevano inibitori dell’aromatasi (n=202 [6,5%]), chemioterapia (n=150 [4,8%]) o analoghi del GnRH (n=134 [4,3%]). Durante lo studio, il 22,4% delle donne trattate con tamoxifene è passato ad un inibitore dell’aromatasi. Il numero medio giornaliero di vampate era 6,4 in totale (DS 5,1) e 12,5 (DS 4,8) in un sottogruppo altamente sintomatico secondo la definizione delle linee guida dell’EMEA (= 5 episodi moderati-severi).

Lo studio LIBERATE è stato avviato nel giugno 2002, ma è stato interrotto prematuramente nel luglio 2007, in quanto nel marzo dello stesso anno, il DSMB aveva rilevato un eccesso di recidive di carcinoma della mammella nel gruppo randomizzato a tibolone.
La durata media di partecipazione allo studio è stata di 3,07 anni (range 0,01-4,99; 4666 anni-donna) per il gruppo trattato e 3,14 anni (range 0,01-4,94; 4633 anni-donna) nel gruppo placebo. La durata media di trattamento è stata di 2,74 anni (range 0,01-4,79) per il tibolone e 2,76 anni (range 0,01-4,72) per il placebo, per un totale di 3901 e 3874 anni-donna di esposizione rispettivamente per tibolone e placebo.

Nella popolazione intention-to-treat, le recidive sono state riportate e confermate in 402 pazienti: 237 (15,2%) nel gruppo tibolone e 165 (10,7%) in quello placebo (HR 1,40 [IC 95% 1,14-1,70]; p=0,001), similmente a quanto riscontrato nella popolazione per protocol (209 [16•7%] nel gruppo tibolone vs 138 [11•4%] del placebo; HR 1,44 [IC 95% 1,16-1,79]; p=0,0009).
La maggior parte delle recidive si è manifestata sotto forma di metastasi a distanza (n=292; più del 70%), seguite da metastasi locali (n=81) e neoplasie nella mammella controlaterale (n=42); 13 pazienti hanno avuto il coinvolgimento di più siti.
Il trattamento con tibolone è stato associato ad un rischio assoluto di recidiva di 51 per 1000 anni-donne vs 36 del placebo. L’incidenza di recidive è stata più bassa nelle pazienti senza coinvolgimento linfonodale rispetto a quelle con linfonodi positivi (5,6% [HR 1,85 (IC 95% 1,14-2,99; p=0,013) vs 18,4% [HR 1,36 (IC 95% 1,09-1,69; p=0,006)]).
Le pazienti con neoplasie recettore-negative non hanno avuto un aumento del rischio (HR 1,15 [IC 95% 0,73-1,80]; p=0,058) a differenza delle pazienti con neoplasie positive ai recettori per gli estrogeni (HR 1,56 [IC 95% 1,22-2,01]; p=0,0005). Le pazienti trattate con inibitori dell’aromatasi al basale avevano un rischio più alto rispetto alle pazienti trattate con tamoxifene (HR 2,42 [IC 95% 1,01-5,79; p=0,047] vs HR 1,25 [IC 95% 0,98-1,59; p=0,076]). Nel sottogruppo di pazienti non trattate con tamoxifene, inibitori dell’aromatasi od analoghi di GnRH, l’HR era 1,73 (IC 95% 1,18-2,53); p=0,005.

Durante lo studio, 19 donne (1,2%) sono decedute nel gruppo trattato con tibolone vs 20 (1,3%) del gruppo placebo (HR 0,94 [IC 95% 0,50-1,76]; p=0,844). Se si considera il periodo successivo al termine del trial fino alla chiusura del database, si sono verificati 72 decessi (4,6%) nel gruppo tibolone vs 63 (4,0%) nel gruppo placebo (HR 1,12 [IC 95% 0,80-1,57]; p=0,509). Di questi, hanno avuto diagnosi di recidiva del tumore alla mammella 54 donne (75%) del gruppo tibolone e 49 (78%) del placebo; le rimanenti cause di morte erano soprattutto di tipo cardiovascolare.

Non sono state rilevate differenze significative tra i 2 gruppi nell’incidenza di eventi avversi (85,2% per il tibolone vs 82,5% con placebo), eventi avversi gravi (20,5% per il tibolone vs 19,1% con placebo) ed eventi avversi che hanno portato all’interruzione del trial (8,1% per il tibolone vs 7,2% con placebo). Una frattura clinica (soprattutto al polso) è stata riportata come evento avverso nel 3,8% del gruppo trattato con tibolone e nel 4,9% del placebo (p=0,137).
Sanguinamenti, spotting od entrambi sono stati riferiti dal 13,2% delle donne trattate con tibolone vs l’8,2% del gruppo placebo. Un adenocarcinoma endometriale è stato diagnosticato durante lo studio in 7 donne del gruppo trattato con tibolone vs 4 del placebo; 9 di queste 11 donne avevano assunto tamoxifene per diversi anni prima o al momento della diagnosi della neoplasia uterina. Le biopsie endometriali sono state 1,8 volte più frequenti nel gruppo con tibolone (n=249) rispetto a placebo (n=141).

La riduzione del numero giornaliero di vampate è stata maggiore con tibolone alle settimane 4 (p=0,004), 8 (p<0,0001) e 12 (p<0,0001). Nel sottogruppo altamente sintomatico, il tibolone ha determinato significative riduzioni del numero di vampate giornaliere dal basale alle settimane 8 (p=0,002) e 12 (p<0,0001). Alla 12.ma settimana, le variazioni medie rispetto al basale erano di -5,4 (DS 4,7) per il tibolone vs -3,2 (3,4) del placebo (p<0,0001).
Nel gruppo tibolone è stato riscontrato un incremento rispetto al basale della BMD del 3,3% a livello lombare e del 2,9% a livello dell’anca (p<0,0001) rispetto al placebo. Il WHQ ha evidenziato miglioramenti clinicamente significativi per la sfera sessuale, il sonno ed i sintomi vasomotori.

