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Zoledronato v risedronato nel’osteoporosi da steroidi: studio Horizon
Inserito il 24 gennaio 2010 da admin. - reumatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’acido zoledronico in somministrazione annuale si è dimostrato efficace nell’aumentare la densità ossea in pazienti in trattamento cronico con corticosteroidi, in maniera non solo comparabile, ma maggiore rispetto al risedronato 5 mg/die.

I glucocorticoidi sono dei farmaci fondamentali nel trattamento di molte malattie infiammatorie e immunomediate (Walsh LJ et al. BMJ 1996; 313: 344–46). Il loro uso cronico, tuttavia, si associa a diversi effetti collaterali quali perdita di consistenza ossea e aumento del rischio di fratture (van Staa TP et al. J Bone Miner Res 2000; 15: 993–1000), che diventa evidente dopo i primi tre mesi di trattamento.
La terapia giornaliera a base di bifosfonati si è rivelata efficace nel trattare e prevenire l’osteoporosi indotta dai cortisonici (Cohen S et al. Arthritis Rheum 1999; 42: 2309–18; Reid DM et al. J Bone Miner Res 2000; 15: 1006–13; Saag KG et al. N Engl J Med 1998; 339: 292–99). Terapia giornaliera e settimanale sono comunque caratterizzate da un’aderenza non ottimale (Hamilton B et al. Osteoporos Int 2003;14: 259–62). Una scarsa aderenza o compliance alla terapia è stata già associata ad un aumento del rischio di fratture in donne con osteoporosi post-menopausale in trattamento con bifosfonati (Siris ES et al. Mayo Clin Proc 2006; 81: 1013–22; Briesacher BA et al. Bone 2007; 41: 882–87).
Lo studio HORIZON, RCT della durata di 1 anno, multicentrico, in doppio cieco e doppio mascherato, è stato disegnato per stabilire la non inferiorità di una singola infusione endovenosa di acido zoledronico 5 mg rispetto al risedronato 5 mg/die nella prevenzione e nel trattamento dell’ostetoporosi indotta da cortisonici.

Uomini e donne di età compresa tra i 18 e gli 85 anni sono stati considerati eleggibili se in terapia con almeno 7,5 mg/die di prednisolone (o con un altro cortisonico di potenza equivalente) e se il periodo di trattamento previsto con il farmaco era di almeno altri 12 mesi. Lo studio è stato effettuato in 54 centri di 16 paesi e i pazienti sono stati selezionati da due coorti: soggetti che avevano iniziato la terapia con i corticosteroidi negli ultimi tre mesi (prevenzione) e pazienti in terapia da più di tre mesi (trattamento).
I principali criteri di esclusione sono stati: precedente trattamento con bifosfonati o con altri farmaci che influivano sullo scheletro, basse concentrazioni seriche di vitamina D (25-idrossivitamina D <30 nmol/mil), recente storia di neoplasie o di alterazioni paratiroidee, compromissione renale (clearance della creatinina <30 mL/min o proteinuria), gravidanza o non adeguata terapia contraccettiva.

I soggetti sono stati randomizzati secondo un rapporto 1:1, in doppio cieco, a acido zoledronico 5 mg in 100 ml di infusione endovenosa di 15-20 min, in somministrazione unica il primo giorno dello studio o a risedronato 5 mg/die per via orale. Il follow-up era di 12 mesi.

La densità ossea è stata misurata a 6 e 12 mesi e calcolata come variazione percentuale rispetto ai livelli osservati all’inclusione.
L’end point primario di efficacia era la variazione percentuale dal basale della densità ossea a livello delle vertebre lombari (L1-L4) a 12 mesi. Gli end point secondari consistevano nella variazione percentuale dal basale della densità ossea a livello di anca, collo del femore, trocantere e radio distale a 12 mesi
Come end point secondari ulteriori sono stati valutati alcuni biomarker di turnover osseo, sia di riassorbimento (telopeptide del collagene di tipo 1 ß-C-terminale) che di neoformazione ossea (protopetide amino terminale del protocollagene di tipo 1).

