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Nessun rischio di polmonite con l'uso di budesonide
Inserito il 22 dicembre 2009 da admin. - pneumologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con COPD l'uso di Budesonide non è significativamente associato ad un rischio di polmonite a 1 anno.

L’aumento del rischio di polmonite in pazienti con malattia polmonare cronica ostruttiva (COPD) evidenziato in pazienti che fanno uso di corticosteroidi per via inalatoria continua a destare preoccupazione. Tuttavia gli studi che hanno evidenziato questo rischio sono caratterizzati da importanti limitazioni metodologiche. Per superare tali limitazioni, questa metanalisi ha analizzato i dati relativi alle caratteristiche del singolo paziente e i risultati di sette ampi studi clinici condotti su budesonide per via inalatoria per stabilire il rischio di ogni evento avverso relativo a polmonite grave e non grave in pazienti affetti da COPD.

Gli studi sono stati selezionati a partire da una ricerca bibliografica che ha utilizzato i motori di ricerca Medline, EmBase e Planet (database interno degli studi clinici dell’azienda produttrice di budesonide).

La ricerca è stata ristretta a studi con follow-up di almeno 6 mesi perché il rischio complessivo di polmonite sarebbe risultato molto piccolo e i fattori di confondimento legati alle variazioni stagionali nell’insorgenza di polmonite sarebbero stati difficili da valutare negli studi di breve durata. Sono stati identificati sette studi eleggibili realizzati in 30 paesi. Tutti gli studi erano di elevata qualità (Jadad score ≥4) e le caratteristiche individuali dei pazienti arruolati erano registrate nel database Planet. L’analisi primaria sulla polmonite è stata limitata a 12 mesi poiché solo due studi erano di durata superiore.

I partecipanti di tutti gli studi si trovavano in una fase stabile di malattia al momento dell’arruolamento e sono stati randomizzati in doppio cieco e valutati dagli sperimentatori dello studio almeno una volta ogni 3 mesi. Ad ogni visita, la diagnosi di polmonite riportata nel paziente, è stata verificata dallo sperimentatore e registrata nel database come evento avverso o grave evento avverso. Per l’analisi primaria, sono stati selezionati tutti gli eventi avversi che sono insorti durante lo studio o entro 15 giorni dalla fine dello studio. Il limite dei 15 giorni è stato stabilito in base: 1) alla durata degli effetti farmacodinamici dei glucocorticoidi; 2) alla storia naturale della polmonite batterica associata ai farmaci immunosoppressori, 3) per consentire un confronto tra questo studio e gli studi precedenti. Tra uno studio e l’altro sono state evidenziate eterogeneità nel metodo dal quale sono stati raccolti gli eventi avversi e gli eventi avversi gravi nel periodo successivo al trattamento. Per l’analisi primaria, gli autori hanno confrontato il rischio di polmonite come un evento avverso o evento avverso grave fra i pazienti trattati con budesonide per via inalatoria rispetto a quelli nel gruppo di controllo. I pazienti che non erano trattati con budesonide per via inalatoria sono stati considerati come gruppo controllo. I partecipanti di ciascun studio sono stati seguiti dalla data di arruolamento alla data di abbandono, insorgenza di polmonite o completamento dello studio.

Lo studio ha analizzato i dati provenienti da più di 7000 partecipanti che avevano avuto più di 5000 anni-paziente di esposizione. L’età media dei partecipanti è risultata di 61.6 anni e la media dei valori FEV1 post-broncodilatatore di 45.5% del previsto. Complessivamente, il 22% (n=1523 pazienti) della coorte nel Global initiative for chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) apparteneva allo stadio IV (FEV1 < 30% del previsto), il 52% (n= 3635) allo stadio III GOLD (FEV1 30 – 49% del previsto), il 16% (n=1148) allo stadio II (FEV1 50 – 79% del previsto), e il 10% (n=732) allo stadio I GOLD (FEV1 ≥ 80% del previsto); per quattro pazienti i dati FEV1 sono stati persi e perciò lo stato GOLD non poteva essere stabilito. Il 70% dei partecipanti (n=4914) erano uomini, e 51% (n=3617) erano fumatori correnti al momento dell’arruolamento.