Questo studio ha chiaramente mostrato come il tibolone, seppur efficace nel contrastare i disturbi del climaterio, aumenti il rischio di recidiva di carcinoma della mammella in una popolazione che in larga parte è stata sottoposta a terapia adiuvante per questa neoplasia.
Non ci sono dati sufficienti per stabilire la sicurezza del tibolone in donne che hanno avuto un carcinoma della mammella e che non hanno ricevuto o hanno concluso una terapia adiuvante.

All’avvio del trial, il 66,8% delle donne assumeva tamoxifene ed il 6,5% inibitori dell’aromatasi: il tibolone potrebbe aver interferito con l’azione protettiva di questi farmaci, soprattutto con gli inibitori dell’aromatasi rispetto a tamoxifene (HR 2,42 [IC 95% 1,01-5,79; p=0,047] vs HR 1,25 [IC 95% 0,98-1,59; p=0,076]).
La spiegazione più probabile è che il tibolone eserciti un effetto estrogenico su metastasi occulte e silenti di carcinoma della mammella; tale effetto sembrerebbe confermato dalla maggiore incidenza di recidive in donne con una neoplasia positiva al recettore per gli estrogeni, anche se studi preclinici e clinici in donne sane sembrano indicare un effetto non estrogenico sul seno.
Lo studio non è stato in grado di identificare sottogruppi di pazienti che potrebbero trarre beneficio dal tibolone, per esempio donne con rischio molto basso o nullo di recidiva, non ha individuato fattori di rischio per il carcinoma della mammella (es. familiarità, Gail-model score) e non ha fornito un’accurata classificazione istopatologia dei tumori primitivi.

I risultati dello studio LIBERATE implicano che l’uso di tibolone con carcinoma della mammella noto, passato o sospetto rimane controindicato.


Commento

L’editoriale di accompagnamento legge i risultati del LIBERATE alla luce di altri studi.
Infatti, l’effetto del tibolone sulla recidiva di carcinoma della mammella è stato riportato anche dallo studio HABITS (Holmberg L et al. J Natl Cancer Inst 2008; 100: 475-82), in cui donne con anamnesi positiva per carcinoma della mammella sono state randomizzate a ricevere una terapia ormonale sostitutiva od un trattamento non ormonale. Le donne trattate con terapia ormonale hanno avuto maggiori probabilità di un evento neoplastico (HR 2,4 [IC 95% 1,3-4,2]), risultato che contrasta con lo studio Stockholm (Von Schoultz E et al. J Natl Cancer Inst 2005; 97: 533-5) che non aveva invece riscontrato un’associazione tra terapia ormonale in menopausa ed aumento del rischio di recidiva in pazienti con anamnesi positiva per carcinoma della mammella. Non è chiaro come lo studio Stockholm abbia ottenuto questi risultati, che potrebbero essere il riflesso di un differente approccio alla terapia ormonale e di una popolazione diversa rispetto a quella dello studio HABITS, il quale però consolida la convinzione che la terapia ormonale sostitutiva dovrebbe essere evitata in pazienti con storia di carcinoma della mammella.
Si sperava che il tibolone potesse essere un’alternativa sicura alla terapia ormonale sostitutiva, ma il suo impiego si è ridotto dopo la pubblicazione dei risultati iniziali del Women’s Health Initiative (JAMA 2002; 288: 321-3) che hanno dimostrato un aumento del rischio di carcinoma della mammella a seguito di prescrizione di estrogeno+progesterone in donne sane in post-menopausa (HR 1,26 [IC 95% 1,00-1,59] per la terapia ormonale vs placebo). Il trial di Cummings ha dimostrato che in donne in post-menopausa con ridotta densità ossea il tibolone ha ridotto il rischio di carcinoma invasivo della mammella (a dosi dimezzate rispetto allo studio LIBERATE) rispetto a placebo (HR 0,32 [0,13-0,18]; p=0,02). Tuttavia, il Million Women Study (Lancet 2003; 362: 419-27) ha riferito un incremento significativo di carcinoma della mammella in donne trattate con tibolone (RR 1,45; [1,25-1,68]).
Sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire gli effetti di tibolone alla dose standard (2,5 mg) o inferiore (1,25 mg) sul rischio di carcinoma della mammella in donne sane in post-menopausa, con particolare attenzione alle donne a più alto rischio.

Lo studio LIBERATE fornisce forti evidenze contro l’uso di tibolone nel trattamento dei disturbi del climaterio in pazienti con storia di carcinoma della mammella. I rischi sono inaccettabilmente alti anche in considerazione del fatto che la maggior parte dei sintomi della menopausa può essere gestita con approcci meno rischiosi (bifosfonati per l’osteoporosi e terapie non ormonali).
Gli sviluppi nella terapia adiuvante hanno permesso di migliorare l’esito della patologia ed è importante che questi progressi non siano inficiati da strategie terapeutiche potenzialmente pericolose che vorrebbero gestirne gli effetti indesiderati.


Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dalla Schering-Plough.

Dottoressa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

Kenemans P et al. Safety and efficacy of tibolone in breast-cancer patients with vasomotor symptoms: a double-blind, randomised, non-inferiority trial. Lancet Oncol 2009; 10:135-46.

Goodwin PJ. Tibolone: the risk is too high. Lancet Oncol 2009; 10:103-4.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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