La sicurezza è stata valutata da un panel di esperti sui dati raccolti dagli investigatori durante lo studio. In particolare sono stati valutati: effetti oculari, osteonecrosi della mandibola, necrosi avascolare ossea, aritmie cardiache (riportati come eventi gravi), deterioramento della funzionalità renale, ritardata guarigione delle fratture, cause principali di morte.
La funzionalità renale è stata valutata prima dell’inizio dello studio, a 9-11 giorni dalla prima somministrazione e a 3, 6 e 12 mesi. L’incremento della creatinina >44 µmol/L rispetto ai livelli iniziali è stato definito come clinicamente significativo.

Sono stati arruolati 545 pazienti per il trattamento dell’osteoporosi indotta da cortisonici e 288 in prevenzione. Complessivamente il 93% del totale dei soggetti ha completato lo studio.
Le donne rappresentavano il 68% del campione; tra queste il 66% era in post-menopausa (82% da più di 5 anni). Sia nel gruppo in prevenzione che in trattamento, il 14% dei pazienti aveva avuto una frattura precedente allo studio. La percentuale dei pazienti con precedenti fratture era simile fra i due gruppi nella coorte in trattamento mentre in quella in prevenzione era più alta tra i soggetti randomizzati ad acido zoledronico rispetto al risedronato (18% vs 10%).
La non inferiorità dell’acido zoledronico rispetto al risedronato veniva dimostrata se, per un CI 97,5% la differenza assoluta percentuale tra i gruppi non era maggiore di -0,70% per la il sottogruppo in trattamento e di -1,12% per il sottogruppo in prevenzione.

Per l’end point primario il criterio di non-inferiorità è stato raggiunto. Inoltre, a 12 mesi l’acido zoledronico ha aumentato la densità ossea lombare in misura maggiore rispetto al risedronato, sia come trattamento (4.06% vs 2.71%, 95% CI 0.67-2.05) che in prevenzione (2.60% vs 0.64%; 1.04-2.88)). Nello stesso periodo, l’acido zoledronico ha significativamente incrementato la densità minerale ossea del collo del femore, sia in trattamento (1.45% vs 0.39%; 0.32-1.79) che in prevenzione (1.45% vs -0.03%; 0.41-2.25). Risultati simili sono stati riscontrati a livello del trocantere e dell’anca, mentre a livello del radio distale l’acido zolendronico si è dimostrato superiore al risedronato nel gruppo in trattamento (0.85% vs 0.09%; 0.11-1.40) ma non in prevenzione (0.06% vs 0.47%; da-1.17 a 0.34).
Anche i risultati a 6 mesi hanno evidenziato la superiorità dell’acido zoledronico a livello lombare, dell’anca e del trocantere in entrambi i gruppi mentre nel gruppo in prevenzione solo per la densità ossea a livello del collo del femore.

Combinando i due gruppi, si è notata una bassissima frequenza di nuove fratture vertebrali, sia nei pazienti trattati con acido zoledronico (n=5) che con risedronato (n=3).
I marker di turnover osseo erano ridotti in entrambi i gruppi, ma la riduzione era più marcata nei pazienti randomizzati ad acido zoledronico sia in prevenzione che in trattamento.
Quasi tutti i pazienti inclusi nello studio in entrambi i gruppi e con entrambi i farmaci hanno aderito alla terapia (assunzione di almeno l’80% del farmaco orale).

Gli eventi avversi sono stati più frequenti con l’acido zoledronico rispetto al risedronato, sia nel gruppo in prevenzione che in quello in trattamento. Tale differenza era dovuta in gran parte a reazioni quali sindrome simil-influenzale e iperpiressia, riportati con elevata frequenza nei primi 3 giorni dopo la somministrazione del farmaco. La frequenza di reazioni avverse gravi era sovrapponibile per entrambi i farmaci.
L’evento grave più frequente è stato l’esacerbazione dell’artrite reumatoide in 6 pazienti trattati con acido zoledronico ed in altrettanti trattati con risedronato. Circa il 93% dei pazienti nel gruppo in trattamento e l’88% del gruppo in prevenzione aveva una funzionalità renale normale prima di entrare nel trial; 9 pazienti in trattamento con acido zolendronico hanno manifestato un evento renale clinicamente significativo rispetto a 6 nel gruppo trattato con risedronato. Tutti questi eventi, tranne uno, sono regrediti. Sei pazienti in entrambi i gruppi hanno manifestato eventi oculari.
Si sono verificati 7 decessi non considerati correlati al trattamento (4 tra i trattati con acido zoledronico, 3 con risedronato).

