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ANALISI COMPARATA SULLE TEMATICHE DELL’AIDS NELL’AMBITO DEL LAVORO IN EUROPA
Inserito il 30 luglio 1999 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



La normativa che vige nei diversi Stati Europei a proposito dei soggetti affetti da AIDS e del loro inserimento nel mondo del lavoro e’ molto varia, e risente in modo diverso delle opposte richieste di tutela del singolo smalato e della tutela degli altri soggetti presenti sul luogo di lavoro.
AUSTRIA: non e’ previsto alcun test per l’assunzione o per mansioni determinate.
BELGIO: nessuna normativa specifica che preveda il test dell’HIV ma nemmeno una normativa che lo vieti. Sta pertanto alla discrezione del medico del lavoro stabilire se sia necessario un test per specifiche mansioni lavorative. I lavoratori sieropositivi non hanno l’obbligo di informare il datore di lavoro del loro stato di salute.
DANIMARCA: e’ compito del datore di lavoro garantire che l’ambiente lavorativo non comporti rischi di contagio per cui deve fornire informazioni sugli eventuali rischi che i lavoratori possono correre; sono stati emanati dei consigli per gli operatori sanitari per evitare i rischi di contagio.
FINLANDIA: una donna gravida non puo’ essere esposta per ragioni di lavoro a fattori di rischio compresi tra i fattori biologici.
FRANCIA: il sieropositivo asintomatico non viene considerato a rischio e mantiene le sue mansioni. Per coloro che manifestano segni di deficit immunitario la situazione varia da individuo a individuo: nei periodi di remissione possono comunque lavorare. Per i casi di AIDS conclamato i medici esprimeranno il proprio parere motivato in merito alla compatibilita’ con mansionario specifico. E’ fatto espresso divieto imporre il test all’atto dell’assunzione al lavoro. E’ prevista una pena detentiva e/o pecuniaria per i datori di lavoro che rifiutino impiegare o licenzino un dipendente in ragione del suo stato di salute, salvo manifesta incapacita’ testata da un medico del lavoro.
GERMANIA: il personale infetto da HIV puo’ esercitare la sua professione, tuttavia si deve decidere nel singolo caso se sia compatibile con particolari mansioni. In barriera il test obbligatorio per l’assunzione nei servizi pubblici amministrativi e giudiziari oltre che nel servizio medico di polizia.
ITALIA: e’ considerato un reato per il datore di lavoro, pubblico o privato, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti l’esistenza di uno stato di sieropositivita’.
OLANDA: non esiste una normativa specifica in materia di lavoro. Una serie di linee guida consigliano: non introdurre test di routine per l’assunzione, limitare l’esame medico riguardante l’HIV solo per le mansione che possono essere a rischio per il soggetto, non considerare la sieropositivita’ all’interno delle procedure di assunzione (tuttavia se il soggetto che deve essere assunto ha sviluppato una malattia AIDS correlata dovrebbe informare il datore di lavoro). La sieropositivita’ non e’ ragione per un licenziamento.
POLONIA: il lavoratore infetto sospettato tale deve essere trasferito ad altra mansione. In caso di rifiuto e’ previsto il licenziamento.
SPAGNA: una risoluzione della Catalogna prevede che nessun lavoratore possa essere discriminato in ragione dell’infezione da HIV ne debba essere forzata a rivelare al proprio datore di lavoro l’infezione.
SVEZIA: qualunque forma di discriminazione nell’ambiente di lavoro e’ da evitare perche’ porta nocumento alla resa sul lavoro; non e’ prevista alcuna forma di screening obbligatorio per i lavoratori perche’ inutile e dispendioso.
O.M.S: l’infezione da HIV e l’AIDS non devono essere causa di discriminazione sul luogo di lavoro ne per l’assunzione ne per il licenziamento. Devono essere rispettati i diritti umani e il principio di confidenzialita’ nei confronti del lavoratore e di chi deve essere assunto.
C.E.E.: e’ consigliata l’ adozione di politiche di informazione sul posto di lavoro. E’ sconsigliata l’applicazione di screening all’atto dell’assunzione. Il dipendente sieropositivo va salvaguardato nel suo diritto alla riservatezza, alla non discriminazione e al lavoro nelle migliori condizioni possibili compatibilmente alla malattia.
Cattorini P. “Zacchia” 3, 1994 riportato su “Rivista Italiana di Medicina Legale” n.6, pag. 939 – Dicembre 1998

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