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Mepolizumab ed esacerbazioni dell’asma eosinofilo refrattario
Inserito il 31 dicembre 2009 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La terapia con mepolizumab si è dimostrata efficace nel ridurre il numero delle esacerbazioni dell’asma e nel migliorare la qualità di vita dei pazienti con asma eosinofilo refrattario.

Le esacerbazioni dell’asma, i cui sintomi sono poco responsivi all’usuale terapia inalatoria, sono associate a sostanziale morbilità, mortalità e a considerevoli costi sanitari. Il rischio di esacerbazioni sembra essere correlato all’infiammazione eosinofila; è stato infatti osservato che le strategie di trattamento che controllano l’infiammazione eosinofila delle vie aeree e le manifestazioni cliniche dell’asma, sono associate ad una riduzione della frequenza delle esacerbazioni stesse.
Lo scopo di questo studio è stato quello di chiarire meglio il ruolo degli eosinofili nelle esacerbazioni dell’asma valutando l’effetto di un trattamento della durata di 12 mesi con mepolizumab (*), un anticorpo monoclonale umanizzato contro l’interleuchina-5, sulla frequenza delle esacerbazioni nei soggetti con asma refrattario ed evidenza di infiammazione eosinofila delle vie aeree nonostante il trattamento con corticosteroidi ad alte dosi.

Lo studio, monocentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, a gruppi paralleli, condotto tra aprile 2006 e agosto 2008, ha arruolato pazienti >=18 anni con una diagnosi di asma basata su uno o più dei seguenti criteri: variabilità del picco massimo diurno del flusso espiratorio >20% nel corso di 14 giorni, un incremento di FEV1 >15% in seguito ad inalazione di 200 microg di salbutamolo e una riduzione del 20% di FEV1 in risposta ad una concentrazione provocatoria di metacolina per via inalatoria <8 mg/ml (PC20). I criteri di inclusione sono stati: una diagnosi di asma refrattario in accordo con i criteri dell’American Thoracic Society, un tasso di eosinofili nell’escreato >3% in almeno un’occasione nei 2 anni precedenti nonostante il trattamento con corticosteroidi ad alte dosi e almeno 2 esacerbazioni che hanno richiesto prednisolone nei 12 mesi precedenti. Criteri addizionali sono stati la necessità di un trattamento stabile e l’assenza di esacerbazioni per più di 6 settimane prima dell’arruolamento nello studio. I criteri di esclusione sono stati: il fumo, evidenze sierologiche di un’infezione parassitaria, una grave patologia concomitante, la possibilità di una gravidanza e la scarsa adesione al trattamento.

Dopo 2 settimane di run-in, i pazienti (n=61) sono stati sottoposti alla misurazione della PC20 basale e, il giorno seguente, della frazione di ossido nitrico esalato (FENO), quindi sono stati trattati per 2 settimane con prednisolone orale alla dose di 0,5 mg/kg/die (dose massima 40 mg/die) al fine di valutare la responsività dei sintomi, il FEV1 e la FENO in seguito al trattamento con corticosteroidi orali e come la responsività a questa terapia poteva essere influenzata dal mepolizumab.
In seguito, i soggetti sono stati randomizzati a ricevere 12 infusioni di 750 mg di mepolizumab per via endovenosa (n=32) o placebo (150 ml di salina 0,9%; n=29) ad intervalli mensili per 50 settimane. Al termine di questa fase i soggetti sono stati sottoposti ad un addizionale trattamento con prednisolone orale per 2 settimane. I due gruppi erano simili per caratteristiche demografiche ed anamnestiche.

L’outcome primario è stato il numero di gravi esacerbazioni dell’asma per soggetto (periodi di deterioramento nel controllo dell’asma in soggetti trattati con alte dosi di prednisolone per almeno 5 giorni). Gli outcome secondari sono stati: variazioni del numero di eosinofili nei campioni di sangue e di escreato; FENO; FEV1 (% del valore previsto) dopo l’uso di broncodilatatori; PC20; punteggio di Asthma Quality of Life Questionnaire (AQLQ); punteggi sulle scale utilizzate per valutare i sintomi: Juniper Asthma Control Questionnaire (JACQ) e le Visual analogue scale relative a tosse, affanno e respiro ansimante; valutazione tramite TAC della geometria delle pareti delle vie aeree e, mediante broncoscopia, dell’infiammazione eosinofila delle stesse vie.

Durante lo studio si sono verificate 57 esacerbazioni nel gruppo di pazienti in trattamento con mepolizumab e 109 nel gruppo placebo. Il numero medio di esacerbazioni gravi per soggetto è stato 2,0 nel gruppo mepolizumab e 3,4 in quello placebo (RR 0,57, CI 95%, 0,32-0,92, p=0,02). Il 31% dei pazienti che hanno assunto mepolizumab, rispetto al 16% di quelli trattati con placebo, non ha manifestato esacerbazioni (p=0,23). Si sono verificati 3 ricoveri ospedalieri nel gruppo in trattamento con mepolizumab e 11 nel gruppo placebo (p=0,07), per un totale di giorni trascorsi in ospedale significativamente minore nel primo gruppo di trattamento (12 vs 48, p<0,001). La terapia con mepolizumab è stata associata ad una significativa riduzione della conta eosinofila sia nel sangue che nell’escreato. Nel sangue le variazioni dal basale differivano tra i gruppi di un fattore 6,1 (95% CI, 4,1-8,9; p<0,001), mentre nell’escreato di un fattore 3,7 (95% CI, 1,6-8,4; p=0,002). Il miglioramento medio sulla scala AQLQ è stato 0,55 nel gruppo mepolizumab e 0,19 nel gruppo placebo (CI 95%, 0,08-0,63, p=0,02). Non ci sono state significative differenze tra i gruppi rispetto ai sintomi, al FEV1 in seguito all’uso di broncodilatatori e all’iperresponsività delle vie aeree.
Il mepolizumab endovena ha dimostrato un profilo degli effetti avversi accettabile nei 12 mesi di trattamento. I soli eventi avversi gravi riportati sono stati i ricoveri ospedalieri per asma acuto severo.

Gli autori ricordano che, data la stretta selezione dei pazienti, non è possibile estrapolare e generalizzare i risultati ottenuti ad una popolazione più ampia. Sono necessari ulteriori studi al fine di chiarire i rischi e i benefici del trattamento con mepolizumab in un’ampia popolazione di pazienti.


In conclusione, la terapia con mepolizumab si è dimostrata efficace nel ridurre il numero delle esacerbazioni dell’asma e nel migliorare la qualità di vita dei pazienti con asma eosinofilo refrattario e con una storia di ricorrenti esacerbazioni. Gli autori affermano che questi risultati suggeriscono per gli eosinofili un ruolo di importanti cellule effettrici nella patogenesi delle esacerbazioni gravi dell’asma.




(*) Il mepolizumab non è ancora commercializzato in Italia. L’EMEA, il 29 luglio 2004, ha dato parere favorevole per la designazione di farmaco orfano per il trattamento della sindrome ipereosinofila.

Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dalla Glaxo-SmithKline; gli autori hanno ricevuto finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Elisa Benetti

Riferimento bibliografico

Haldar P et al. Mepolizumab and exacerbations of refractory eosinophilic asthma. N Engl J Med 2009; 360: 973-84.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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