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IL PALLINARO
Inserito il 13 gennaio 2023 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Pure a Collerotto, piano piano, arriva la modernità. Arriva piano piano, e la borgata resta sempre un passo indietro ai quartieri periferici più famosi. Però pure Collerotto continuava ad esistere, e le novità arrivavano pure lì.
Nel caso specifico erano travestite da Sala Bingo.

A dire la verità la sala era stata allestita in un vecchio capannone abbandonato, un po’ fuori del quartiere, però aveva aumentato sensibilmente il traffico e il giro di soldi.
Don Bartolo si disperava, perché quella sala costituiva un’ attrazione irresistibile per tanti anziani (e soprattutto anziane) che speravano sempre di arrotondare la pensione sociale con qualche vittoria al gioco. Qualche volta effettivamente succedeva, ma per la maggior parte delle volte non c’era altro risultato che un aumento della fila di quelli che andavano ad elemosinare un pasto alla parrocchia.

Ciascuno aveva il suo gioco preferito: i più anziani preferivano il bingo che, somigliando tanto alla tombola, li faceva sentire esperti e navigati. I giovani preferivano le slot-machine che però, con la velocità con cui incameravano i soldi, avevano lo spiacevole effetto collaterale di lasciare a secco in breve tempo i giocatori e, di conseguenza, aumentare il numero di furti e di piccole rapine finalizzate a racimolare i soldi per la prossima giocata.

Poi si sparse la voce del Pallinaro.

Si sparse improvvisamente, perché uno dei dirigenti della sala, in uno slancio affettivo verso le Canarine, aveva rivelato a Barbie la “Fatalona” le sue preoccupazioni: la sala Bingo forse sarebbe stata costretta a chiudere e a trasferirsi altrove: erano a rischio di fallimento perché qualcuno (un misterioso giocatore che giocava alle Palline) la stava prosciugando.
Lui allora non lo sapeva, ma la causa di tutto era Carletto “Il Matematico”.

Carletto era un ragazzone ritenuto da tutti un po’ ritardato. Come Dustin Hoffman nel famoso “Rain Man” aveva una memoria ed una capacità prodigiosa coi numeri ma per il resto era spaesato e con la testa sempre fuori dal mondo. Da ragazzino la gente giocava con lui facendogli fare a mente astrusi calcoli matematici o facendogli calcolare le probabilità di questo o quell’ evento. Ora, più adulto, campava tenendo (rigorosamente in nero e quindi sottoprezzo) i conti per alcuni negozi di zona e preparando loro le dichiarazioni fiscali, famose perché sempre precise e a prova di qualsiasi contestazione.

Bé, voi conoscete le donne: Barbie, pur col mestiere che faceva sempre femmina era, e quindi sempre curiosa dei fatti altrui e capace di rigirare i maschietti a suo piacimento. Una volta, avendo intercettato il Matematico in una delle sue periodiche visite in Via delle Canarine, si era affezionata, se lo era accaparrato e, con subdole arti femminili, lo aveva fatto parlare dei fatti suoi..
Non credette alle sue orecchie quando capì che quel ragazzotto un po’ tardo era il famoso Pallinaro e che vantava con la sala Bingo un credito di quasi centomila euro!

Ma sì, le spiegò (o cercò di farlo il Matematico): lui giocava per divertimento esclusivamente alle Palline, una specie di Tombola in cui il computer estraeva a sorte una pallina numerata: il giocatore poteva puntare sul numero, sul pari-o-dispari, sull’ accoppiata col numero successivo e così via. Naturalmente il programma del computer era “tarato” in modo che il banco avesse le maggiori probabilità, però per legge dovevano esserci probabilità di vittoria anche per il giocatore, pure se minori. Così lui, sapendo che le palline non si muovevano realmente a caso ma secondo regole matematiche stabilite dai programmatori, si piazzava davanti allo schermo, faceva misteriosi calcoli mentali e ogni tanto piazzava, anonimamente, una giocata che era invariabilmente vincente.

La vincita era proporzionata alla giocata, per cui generalmente non vinceva grandissime somme però accumulandosi giorno per giorno, era arrivato a una cifra considerevole.
I soldi rimanevano nella cassa della società, potevano essere ritirati o usati per giocare ancora. Lui non avvertiva bisogni particolari, e li lasciva lì in cassa.
Sui monitor della casa erano visibili in tempo reale, anonimamente, le vincite più importanti (era una buona pubblicità far sapere che lì si poteva vincere bene). A quel punto nella sala Bingo si era sparsa la voce di questo misterioso giocatore, che ormai tutti chiamavano Er Pallinaro, che non sbagliava mai una puntata.
La sala, aveva rivelato l’ impiegato alla Barbie, era ancora in grado di reggere la perdita ma se il misterioso giocatore fosse andato avanti li avrebbe messi in gravi difficoltà.

