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MEDICI SI NASCE o SI DIVENTA?
Inserito il 07 gennaio 2024 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Seconda parte: EMPATIA E STILE COMUNICATIVO
(La prima parte è stata pubblicata il 1/1/2024)


La Empatia

Empatia deriva dal greco “empathos” che significa “sentire dentro”. È una soft skill essenziale per poter costruire un rapporto interpersonale gratificante e proficuo. Grazie all’empatia riusciamo a capire meglio e a identificarci con l’altro, a non vederlo solo come paziente ma come una persona con le sue credenze, i propri valori di vita, le proprie speranze, i timori, le emozioni.
Secondo una teoria neurobiologica l’empatia sarebbe possibile grazie all’esistenza dei neuroni specchio: se si riesce a rivivere mentalmente le stesse esperienze del paziente si attivano delle aree cerebrali che sarebbero coinvolte se noi in prima persona vivessimo quelle esperienze. L’ipotesi dei neuroni specchio prevede, in pratica, una sorta di simulazione nel nostro vissuto mentale di quanto viene vissuto dall’altro. (...L’empatia è stata oggetto di numerose analisi ed esistono altre teorie, nessuna delle quali è stata dimostrata...).
Grazie all’empatia il paziente si sentirà portato ad aprirsi con noi e ci permetterà di entrare, in qualche modo, nel suo mondo interiore, nei suoi pensieri e sentimenti. L’empatia ci induce a non esprimere giudizi, a cercare di comprendere il punto di vista dell’altro senza però rinunciare al proprio.
Per esempio il paziente potrebbe riferire che ha notato che i suoi sintomi migliorano con l’assunzione di un rimedio omeopatico consigliatogli da un amico. Rispondere che questo tipo di terapia non serve perché non ci sono evidenze a favore non solo chiude in modo rigido la comunicazione, ma addirittura può far nascere nel paziente il sospetto che lo consideriamo un bugiardo o una persona facilmente suggestionabile. Più utile, per mantenere aperta la comunicazione, sono frasi del tipo: “Se le sembra di stare meglio con questo preparato non vedo perché non debba prenderlo” (se il prodotto non comporta effetti collaterali, nel qual caso dovremo chiarire la cosa).
La professione di medico, continuamente a contatto con la sofferenza, rende necessario esercitare sempre l’empatia. Essa, oltre che migliorare la relazione con il paziente, instaura un rapporto basato sulla fiducia, migliora la compliance ai trattamenti e la prognosi e riduce il rischio di ritorsioni di tipo legale in caso di errori.
Alcuni medici sono portati all’empatia per inclinazione naturale mentre altri lo sono di meno. Empatia e sensibilità connotano la partecipazione emotiva del medico e sono per molti aspetti delle doti naturali. Ci si potrebbe domandare, perciò, se si possano in qualche modo acquisire. Può essere un percorso difficile, ma con impegno e costanza alcune abilità comunicative si possono imparare. È possibile anche cercare di migliorare la propria indole, ad esempio, attraverso la frequentazione di corsi ad hoc. Il problema principale è rendersi conto di una propria carenza e avere il desiderio di cambiare.
Un’ultima annotazione importante sull’empatia. È stato detto da qualcuno che un medico capisce veramente cosa prova un paziente quando si ammala a sua volta. C’è molto di vero in questa affermazione.


