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Imatinib mesilato nella terapia adiuvante dopo resezione di GIST
Inserito il 24 gennaio 2010 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La terapia adiuvante con imatinib sembra migliorare il tempo di sopravvivenza libera da recidiva rispetto al placebo, dopo la resezione di un GIST primario localizzato.

Il GIST è il sarcoma del tratto intestinale più comune. La terapia principale per questo tipo di tumore è l’asportazione chirurgica ma, sfortunatamente, i risultati che si ottengono con la sola chirurgia sono inadeguati: il 50% dei pazienti sviluppano recidive tumorali entro 5 anni.
L’imatinib mesilato è un inibitore selettivo delle tirosin-kinasi KIT, PDGFRalfa, ABL e BCR-ABL, somministrato per via orale la cui efficacia nei confronti del GIST è nota fin dal 2000.
In considerazione dell’attività di questo farmaco, della tendenza alle recidive tumorali in seguito all’asportazione chirurgica e della scarsità d’effetto degli agenti chemioterapici convenzionali, esiste un solido razionale per valutare i benefici dell’imatinib come trattamento adiuvante del GIST. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare se il trattamento adiuvante con imatinib possa avere, rispetto al placebo, un effetto positivo sulla comparsa di recidive nei soggetti sottoposti all’asportazione chirurgica di un GIST primario e localizzato.
Lo studio, di fase III, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo e multicentrico è stato condotto tra luglio 2002 e aprile 2007, in 230 centri degli USA e del Canada. I criteri di inclusione sono stati: diagnosi istologica di GIST primario e localizzato di almeno 3 cm e positivo per la proteina KIT; età >=18 anni; un Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG)/Zubrod performance status <= 2. I pazienti dovevano essere stati registrati entro 70 giorni dall’asportazione del tumore e iniziare il trattamento il giorno 84. Ventotto giorni prima della registrazione, i pazienti sono stati sottoposti ad un’analisi radiologica postoperatoria che rilevasse l’assenza di tumori. Ulteriori criteri di inclusione erano: un’adeguata funzionalità epatica, renale ed ematologica e la risposta negativa al test di gravidanza. Nella fase antecedente l’inizio dello studio non era consentito l’uso di imatinib, chemioterapia, radioterapia o di altri trattamenti successivi alla chirurgia. Sono stati anche esclusi pazienti con un’infezione attiva richiedente antibiotici nei 14 giorni precedenti la registrazione nello studio; donne in fase di allattamento; pazienti con una patologia cardiaca di classe 3 o 4 secondo la classificazione della New York Hearth Association e pazienti in trattamento con dose massima di warfarin.

I pazienti (n=713) sono stati randomizzati a ricevere imatinib (n=359) alla dose orale di 400 mg/die o placebo (n=354) per 1 anno; le visite sono state alla settimana 1, 2, 4, 6, 8, 12, 16, 20, 24 e poi ogni 3 mesi per 2 anni e ogni 6 mesi fino al 5° anno.
L’end point primario era il tempo di sopravvivenza libero da recidive. Gli effetti tossici sono stati valutati secondo i criteri del National Cancer Institute common terminology. La dose di farmaco per i pazienti con eventi avversi di grado 3 e 4 (esclusa l’anemia) la cui correlazione al trattamento era considerata almeno possibile veniva modificata.
Al verificarsi di una recidiva, per i pazienti inizialmente randomizzati a placebo era consentito il passaggio al trattamento con imatinib 400 mg/die; per i pazienti già in trattamento attivo veniva prescritto imatinib alla dose di 800 mg/die.