Così Barbie, che di tutto l’ evento aveva capito solo che si poteva vincere un sacco di soldi, aveva cominciato a pressare Carletto perchè aumentasse le poste e la frequenza delle giocate.

La voce dilagò poi per tutta la borgata e anche da fuori cominciarono ad arrivare misteriosi individui interessatissimi al problema. Tutti cercavano di scoprire chi fosse il Pallinaro, chi per impadronirsi della sua tecnica, chi per imitarlo nelle giocate, e chi (pagato dalla Sala) per sabotarlo e impedirgli di vincere ancora. Siccome però le giocate erano anonime e le estrazioni erano troppo veloci, gli altri giocatori riuscivano solo a seguire dall’ esterno la curva ascendente delle vincite del Pallinaro il quale, con Barbie che gli si strofinava addosso e che aggiungeva un premio extra alle giocate vincenti, non aveva proprio intenzione di mollare.

Le vincite si avvicinavano minacciosamente al mezzo milione di euro, i gestori della sala erano nel panico, giravano con aria smarrita e disperata. Già si parlava di licenziamenti, chiusure, disoccupazione.
Avevano interpellato gli addetti ai programmi informatici ma anche loro non riuscivano a cavare un ragno dal buco. Non che fossero dei geni: per risparmiare erano stati assunti per lo più elementi non di primo piano e probabilmente neanche di secondo piano.
Intanto il misterioso Pallinaro continuava ad accumulare vincite che superavano ormai i tre quarti di milione.

La sala rimaneva aperta solo perché la vincita non era stata ritirata, altrimenti avrebbero dovuto dichiarare fallimento. Ma ciò che sconvolgeva tutti quanti era il problema cruciale: come era possibile tutto ciò? E se anche altri avessero capito il trucco? E soprattutto, cosa si può fare per rimediare?

Fu allora, forse stimolato dal timore di perdere il posto, che qualche informatico locale ebbe un colpo di genio: l’ estrazione dei numeri non era veramente casuale ma era basata su calcoli che avevano come base delle tabelle statistiche di numeri definiti sì “casuali” e scelti in base a complicate regole matematiche ma in realtà predeterminati.
Perciò gli informatici avevano cercato di rimediare al difetto modificando inutilmente il programma del gioco, poi avevano pensato che invece l’errore risiedesse nelle tabelle di base.

A quel punto pensarono di sostituirle o modificarle in base a metodiche magari poco ortodosse ma il più possibile veramente casuali e non prevedibili. Lasciando intatti i programmi le percentuali di vincite rimanevano quelle stabilite dalla legge, ma il misterioso Pallinaro avrebbe dovuto aggiornare, magari più volte, la base dei suoi calcoli.
Ci furono proposte incredibili: facciamo mescolare le tabelle dal mio nipotino, no, estraiamo manualmente i numeri col vecchio sistema della Tombola, no, chiediamo a un collega esterno un numero casuale con cui scegliere le tabelle da usare, no, usiamo quel programma russo che gira su Internet…
Dopo lunghe discussioni e tentativi sperimentali segretissimi si scelse un metodo che speravano desse più affidamento e che potesse confondere il supercomputer di cui certamente si serviva il Pallinaro.
E così provarono, e quando non funzionò, riprovarono.

Un giorno il pubblico si accorse con stupore che il Pallinaro aveva sbagliato due puntate, poi ne aveva vinta una terza per poi perdere ancora. La curva, che ormai saliva inarrestabilmente, si era appiattita e anzi sembrava che ci fosse stata una perdita, di pochi euro però innegabile.

I gestori del Bingo ripresero a respirare più a fondo, ripresero un’ aria più umana e a giravano con un accenno di sorriso sulle labbra. Solo un accenno, però, perché se il Pallinaro avesse deciso di ritirare la vincita sarebbe stati problemi gravissimi.
Ma loro sapevano come ragionavano i giocatori incalliti, e si presero il lusso di un po’ di ottimismo.

