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Come difenderci dai prevedibili danni del prossimo DSM V
Inserito il 28 ottobre 2012 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il DMS (Diagnostic Statistical Manual of Mental Disorders) porta a una medicalizzazione della sofferenza psicologica?


Il DSM ( Diagnostic Statistical Manual of Mental Disorders ) è uno strumento utile, ancorchè limitato, che propone precisi criteri per la diagnosi dei disturbi e delle malattie mentali: i disturbi mentali vengono inseriti in distinte categorie sulla base della presenza di un certo numero di sintomi. Ad esempio secondo il DSM IV TR, attualmente in uso, per la diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore è necessaria la presenza per almeno due settimane di umore depresso e di perdita di interesse e piacere nelle proprie attività, accompagnati da almeno altri 3 sintomi tra quelli elencati nella apposita tabella ( pensieri di morte, sensi di colpa eccessivi,perdita di energia, insonnia od ipersonnia ecc).

La prima edizione del DSM risale al 1952; la prima edizione italiana traduceva il DSM III° e comparve nel 1980. Nel 1994 venne pubblicato il DSM IV°, la cui edizione revisionata DSM IV° TR, tuttora in uso, fu pubblicata nel 2000 e subito tradotta in Italiano. Da alcuni anni un gruppo di lavoro internazionale sta lavorando alla V° edizione, dapprima prevista per il 2012,quindi rinviata a maggio 2013. Il DSM V° detiene un poco invidiabile primato: ha collezionato un considerevole numero di critiche, non sopite dalle parziali modifiche e dai rinvii.

Una critica di fondo da sempre avanzata nei confronti dei vari DSM è che la visione di fondo dei manuali è una visione riduzionistica : i disturbi mentali vengono suddivisi in categorie diverse l’una dall’altra ( approccio categoriale) in base alla presenza contemporanea di una serie di sintomi più spesso presentati da questi pazienti.
Secondo la principale corrente di pensiero alternativa, nei DSM verrebbe ignorato l’approccio “ dimensionale” della psichiatria psicodinamica [1], che considera i disturbi mentali quali manifestazioni sintomatiche di conflitti più profondi e dei meccanismi di difesa posti in atto contro la sofferenza psichica: in questo ultimo approccio non esiste la malattia mentale ma l’individuo sofferente, che in momenti diversi del proprio percorso vitale può manifestare sintomi psichici inquadrabili in diverse “ malattie”.

Una inquietante conseguenza dell’approccio categoriale dei DSM è che applicando i criteri in uso, i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) rilevano come il 25% della popolazione americana soffra di disturbi psichici [2], come nello stato del North Carolina il 15% dei bambini sembrino presentare un disturbo della attenzione con iperattività [3], e come il disturbo bipolare, sempre nei bambini, si sia moltiplicato di 40 volte in un decennio [4].
Il DSM V sembra proseguire in questo inquietante processo di psichiatrizzazione della sofferenza psicologica: una delle novità più avversate è quella di classificare come patologica una reazione depressiva da lutto se questa dura più di 2 settimane.
Un'altra sconcertante novità è quella di creare la “sindrome da psicosi attenuata” ove saranno inquadrate persone con sintomi psicotici attenuati, considerati tuttavia ad alto rischio di sviluppare una psicosi: questa nuova sindrome non è a parere di molti giustificata visto che un recente studio epidemiologico ha dimostrato che solo il 8% di questi pazienti svilupperà una psicosi [5].

Una ulteriore significativa novità, anche questa riguardante bambini ed adolescenti, è che viene creato il “disturbo dell'umore distruttivo” i cui criteri diagnostici sono 3 attacchi di collera alla settimana ed uno stato persistente di irritabiltà, rabbia e negativismo. Sorge spontanea la domanda di quale sarà la sorte dei giovani etichettati con queste caratteristiche.
Inoltre, la definizione di disturbo della attenzione con iperattività viene resa più ampia, con il rischio di aumentare ulteriormente la già frequente diagnosi.

Come spiegare queste sconcertanti decisioni ?
Da un lato vi è certamente un fattore culturale: una oligarchia di psichiatri è convinta di detenere le chiavi della conoscenza delle profondità della psiche e non esita a psichiatrizzare anche situazioni di sofferenza che forse sono solo varianti della normalità [6].
Da un altro punto di vista, ahinoi, come ci svela il benemerito sito PloS Medicine, ben il 75% degli autori del DSM V° dichiarano un conflitto di interessi con aziende farmaceutiche [7]. Lascio al lettore ulteriori riflessioni...


Riccardo De Gobbi


Bibliografia

1) Gabbard G.: Psichiatria Psicodinamica. Raffaello Cortina Ed. 2007

2) Centers for Disease Control and Prevention. CDC mental illness surveillance. http://www.cdc.gov/mentalhealthsurveillance

3) Centers for Disease Control and Prevention. Attention-deficit/hyperactivity disorder: data and statistics. http://www.cdc.gov/ncbddd/adhd/data.html

4) Moreno C, Laje G, Blanco C, Jiang H, Schmidt AB, Olfson M.: National trends in the outpatient diagnosis and treatment of bipolar disorder in youth. Arch Gen Psychiatry 2007;64:1032-9.

5) Morrison AP, French P, Stewart SLK, Birchwood M, Fowler D, Gumley AI, et al.: Early detection and intervention evaluation for people at risk of psychosis: multisite randomised controlled trial. BMJ 2012;344:e2233.

6) Spence D.: The psychiatric oligarchs who medicalise normality. BMJ 2012;344:e3135

7) Cosgrove L, Krimsky S. A comparison of DSM-IV and DSM-5 panel members’ financial associations with industry: a pernicious problem persists. PLoS Med 2012;9(3):e1001190.




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