Nell’analisi primaria, 225 (3%) partecipanti hanno sviluppato polmonite come un evento avverso e 103 (1%) come un evento avverso grave durante il follow-up. Tutti i pazienti che hanno manifestato un evento avverso grave sono stati ricoverati in ospedale e tutti i decessi per polmonite sono avvenuti in ospedale. Il rischio di polmonite ha avuto alcune variazioni stagionali con picchi durante Febbraio-Aprile e Ottobre-Novembre. I pazienti con polmonite come evento avverso o evento avverso grave, rispetto ai non eventi, erano più anziani (63.2 anni vs 61.5 anni; p=0.014) e avevano un FEV1 post-broncodilatatore alla randomizzazione più basso (43.0% vs 45.6%, p=0.043).

L’insorgenza di polmonite come evento avverso o evento avverso grave è stata simile nei pazienti che avevano ricevuto budesonide per via inalatoria e il trattamento di controllo sia nell’analisi primaria che per tutta la durata dello studio. Le curve di Kaplan-Meier mostrano che il tempo all’insorgenza di polmonite come evento avverso o evento avverso grave, non differisce significativamente tra i gruppi di trattamento (log-rank test 0.94 per evento avverso, 0.61 per evento avverso grave). In confronto al gruppo di controllo, i partecipanti assegnati a ricevere budesonide per via inalatoria hanno presentato un rischio simile di polmonite come evento avverso (p = 0.71) e come evento avverso grave (p = 0.66). Il 3% (51/1880) dei pazienti con lieve o moderata COPD (stadi I e II GOLD) e il 3% (174/5158) di quelle con grave COPD (stadi III e IV GOLD) avevano sviluppato polmonite come evento avverso; la gravità di COPD non è stata significativamente associata alla polmonite come evento avverso (p = 0.19). Contrariamente, la frequenza di polmonite come evento avverso grave è stata superiore nei pazienti con grave COPD (2% [90/5158] rispetto a quelli con lieve o moderata COPD (1% [13/1880]; p = 0.0017). Solamente due variabili sono state significativamente associate all’insorgenza di polmonite come evento avverso o evento avverso grave: l’aumento dell’età e la riduzione della percentuale di FEV1 previsto. Nell’analisi di sensibilità, sono stati utilizzati differenti definizioni di polmonite come evento avverso o evento avverso grave, ma i risultati non hanno subito variazioni. Per la fase di trattamento dello studio, l’hazard ratio è stato di 1.01 (95% CI 0.77-1.33) per la polmonite come evento avverso, e 0.86 (95%CI 0.57-1.31) per polmonite come evento avverso grave. Nella fase di trattamento dello studio e fino a due mesi dopo la fine dello studio, l’hazard ratio è stato di 1.06 (95%CI 0.82-1.36) per la polmonite come evento avverso e 0.87 (95%CI 0.60-1.27) per polmonite come evento avverso grave. La percentuale dei pazienti che ha sospeso il trattamento in studio per qualsiasi ragione è stata maggiore per il gruppo di controllo rispetto al gruppo budesonide per via inalatoria (30% [n=961] vs 23% [n=877]. Complessivamente, sette pazienti sono deceduti per polmonite (quattro nel gruppo budesonide per via inalatoria e tre nel gruppi controllo).

I risultati di questo studio differiscono da quelli di meta-analisi precedenti che riportavano un aumento del rischio di polmonite come evento avverso o evento avverso grave nei pazienti con COPD trattati con corticosteroidi per via inalatoria. Sebbene la ragione di discordanza in queste ricerche sia sconosciuta, esistono alcune potenziali spiegazioni. Per prima cosa, nessuna meta-analisi ha avuto accesso ai dati inerenti alle caratteristiche dei pazienti e perciò non sono stati valutati adeguatamente o aggiustati per fattori di confondimento. Secondo, le meta-analisi precedenti avevano compreso tutti gli studi clinici controllati e randomizzati di corticosteroidi per via inalatoria, erano quindi pesantemente influenzate da studi su fluticasone e non potevano rilevare possibili differenze tra i singoli corticosteroidi. Gli autori hanno osservato che due dei più importanti segni clinici associati alla polmonite come evento avverso o evento avverso grave sono stati l’aumento dell’età e la riduzione della funzione polmonare, mentre il sesso, il fumo e l’indice di massa corporea non erano variabili significative.