In effetti le cose proseguirono come avevano sperato: il Pallinaro con l’ intento di recuperare le perdite alzava sempre di più la posta e siccome ora perdeva più volte di quanto vincesse, il gruzzolo in cassa si mise a scendere sensibilmente, prima piano, poi quasi a precipizio.
“ Ma perché non prende i soldi e se ne va?” Chiedevano increduli e disperati quelli che dall’ esterno seguivano l’ epica battaglia.
“Il solito giocatore compulsivo - commentavano tra loro i gestori - Fanno sempre così, non riescono a smettere. Quando il gruzzolo cala, a loro sembra di stare in perdita, non si accontentano più della vincita rimanente, devono recuperare la “perdita”! ”
“ È l’ avidità che lo sta fregando – sentenziavano altri – non gli basta più vincere 300.000 euro quando si ricorda che prima ne vinceva novecento” .

Ciò che nessuno sapeva è che il povero Matematico continuava a giocare come una macchina guidata da un conducente ubriaco, e che in quel caso il conducente si chiamava Barbie.
“Hai perso anche stavolta! – ringhiava lei – ma come è possibile? Riprendi a giocare come facevi prima! E aumenta la posta, così ci rifacciamo!”. E il Pallinaro obbediva senza fiatare, e perdeva.

Insomma, la cosa non andò avanti per molto: in pochi giorni il Pallinaro discese la classifica dei maggiori vincitori e a un certo punto, quando uscì perfino dalla classifica dei Top-Ten i gestori della sala esultarono mentre i due giocatori si staccarono mesti e depressi dallo schermo.

Fu allora, dicono, che Barbie, guardando il povero Matematico che la fissava disperato e in lacrime, si rese conto di come il suo intervento avesse trascinato quel tranquillo ragazzo a perdere quasi tutto ciò che aveva guadagnato e che gli avrebbe consentito forse di cambiare vita.
E siccome anche Barbie, come già detto, era un essere umano, e siccome si era affezionata a quel ragazzaccio tontolone ma che le voleva tanto bene, qualcosa sembrò cambiare dentro di lei.

“ Caspita! – disse guardandolo con occhio un po’ diverso – È la prima volta che un uomo getta via un milione di euro per me!”
“Io vorrei soltanto vivere con te” riuscì a balbettare il Matematico.

Barbie ci rifletté sopra. La cosa aveva lasciato il segno anche in lei: si era resa conto del fallimento del suo progetto sul facile arricchimento basato sulle furberie e, stordita, cercava di rendersi conto di cosa poteva riservarle adesso il futuro.

L’ unica cosa che le era rimasta dopo l’ ubriacatura milionaria era quel poco avanzato a Carletto e il gruzzoletto personale che aveva precedentemente messo da parte con la sua attività. E quei soldi non sarebbero durati all’ infinito.

E poi? Lei cominciava ad essere stanca di quella vita, e l’ età avanzava. Per quanto tempo avrebbe potuto continuare? E con chi avrebbe passato poi il resto della sua vita?

Certo, avrebbe potuto restare con Carletto, quel bambinone che la stava guardando con aria adorante e aspettava con angoscia una sua decisione. Con i suoi soldi avrebbe potuto aiutarlo a tirare avanti (Come è buffa la vita – pensò – Invece di farsi pagare stava progettando di pagare Carletto! ) però non potevano durare per sempre, e non avrebbero potuto condurre una vita agiata come lei sognava da tanto tempo.

A quel punto, in un lampo di incredulità, Barbie la Fatalona scoprì improvvisamente in sé una oculata donna d’affari: quanto avrebbe pagato la società del Bingo (l’ Azienda Madre, quella nazionale, non la saletta della borgata) per avere tra i suoi dipendenti quel Pallinaro che era stato lì lì per farli chiudere? Sicuramente lei era in grado di proporlo e valorizzarlo: lo avrebbero considerato utilissimo sia per individuare truffe, imbrogli o altri malfunzionamenti ma anche per tenerlo, bloccato per contratto, lontano dalle loro sale-giochi.

Sarebbe diventata la sua manager, e anche lei avrebbe potuto finalmente cambiare vita, mettersi in pensione (o a riposo, o comunque si volesse dire) e passare una vita tranquilla e agiata assieme a quel ragazzotto che le aveva dimostrato di voler fare tutto per lei. Era pure stufa di uomini anziani, o furbastri, o ipocriti che la corteggiavano ma che sotto sotto la disprezzavano.

“ Bè, Carlè, non mi sembra un’ idea tanto malvagia. Vorrei smettere di lavorare, pensi che potremo continuare a volerci bene?”
Le bastò guardare quello sguardo raggiante per sentirsi sciogliere il cuore che, come scoprì con un po’ di stupore, non era proprio di pietra, come aveva sempre sostenuto.

Le Canarine stavano per perdere una loro Regina.


Daniele Zamperini – 2020 - Noi, quelli del Bar dello Zozzo

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