Saper comunicare

Un’abilità essenziale è quella di saper comunicare con il paziente. Una comunicazione efficace presuppone anzitutto di esprimersi con un linguaggio scientificamente corretto ma comprensibile al paziente. Vanno evitati quindi termini troppo tecnici che potrebbero tra l’altro ingenerare fraintendimenti. Si devono usare parole semplici e alla portata del paziente, considerando il suo livello culturale e le sue conoscenze di base. Diverso sarà il linguaggio che si userà in un anziano di basso livello culturale rispetto a quello che si potrà adoperare con un laureato giovane.
La comunicazione deve essere, in ogni modo, chiara e non contraddittoria. Molti pazienti cercano risposte in internet e possono imbattersi in informazioni spesso allarmanti. Si deve cercare di essere onesti senza nascondere nulla, ma nello stesso tempo infondere tranquillità e speranza.
Una comunicazione chiara e sincera aiuterà il paziente a sentirsi preso in carico e messo al centro dell’attenzione e dell’azione del medico. Il medico è l’esperto che conosce la materia, ma il paziente è l’esperto di sé stesso. Viene così a crearsi quello che viene definito l' empowerment del paziente. Potremmo tradurre questo termine con "potenziamento delle capacità del malato di dare un senso a quello che gli sta succedendo" e di attivare le sue abilità di "coping", ovvero di "affrontare" le difficoltà.
Da ricordare, infine, che oltre che la comunicazione verbale esiste anche quella non verbale fatta di sguardi, atteggiamenti, posture. Per esempio se durante il colloquio, mentre il paziente parla, si guarda il PC e si continua a digitare sulla tastiera, questo atteggiamento comunica mancanza di attenzione e distacco; se invece si guarda direttamente il paziente e si fanno dei cenni di assenso con il capo, il soggetto ne ricaverà un’impressione favorevole di medico che si interessa veramente ai suoi problemi.


Altre abilità che un medico dovrebbe possedere

Oltre alla capacità di ascolto e interrogazione, alla empatia ed alla abilità di comunicare un buon medico dovrebbe possedere (o almeno cercare di apprendere) altre soft skills, tra cui: capacità di collaborare con i colleghi, il personale infermieristico, gli assistenti sociali, ecc.; essere disponibile; acquisire la capacità di assumersi delle responsabilità; essere rispettoso dell’intimità delle persone; essere sempre professionale; possedere una buona resilienza (che vuol dire non solo saper resistere alle difficoltà ma anche saperle superare); esercitare la virtù della pazienza (abilità particolarmente necessaria quando si ha a che fare con pazienti difficili o con colleghi poco collaboranti);essere affabili....


Conclusioni

"La vita è breve, l'arte è vasta, l'occasione fugace, l'esperimento malcerto, il giudizio difficile..."
Così si esprimeva, 4 secoli prima di Cristo, il nostro maestro Ippocrate, grandissimo medico di grandi capacità e di grande modestia.
A distanza di 2400 anni malgrado straordinari progressi tecnologici il suo messaggio è ancora validissimo non solo da un punto di vista etico ma soprattutto dal punto di vista metodologico: le variabili che influiscono sull'atto medico sono molteplici e possono interagire tra loro con conseguenze imprevedibili...
Prudenza e consapevolezza dei nostri limiti o, se preferiamo, il "dubbio sistematico cartesiano" e più recentemente le euristiche decisionali e la ricerca dei bias della moderna psicologia cognitiva sono espressioni diverse ma coerenti di un modo di essere che si acquisisce con un impegno continuo.
Medici non si nasce, dunque, ma si diviene con impegno e sacrificio per tutta la vita: chi è giunto al termine della professione ci conferma tuttavia che ne vale la pena!!!



Tratto da : Guida alla professione medica Autori: Giampaolo Collecchia, Riccardo De Gobbi, Roberto Fassina, Giuseppe Ressa, Renato Luigi Rossi, Daniele Zamperini

http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/medicina-e-salute/666455/guida-alla-professione-di-medico/


Rielaborato da Riccardo De Gobbi





Bibliografia

Alpert JS, Frishman WH. The Most Important Qualities for the Good Doctor. Am J Med. 2021 Jul;134(7):825-826.

Bates C. The good doctor. Clin Med (Lond). 2001 Mar-Apr;1(2):128-31. doi: 10.7861/clinmedicine.1-2-128. PMID: 11333458; PMCID: PMC4952473.

Coulter A. Patients' views of the good doctor. BMJ. 2002 Sep 28;325(7366):668-9. doi: 10.1136/bmj.325.7366.668.

O'Donnabhain R, Friedman ND. What makes a good doctor? Intern Med J. 2018 Jul;48(7):879-882.

Steiner-Hofbauer V, Schrank B, Holzinger A. What is a good doctor? Wien Med Wochenschr. 2018 Nov;168(15-16):398-405.




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