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MEDICINA di GRUPPO:Pillola n.3 I Rapporti tra i Colleghi
Inserito il 17 dicembre 2023 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

( Si consiglia la lettura delle pillole precedenti...)

l rapporto tra medici è regolato dagli articoli 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63 del codice deontologico. Riteniamo utile riportare in breve quanto previsto.
L'articolo 57 prevede che il rapporto deve esse ispirato dal rispetto e in caso di opinioni differenti si deve sempre adottare un comportamento civile di confronto. Un medico deve assistere un collega recuperando solo le spese sostenute e deve essere solidale con i colleghi ingiustamente accusati.
L'articolo 58 prevede che un medico che presti la sua opera verso un paziente in cura presso un altro medico deve comunicare al curante (o ad altro medico indicato dal paziente) le sue valutazioni cliniche comprensive di diagnosi e terapia. Si tratta di situazioni molto frequenti nella pratica (per esempio quando un paziente si reca in PS oppure viene ricoverato o, ancora, quando usufruisce di una consulenza specialistica). La relazione clinica dovrebbe essere esauriente, scritta con calligrafia leggibile (preferibilmente a macchina o con il PC), dovrebbe indicare le eventuali terapie suggerite e gli esami di follow-up.
L’articolo 59 norma le consulenze. Quando il medico curante richiede un consulto deve esplicitare chiaramente il quesito diagnostico e l’eventuale sospetto clinico, allegando, se necessario, tutte le informazioni necessarie per permettere al consulente di rispondere compiutamente alle domande poste (accertamenti eseguiti, altre consulenze). Se il paziente richiede una consulenza contro il parere del medico curante costui deve fornire, comunque, tutte le informazioni necessarie.
Nel caso vi siano opinione diverse tra consulente e medico curante (articolo 60) deve sempre essere rispettata la dignità di entrambi. Quindi vanno evitati giudizi negativi, meno che mai vanno espressi in presenza del paziente. Il medico curante è comunque responsabile del trattamento e quindi può o meno seguire le indicazioni del consulente. È opportuno, in caso di disaccordo sulla diagnosi e/o sulla terapia fornire al paziente una spiegazione chiara ed esauriente dei motivi della divergenza ed eventualmente proporre un altro consulto.
L’articolo 61 regola le supplenze: il medico che effettua una sostituzione deve al termine ragguagliare il curante sugli aspetti clinici in modo da permettere una continuità di cura.
Gli articoli 62 e 63 regolano i rapporti tra curante e medico ospedaliero: tra le due figure deve esserci rispetto reciproco, scambio di informazioni e collaborazione. In nessun caso la condotta tra le due figure deve mancare del necessario rispetto professionale e i giudizi espressi non devono essere lesivi della reputazione di ognuno. In altre parole il medico ospedaliero non deve esprimere giudizi negativi rispetto all’opera del curante e viceversa.

Al di là di queste regole scritte, le relazioni tra i colleghi dovrebbero essere improntate alle norme comportamentali auspicabili tra tutti gli esseri umani in genere: comprensione e rispetto reciproco, il che presuppone educazione e sensibilità.
Sfortunatamente non è scontato che un grande medico sia anche un grande uomo. La storia dimostra che anche tra i premi Nobel non sono mancate miserie umane pur di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento, nascondendo o sottostimando contributi essenziali di loro collaboratori. Non c’è da stupirsi, quindi, se le debolezze e le meschinità dell’animo umano possano manifestarsi anche tra medici.
Manifestazioni di un debordante superego fanno ancora più male in campo medico perché, al di là dei codici e delle norme, non bisogna mai dimenticarsi che quello che conta è il bene del paziente e comportamenti simili potrebbero essere dannosi per lui.
Il confronto tra medici non è una gara tra competitori per dimostrare chi ha ragione o chi è più bravo, ma un’azione volta a ottenere il massimo beneficio per una persona che soffre.

