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Stenosi carotidee asintomatiche: si può predire il rischio di ictus?
Inserito il 10 gennaio 2010 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nelle stenosi carotidee asintomatiche la presenza di lesioni ischemiche silenti di tipo embolico alla TAC cerebrale costituisce un elemento utile per predire il rischio futuro di ictus.


In questo studio osservazionale sono stati reclutati 821 pazienti (60% uomini, età media 71 anni) con stenosi carotidea (>= 50%) asintomatica. A tutti i partecipanti è stata effettuata una TAC cerebrale alla ricerca di lesioni ischemiche silenti. Sulla base dello schema classificativo internazionale le lesioni ischemiche sono state definite di "tipo embolico" e di "tipo non embolico".
Il follow-up è stato di 44,6 mesi (range da 6 mesi a 8 anni) e il 6% dei soggetti è andato incontro a ictus ipsilaterale.
Gli autori hanno evidenziato che nelle stenosi che andavano dal 60% al 99% la frequenza di stroke annuale era maggiore nei soggetti che alla TAC eseguita all'inizio dello studio presentavano lesioni ischemiche di tipo embolico (3,6% rispetto a 1,0% di chi non aveva questo tipo di lesioni).
Nei soggetti con stenosi inferiori al 60% la presenza di ischemie di tipo embolico non risultava associata ad un aumento del rischio. Nelle stenosi moderate (60% - 79%) la frequenza annuale di stroke era di 1,3% (rispetto a 0,65% di chi non aveva questo tipo di lesioni).
Gli autori concludono che il riscontro di ischemie silenti di tipo embolico può servire ad identificare un sottogruppo di pazienti con stenosi carotidea asintomatica a rischio più elevato di ictus e aiutare nella gestione di questa patologia.


Fonte:

Kakkos SK et al. Silent embolic infarcts on computed tomography brain scans and risk of ipsilateral hemispheric events in patients with asymptomatic internal carotid artery stenosis. J Vasc Surg 2009 Apr; 49:902.


Commento di Renato Rossi

Mentre nelle stenosi carotidee sintomatiche i benefici dell'intervento chirurgico di endoarterectomia carotidea (TEA) sono ben definiti per stenosi superiori al 50%, vi sono più incertezze per quanto riguarda le stenosi carotidee asintomatiche (vale a dire stenosi nelle quali non ci sia stato un ictus o un TIA ipsilaterale).
In generale si ritiene che l'intervento chirurgico o il posizionamento di stent siano utili nei soggetti con aspettativa di vita superiore a 5 anni e stenosi > 60% purchè il chirurgo possa garantire una buona performance, con una frequenza di complicanze perioperatorie a 30 giorni (ictus e decessi) inferiore al 3%. Infatti gli studi clinici mostrano che l'intervento di TEA riduce il rischio di ictus omolaterale di circa il 5% in cinque anni. Un altro dato da considerare è che i benefici sono stati dimostrati negli uomini ma non nelle donne. Un punto critico è la qualità dei due studi principali (ACAS e ACST) che hanno valutato l'efficacia della TEA: è stato rilevato che il gruppo controllo, in terapia medica, era trattato in maniera non ottimale con statine, antiaggreganti e antipertensivi. I risultati degli studi sarebbero stati gli stessi se la terapia medica fosse stata più intensiva nei gruppi controllo? Infine un punto di incertezza è che non si sa bene come individuare i soggetti con stenosi asintomatica che più potrebbero trarre beneficio dall'intervento.
Lo studio recensito in questa pillola suggerisce che un elemento utile per la decisione potrebbe essere la presenza, riscontrata con una TAC cerebrale, di lesioni ischemiche silenti di tipo embolico perchè in questo caso il rischio di ictus è quasi quattro volte maggiore rispetto a chi non ha questo tipo di lesioni.
Tuttavia vi sono alcuni punti che meritano una riflessione: anzitutto non tutte le strutture sanitarie possiedono radiologi così esperti da poter classificare una lesione ischemica cerebrale silente come di tipo embolico o non embolico. Nello studio di Kakkos e coll. le TAC cerebrali venivano tutte lette e classificate centralmente da un neuroradiologo.
Inoltre gli autori dello studio non hanno compiuto delle analisi per sottogruppi per cui non è noto se quanto da loro trovato differisca tra uomini e donne, nei diabetici, in chi ha un rischio cardiovascolare particolarmente elevato, etc. In definitiva uno studio interessante, ma i cui risultati meritano di essere replicati e approfonditi.






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