Gli autori dello studio concludono che l’acido zoledronico in somministrazione annuale si è dimostrato efficace nell’aumentare la densità ossea in tutti i distretti valutati in pazienti in trattamento cronico con corticosteroidi, in maniera non solo comparabile, ma maggiore rispetto al risedronato 5 mg/die.


Commento


L’editoriale di accompagnamento allo studio sottolinea la mancanza di confronto con il placebo, la durata relativamente breve e il fatto che il trial non è stato disegnato per valutare differenze nell’incidenza di fratture. Estrapolare il concetto che aumentando la densità ossea, l’acido zoledronico possa ridurre l’incidenza di fratture in pazienti trattati con corticosteroidi non è il miglior modo per arrivare a conclusioni definitive.
Infatti, sia densità minerale che turnover osseo sono end point surrogati, peraltro non definitivi, del rischio di fratture.

Le fratture, infatti, si manifestano anche in pazienti senza una riduzione consistente della mineralizzazione ossea, forse a causa di una possibile azione dei corticosteroidi su altre componenti della struttura ossea (Canalis E et al. Osteoporos Int 2007; 18: 1319–28). Ad oggi, nonostante gli ovvi vantaggi di una singola infusione annuale rispetto all’assunzione giornaliera di un bifosfonato, non è ancora definita la dose ottimale dell’acido zoledronico in questi pazienti, sia in termini di costo-efficacia che di sicurezza. Queste informazioni sono particolarmente importanti alla luce di un possibile effetto negativo della eccessiva soppressione a lungo termine del turnover osseo.
L’editoriale mette inoltre in evidenza come il meccanismo dell’osteoporosi da cortisonici sia dovuto all’inibizione della formazione ossea, più che ad un aumento del suo riassorbimento, rendendo molto diversa l’osteoporosi da glucocorticoidi rispetto a quella post-menopausale (Weinstein RS et al. J Clin Invest 1998; 102: 274–82). Dato che i bifosfonati riducono il riassorbimento, non è ancora noto se possano essere considerati come i farmaci più adatti per trattare o prevenire questo tipo di osteoporosi. Di contro, sembra che i bifosfonati possano prevenire l’apoptosi di osteociti ed osteoblasti (Plotkin LI et al. J Biol Chem 2005; 280: 7317–25), incrementando la possibilità che parte della loro efficacia nella riduzione delle fratture in pazienti trattati con cortisonici possa essere dovuta ad un loro ruolo nella preservazione dell’integrità ossea.

Conflitto di interesse

Lo sponsor (Novartis) ha partecipato alla strutturazione del disegno dello studio, analisi ed interpretazione dei dati ed ha scritto il report prodotto dal panel dei 13 esperti, di cui 6 erano rappresentanti dello sponsor. Lo sponsor ha inoltre avuto la responsabilità di raccogliere i dati e di effettuare i controlli di qualità. Un comitato di esperti indipendenti si è incontrato due volte all’anno per controllare come lo studio procedesse e monitorare la sicurezza dei pazienti.
Tutti gli autori dello studio hanno ricevuto finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottor Francesco Salvo

Riferimenti bibliografici

Reid DM et al, for the HORIZON investigators. Zoledronic acid and risedronate in the prevention and treatment of glucocorticoid-induced osteoporosis (HORIZON): a multicentre, double-blind, double-dummy, randomised controlled trial. Lancet 2009; 373: 1253-63.

Gennari L, Bilezikian JP. Glucocorticoid-induced osteoporosis: hope on the HORIZON. Lancet 2009; 373: 1225-26.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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