Alcune limitazioni di questo studio sono state:

nessuno dei sette studi era stato disegnato con potenza statistica specifica per rilevare la polmonite e i casi registrati non erano validati con criteri clinici e radiografici ben definiti
è stato osservato un aumento della frequenza nei pazienti che si sono ritirati dallo studio nei gruppi di controllo in confronto con ai gruppi che ricevevano budesonide per via inalatoria.
L’analisi è stata focalizzata per lo più su studi che avevano una durata di 12 mesi. Pertanto gli effetti di budesonide sul rischio di polmonite nei 12 mesi precedenti il trattamento sono stati incerti.

I risultati di questo studio hanno dimostrato che budesonide non era significativamente associata ad un rischio di polmonite a 1 anno, nei pazienti con COPD e pertanto è sicura per l’uso clinico in tali pazienti.


Commento

Nell’editoriale di accompagnamento viene rilevato che la metanalisi, supera alcune delle limitazioni che hanno contraddistinto due metanalisi precedenti. Ciò è attribuibile principalmente al fatto che i dati sui pazienti hanno consentito il controllo di fattori di confondimento quali età, sintomi e funzionalità polmonare. Inoltre, nell’analisi è stato utilizzato un modello di effetti random che ha permesso di quantificare l’eterogeneità tra i vari studi. Comunque alcune limitazioni importanti nei metodi di tutti gli studi precedenti che hanno correlato polmonite acquisita in comunità e corticosteroidi per via inalatoria sono state riscontrate anche in questa metanalisi. Tutti gli studi includevano al massimo un periodo di osservazione di 1 anno mentre sarebbe auspicabile un periodo di osservazione maggiore perché variazioni stagionali incidono nella frequenza di polmonite acquisita in comunità. Un aspetto interessante è che nessuno degli studi ha richiesto l’RX toracico per valutare la diagnosi di polmonite acquisita in comunità. La sensibilità e la specificità delle variabili cliniche sono basse, e pertanto stabilire la diagnosi di polmonite acquisita in comunità sulla base delle sole osservazioni cliniche non è attendibile. In particolare, distinguere tra polmonite acquisita in comunità ed esacerbazione della COPD è molto difficile.

Alcuni studi hanno osservato un aumento del rischio di polmonite in pazienti trattati con corticosteroidi per via inalatoria senza che questo abbia effetti sulla mortalità in questi pazienti. Questi risultati suggeriscono che i corticosteroidi per via inalatoria potrebbero causare polmonite più spesso ma che tali eventi avrebbero una gravità ridotta. Altri studi osservazionali suggeriscono che il decorso della polmonite acquisita in comunità è influenzato positivamente dalla somministrazione di corticosteroidi. L’inibizione precoce di alcune citochine pro-infiammatorie giocherebbe un ruolo chiave.

Al momento non c’è ragione di modificare le linee guida attuali per l’uso di corticosteroidi per via inalatoria nel trattamento della COPD. Tuttavia per le future sperimentazioni sulla COPD sarà necessario introdurre una definizione riconosciuta di polmonite acquisita in comunità con conferma radiologica e valutare la funzionalità polmonare per facilitare il giudizio di gravità della COPD e permettere una correlazione tra gravità di malattia decorso clinico della polmonite. Il miglioramento della qualità dei dati clinici raccolti è l’unico modo per verificare adeguatamente la possibilità di un rischio di polmonite associata all’uso di corticosteroidi per via inalatoria.

Conflitto di interesse

Lo studio è stato sponsorizzato da AstraZeneca di cui alcuni autori sono dipendenti. Altri autori hanno ricevuto compensi per consulenze e altre prestazioni o fondi per ricerche da AstraZeneca e GSK, aziende produttrici di corticosteroidi per via inalatoria.

Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori

Riferimenti bibliografici

1) Don Sin D et al. Budesonide and the risk of pneumonia: a meta-analysis of individual patient data. Lancet 2009;374:712-19.

2) Welte T. Inhaled corticosteroids in COPD and the risk of pneumonia. Lancet 2009; 374: 668-9.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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