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Forame ovale pervio: pubblicati i risultati del CLOSURE
Inserito il 12 maggio 2012 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La chiusura transcatetere del forame ovale pervio in pazienti con TIA o ictus criptogenetici non ha ridotto le recidive a distanza di due anni rispetto alla terapia medica, ma forse il follow up è stato troppo breve per evidenziare differenze significative.

Una percentale non irrilevante di ictus o TIA (circa 1 paziente su 5) non sembra riconoscere apparentemente alcuna causa. Si parla allora di forme criptogenetiche.

In questi casi potrebbe giocare un ruolo un' embolizzazione a partenza da placche aterosclerotiche aortiche oppure emboli formatisi nel circolo venoso che passano, attraverso un forame ovale pervio (FO), nelle sezioni cardiache sinistre.

Ci sono studi e metanalisi che suggeriscono come il FO pervio sia un reperto frequente nei pazienti con ictus criptogenetico, mentre altri negano che si tratti di un fattore di rischio indipendente per ictus.

Dell'argomento questa testata si è già occupata in pillole precedenti citate in bibliografia e alle quali rimandiamo [1,2,3].

Vengono ora pubblicati i risultati dello studio CLOSURE I [5] che ha valutato l'utilità della chiusura transcatetere del forame ovale pervio in pazienti con pregresso TIA o ictus. Sui risultati preliminari dello studio avevamo già riferito in una pillola precedente [4].

Nel trial sono stati arruolati circa 900 pazienti con pregresso TIA o ictus senza causa apparente se non un forame ovale pervio, randomizzati a chiusura transcatetere oppure a terapia medica (ASA e/o warfarin). Dopo un follow up mediano di due anni non è riscontrata una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi per quanto riguarda le recidive di ictus o TIA (5,5% nel gruppo chirurgico e 6,8% nel gruppo medico).

La conclusione è che se si riscontra un forame ovale pervio in un paziente con pregresso TIA o ictus apparentemente idiopatici si dovrebbe, di norma, ricorrere alla terapia medica. Va notato tuttavia che il follow up del CLOSURE è stato di soli 2 anni, quindi forse troppo breve per mettere in evidenza eventuali differenze tra i due approcci.

Sicuramente ulteriori conoscenze deriveranno da due altri trial in corso: lo studio RESPECT e lo studio REDUCE.

Nel frattempo come comportarsi?
Riteniamo che sia ancora opportuno rifarsi a quanto suggeriscono le linee guida: la chiusura dovrebbe essere presa in considerazione in caso di secondo evento nonostante terapia medica ottimale oppure dopo un primo episodio in casi particolari (aneurisma del setto interatriale coesistente, shunt di grosse dimensioni e multipli eventi ischemici, coesistenza di stato trombofilico, controindicazioni gravi alla terapia antiaggregante o anticoagulante).



Renato Rossi



Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2167
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2790
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4754
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5075
5. Furlan AJ et al. Closure or medical therapy for cryptogenic stroke with patent foramen ovale. N Engl J Med 2012 Mar 15; 366:991.



Commento Di Giampaolo Collecchia

Il FOP ha avuto recentemente grande attenzione per via della sintomatologia (disartria, nausea e disturbi dell’equilibrio) manifestata dal famoso calciatore Cassano. La diagnosi è stata di “lesione ischemica cerebrale in sede talamica, da verosimile embolia paradossa attraverso l’accertata pervietà del forame ovale”. Il FOP è stato chiuso, in anestesia locale e blanda sedazione, con una protesi a doppio ombrellino, portata a livello del setto interatriale sotto guida radiologica ed ecocardiografica. Il calciatore dovrà assumere una terapia antiaggregante per i prossimi 6 mesi. Nel caso specifico il quadro clinico e la lesione erano da manuale e inoltre non vi erano altre spiegazioni oltre al FOP. La terapia di prevenzione secondaria poteva essere effettuata con un antiaggregante o un anticoagulante indefinitamente ma la chiusura percutanea è stata ritenuta più indicata, soprattutto per non precludere definitivamente l’attività agonistica dell’illustre paziente.

Referenza bibliografica

1) Il TIA di A. Cassano. L’evento ischemico cerebrale PFO – mediato e le potenziali risposte della Cardiologia Interventistica alla ribalta. Cardiologia negli Ospedali 2011; 184: 14-18





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