In questo senso sono censurabili alcuni atteggiamenti basati su una presunta autorevolezza che, in realtà, è solo autorità gerarchica. Allo stesso modo non sono consoni all’arte medica comportamenti come il fregiarsi di titoli basati sulla “esperienza” eretta a virtù prevalente. Ammonivano i grandi maestri che vi possono essere giovani medici dotati di occhio clinico e altri con tutti i capelli bianchi che ancora non lo possiedono.
Inoltre altri fattori entrano in gioco: chi ha visto il film clinico del paziente dal primo fotogramma potrebbe essere molto più facilitato nello scoprire l’assassino (malattia) rispetto a chi si è seduto in sala a metà del secondo tempo. Tuttavia a volte si verifica proprio il contrario: chi ha seguito il paziente dall’inizio potrebbe sottostimare sintomi e segni lentamente sviluppatisi, rispetto a chi li osserva per la prima volta.
In ogni caso è assolutamente fuori luogo criticare “ex post” colleghi che hanno preso certe decisioni in un determinato momento storico, valutando i dati clinici come si manifestavano in quel contesto. L’umiltà deve permeare i comportamenti del medico sia nei confronti dei colleghi sia rispetto a una scienza che non è mai esatta perché influenzata dalla variabilità individuale del malato e delle manifestazioni cliniche e dalla imprevedibilità della risposta terapeutica.

La moderna medicina è caratterizzata da una spiccata parcellizzazione specialistica, certamente utile per la gestione di problemi specifici e complessi. Si tratta di un’evoluzione inevitabile e necessaria. Non sarebbe neppure pensabile oggi un medico che sia in grado di effettuare una coronarografia e contemporaneamente di leggere correttamente una risonanza magnetica o una tomografia computerizzata e di effettuare un intervento di chirurgia endoscopica rinosinusale.
Va considerato, però, che un paziente non è un insieme di organi, ma una persona in cui gli organi interagiscono tra loro in maniera complessa e si influenzano a vicenda (basti pensare alle complicate relazioni, mediate da numerosi neurotrasmettitori, che esistono tra corpo e psiche). Ignorare questa realtà può essere fuorviante: si può credere di risolvere il problema del paziente guardandolo con la lente parziale della segmentazione specialistica e ignorando il resto (il palcoscenico clinico).
Con l’aumento dell’età media della popolazione è sempre più frequente incontrare pazienti con più comorbilità. Non raramente una terapia proposta per una patologia trova controindicazioni in un’altra patologia coesistente.
L’arte del compromesso, da trovare per ogni singolo paziente, valutando i vari fattori in gioco, sta diventando la vera sfida della medicina moderna e, a nostro parere, può essere espressa al meglio solo da chi non ha perso la visione complessiva del malato come organismo e come persona.

Concludendo ricordiamo che:

1) Il gruppo non è mai una semplice somma di individui: le medicine di gruppo non sono una semplice unione di professionisti ma piuttosto una nuova entità nella quale i singoli medici possono sentirsi valorizzati e gratificati ma anche frustrati o perfino sfruttati.
2) Uno dei requisiti fondamentali per un buon funzionamento di un gruppo è la condivisione non solo razionale ma anche emozionale degli obiettivi del gruppo; la esperienza delle medicine di gruppo integrate nella Regione Veneto dimostra che i gruppi che si costituirono con l’obiettivo di lavorare meglio ottennero migliori risultati lavorando di fatto meno e spesso guadagnando anche di più rispetto a chi non lavora in gruppo.
3) Gli esperti della psicologia dei gruppi ci insegnano che nei gruppi talora possono nascere sentimenti negativi( invidia, rancore, rabbia,aggressività, ecc) che si accompagnano a comportamenti scorretti ( egocentrismo, ipocrisia,manipolazione, sfruttamento degli altri..)
4) La insorgenza di sentimenti e comportamenti negativi può essere in larga parte prevenuta se i componenti del gruppo fin dai primi incontri si attengono ad alcuni principi fondamentali nella dinamica dei gruppi:
a) Ognuno di noi è tenuto a rispettare gli altri, riconoscendone capacità e valore e tollerandone, magari con critiche costruttive, difetti ed errori; ovviamente ognuno di noi ha il diritto di essere rispettato e riconosciuto nelle proprie capacità dagli altri.
b) La comunicazione all’interno del gruppo deve essere il più possibile chiara ed esplicita ma mai offensiva.
c) I problemi che inevitabilmente si presenteranno vanno affrontati in incontri nei quali siano presenti tutti gli interessati e nei quali venga individuato quanto prima un coordinatore che si attenga ai principi di razionalità, rispetto, tolleranza e critica costruttiva nella analisi dei problemi e nella ricerca di soluzioni.





Daniele Zamperini,Riccardo De Gobbi, Giampaolo Collecchia, Roberto Fassina, Giuseppe Ressa,Renato Luigi Rossi



Per Approfondimenti e Bibliografia consultare:


http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/medicina-e-salute/666455/guida-alla-professione-di-medico/





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