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Carni rosse processate e tumori: allarmismo giustificato??
Inserito il 01 novembre 2015 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una metanalisi dello IARC suggerisce che il consumo di almeno 50 grammi di carni rosse processate al giorno è associato ad un aumento del rischio di cancro del colon del 18%.
Ma l'allarmismo diffuso che ha suscitato la notiza è davvero giustificato?


Lo IARC (International Agency for Research on Cancer), organismo dell'OMS, ha pubblicato online su Lancet Oncology una corposa analisi della letteratura per determinare il rischio oncologico della carne rossa e della carne rossa processata (cioè carne rossa sottoposta a processi di lavorazione per la conservazione, come per esempio salumi, salsicce, insaccati, etc.).

Le conclusioni di questa imponente analisi (circa 800 studi) si possono così riassumere:

1) la carne rossa è un probabile agente cancerogeno (gruppo 2A)

2) la carne rossa processata è un agente cancerogeno (classe 1)


L'associazione tra consumo di carne rossa processata e tumori è risultata soprattutto per i tumori del colon, mentre è più debole l'associazione per altri tumori intestinali (stomaco), per il tumore del pancreas e della prostata.

Gli autori citano una metanalisi di 10 studi di coorte secondo la quale il comsumo di almeno 100 grammi di carne rossa al giorno è associato ad un aumento del 17% di cancro del colon (95%CI 1.05-1,31), mentre il consumo di almeno 50 grammi al giorno di carne rossa processata è associata ad un aumento di cancro del colon del 18% (95%CI 1,10 - 1,28).

La pubblicazione del rapporto dello IARC è stata ampiamente rilanciata dalla stampa e dai mezzi radiotelevisivi di tutto il mondo, ma bisogna dire che non si tratta di una novità in senso assoluto perchè il dato era già noto. Citando Shakespeare si potrebbe quasi dire: molto rumore per nulla.

Chi scrive avanza, comunque, alcune considerazioni generali di tipo metodologico.

Anzitutto la metanalisi dello IARC ha preso in considerazione studi di tipo osservazionale e non studi randomizzati e controllati. Chi segue questa testata sa quali sono i punti deboli di questo tipo di studi. Ovviamente nel caso in esame non sono ipotizzabili studi di tipo randomizzato e controllato per cui è giocoforza basarsi solo sui risultati degli studi osservazionali. Tuttavia sappiamo che questi studi possono essere gravati da vari tipi di distorsioni (bias).

Per esempio il dato sul consumo di carne veniva raccolto basandosi su interviste o su questionari, senza possibilità di controllo da parte degli autori. E' noto che in questo tipo di raccolta dati si può avere il cosiddetto "recall bias" o bias dei ricordi.

Inoltre va sottolineato che non trattandosi di studi randomizzati e controllati vi è sempre il rischio di incorrere nel "bias di selezione": i soggetti che consumano più carne possono non essere confrontabili con quelli che non consumano carne rossa o ne consumano poca. Per esempio potrebbero avere altri fattori di rischio oncologico noti e non noti (fumo, dieta povera in vegetali, etc).
Per scongiurare il bias di selezione degli studi osservazionali gli autori adottano particolari tecniche statistiche per eliminare o ridurre i fattori di confondimento, ma non si può mai avere la certezza matematica che questi non giochino comunque un qualche ruolo nell'alterare i risultati dell'analisi.

Infine va ricordato che gli studi osservazionali provano che vi è una associazione tra un determinato parametro (in questo caso consumo di carne rossa) e un determinato evento (in questo caso una neoplasia del colon). Tuttavia più complicato è dire se l'associazione trovata sia davvero di tipo causale. Secondo Richard Doll (epidemiologo inglese) negli studi osservazionali una associazione di tipo causale si può affermare con una probabilità elevata quando il rischio relativo (o l'odds ratio) è compreso tra 5,0 e 10,0 mentre è molto elevata se è superiore a 10.
Per valori compresi tra 2,0 e 5,0 l'attendibilità che l'associazione sia di tipo causale è debole-moderata, per valori compresi tra 1,5 e 2,0 siamo nel regno dell'incertezza e per valori compresi tra 1,0 e 1,5 l'incertezza è ancora maggiore e il risultato può essere semplicemente un gioco del caso. Si osservi che il rischio dell'associazione tra cancro del colon e carni rosse o carni rosse processate è, secondo la metanalisi citata dallo IARC, sempre inferiore a 1,5 [vedi a proposito di questo problema la voce bigliografica 2].
Quanto suggerito da Doll ha probabilmente un intento provocatorio in quanto è molto difficile imbattersi in studi in cui il rischio sia così elevato, ma la provocazione ha, a nostro avviso, lo scopo di richiamare alla cautela quando si afferma una relazione di tipo causa-effetto in associazioni evidenziate dagli studi osservazionali, proprio per la difficoltà intrinseca di giudicare questi studi.

Come concludere?

Gli studi presi in considerazione dallo IARC portano a dimostrare una associazione tra consumo di carni rosse e certi tipi di tumore, però riteniamo che il dato andrebbe considerato con una certa precauzione proprio per le motivazioni di tipo metodologico esposte sopra. Per questa ragione secondo chi scrive sarebbe prudente evitare allarmismi esagerati.

Quale il messaggio per il medico pratico? Come sempre la virtù sta nel mezzo: continuiamo a consigliare ai nostri pazienti una sana dieta mediterranea bilanciata nelle sue componenti che, oltre ai cereali, ai legumi, alle carni bianche, al pesce e ai vegetali, può prevedere anche un consumo oculato di carni rosse.



Renato Rossi


Bibliografia

1. Bouvard V et al. on behalf of the International Agency for Research on Cancer Monograph Working Group. Lancet Oncology. Pubblicato online il 26 ottobre 2015.

2 http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3008



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