L’8% (n=30) dei pazienti del gruppo imatinib e il 20% (n=70) del gruppo placebo hanno avuto una recidiva tumorale o sono deceduti. Dopo 1 anno, l’imatinib ha significativamente aumentato la sopravvivenza libera da recidive rispetto al placebo (98% vs 83%, HR 0.35 [0.22-0.53; p<0.0001]). Il follow-up mediano è stato di 19.7 mesi (minimo 0, massimo 56.4).
Il trattamento è stato interrotto in 184 pazienti (26%), l’interruzione nel gruppo imatinib era dovuta agli eventi avversi (p<0.0001) mentre nel gruppo placebo alla recidive tumorali (p<0.0001).
L’imatinib come adiuvante è stato ben tollerato, i più comuni eventi avversi riportati nel gruppo in trattamento con il farmaco rispetto al placebo sono stati dermatite (3% vs 0), dolore addominale (3% vs 1%), diarrea (2% vs 1%) e iperglicemia (<1% vs 2%). Sebbene lo studio non fosse stato disegnato per valutare sottogruppi di pazienti, è stato esaminato l’effetto della dimensione del tumore (fattore di stratificazione) ed è stato rilevato che il tempo di sopravvivenza libera da recidive era maggiore nel gruppo imatinib rispetto al placebo in ogni categoria di pazienti.

La terapia adiuvante risulta particolarmente importante per i pazienti ad alto rischio, per cui il rischio di recidive a due anni dall’intervento supera il 50% in assenza di trattamento. Ad oggi non vi sono altri farmaci approvati dall’FDA contro i GIST, quindi la possibilità di ritardare o prevenire le recidive tramite la terapia adiuvante è cruciale dal momento che la resistenza acquisita nei confronti degli inibitori delle tirosin chinasi si verifica nella maggior parte dei pazienti con tumore metastatico. La sopravvivenza globale tra i gruppi in studio è risultata simile e questo non sorprende se si considera il tempo di follow-up relativamente breve e il disegno dello studio in base al quale è permesso ai pazienti del gruppo placebo di ricevere l’imatinib in caso di comparsa di recidive. Un follow-up più lungo è necessario al fine di stabilire se la terapia adiuvante con imatinib incrementi la frequenza di guarigione relativa alla chirurgia. Sono necessari ulteriori studi per stabilire se potranno essere usate dosi superiori ai 400mg/die nella terapia adiuvante.

La terapia adiuvante con imatinib sembra migliorare il tempo di sopravvivenza libera da recidiva rispetto al placebo, dopo la resezione di un GIST primario localizzato. Questi esiti avranno delle conseguenze sul trattamento di pazienti con GIST primario e localizzato e potranno essere rilevanti per l’uso, come adiuvante, di altre molecole antitumorali.


Commento

L’editoriale di accompagnamento al lavoro, sottolinea che lo studio suggerisce che tutti i pazienti dovrebbero essere trattati per un anno con imatinib dopo la resezione di un GIST di almeno 3 cm. Per questo tipo di pazienti l’imatinib è stato approvato nel dicembre 2008 dall’FDA per un trattamento di durata illimitata. L’editorialista sottolinea che i ricercatori hanno riscontrato un miglioramento solo marginale nella sopravvivenza libera da recidive in pazienti con un tumore <10 cm, a 3 anni il miglioramento era quasi nullo nei pazienti con una massa tumorale compresa tra 3 e 6 cm e a 2 anni la riduzione del rischio nei pazienti con un tumore compreso tra 6 e 10 cm era solo del 10%. Inoltre, poiché i pazienti con metastasi saranno trattati con imatinib, potrebbe essere più interessante valutare come end point la sopravvivenza in assenza di terapia antitumorale in termini di effetti tossici e di costi. L’editoriale solleva anche la questione della scelta dei criteri di stratificazione, infatti il rischio di recidive è influenzato oltre che dalla dimensione tumorale anche dall’indice mitotico e dalla localizzazione del tumore primario.

Conflitto di interesse

Gli autori dichiarano di aver ricevuto finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Elisa Benetti

Riferimenti bibliografici

DeMatteo RP et al. Adjuvant imatinib mesylate after resection of localised, primary gastrointestinal stromal tumour: a randomised, double-bind, placebo-controlled trial. Lancet 2009; 373: 1097-104.

Hohenberger P. Adjuvant imatinib in GIST: a self-fulfilling prophecy, or more? Lancet 2009; 373: 1058-60.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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