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AMIODARONE E TIROIDE
Inserito il 30 marzo 2000 da admin. - endocrinologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



L’amiodarone è un farmaco antiaritmico molto efficace. Tuttavia il suo uso è associato a parecchi effetti collaterali, tra cui fotosensibilità, microdepositi corneali, tossicità polmonare, tossicità epatica, neuropatia periferica, ipertiroidismo e ipotiroidismo. Scopo di questa review è di riepilogare le modificazioni attese e quelle anormali nella funzione e nel metabolismo della tiroide in pazienti che assumono amiodarone, e suggerire linee-guida per la diagnosi e la gestione delle disfunzioni tiroidee indotte dall’amiodarone.
L’amiodarone è un derivato benzofuranico che contiene due atomi di iodio per molecola. Ciò corrisponde al 37.5% di iodio organico per peso molecolare: di questo il 10% viene deiodato fornendo iodio libero. Nel corpo l’amiodarone viene immagazzinato nel tessuto adiposo, nel miocardio, nel fegato e nei polmoni, e la sua emivita è di circa 2-3 mesi. A causa dell’alto contenuto di iodio, l’amiodarone può provocare disfunzioni tiroidee. Una normale dose giornaliera di mantenimento (200-400 mg di amiodarone) genera da 6 a 12 mg di iodio libero al giorno. Ciò rappresenta un carico di iodio che eccede di gran lunga la dose ottimale giornaliera di 0.15-0.3 mg/die raccomandata dall’OMS. In pazienti trattati con amiodarone, i livelli plasmatici e urinari di iodio inorganico aumentano fino a 40 volte, mentre la captazione e la clearance tiroidee di iodio diminuiscono significativamente. Questi pazienti possono presentare alterazioni nel profilo ormonale tiroideo senza una disfunzione tiroidea, oppure possono presentare quadri di ipotiroidismo significativo o di tireotossicosi indotti dall’amiodarone. In realtà, in più del 50% dei pazienti che ricevono amiodarone cronicamente i test di funzionalità tiroidea presentano risultati anormali, e la maggior parte rimangono eutiroidei. Occasionalmente, l’amiodarone può anche provocare un gozzo senza una apparente disfunzione tiroidea.
Ipotiroidismo amiodarone-indotto. Si ritiene che l’ipotiroidismo provocato dall’amiodarone sia dovuto all’incapacità della tiroide di sfuggire all’effetto Wolff-Chaikoff (= inibizione della sintesi dell’ormone tiroideo dopo somministrazione di alte dosi di iodio). Verosimilmente in questi casi è associata una tiroidite autoimmune subclinica, che viene smascherata e resa manifesta clinicamente da un eccesso di iodio. Infatti circa il 40% dei soggetti che sviluppano ipotiroidismo dopo somministrazione di amiodarone hanno anticorpi antitiroide. L’incidenza di ipotiroidismo nei pazienti che prendono amiodarone varia dal 6% (nei paesi con bassa assunzione di iodio) al 13% (nei paesi con elevata assunzione dietetica di iodio). Il rischio è maggiore negli anziani e nelle donne e di solito compare precocemente, essendo raro dopo i primi 18 mesi di terapia con amiodarone. Le caratteristiche cliniche sono un po’ vaghe: stanchezza, sonnolenza, intolleranza al freddo e pelle secca sono comuni; il gozzo è raro. La diagnosi è confermata da un aumento del TSH e una riduzione del FT4. La sospensione dell’amiodarone risolve il quadro clinico dell’ipotiroidismo, ma ciò spesso non è possibile, soprattutto in caso di tachiaritmie ventricolari. Un’opzione più facile e sicura è la terapia con ormone tiroideo. Si comincia con 25-50 µg di levotiroxina al giorno, aumentando ad intervalli di 4-6 settimane, fino a risoluzione dei sintomi e raggiungimento di livelli di T4 nella parte alta del range di normalità.
Ipertiroidismo amiodarone-indotto. L’incidenza dell’ipertiroidismo varia dal 2 al 12% dei pazienti in terapia cronica con amiodarone, essendo più frequente nelle aree con bassa introduzione dietetica di iodio. Anche in questo caso si ritiene che l’eccesso di iodio proveniente dall’amiodarone smascheri una patologia tiroidea latente, come un gozzo nodulare, un nodulo autonomo, o una malattia di Graves, aumentando la sintesi di ormone tiroideo. Inoltre è stato dimostrato un effetto citolesivo diretto dell’amiodarone sui follicoli tiroidei, con liberazione in circolo di ormone tiroideo preformato; ciò spiega i casi di ipertiroidismo anche in soggetti senza preesistente patologia tiroidea subclinica. Si sospetta un ipertiroidismo se un paziente in terapia con amiodarone manifesta una inspiegabile perdita di peso, sudorazione, tremore, tachicardia sinusale o peggioramento della patologia cardiaca di base, o comparsa ex-novo di aritmie sopraventricolari quali tachicardia atriale o fibrillazione atriale. L’ipertiroidismo può manifestarsi in qualsiasi momento nel corso della terapia con amiodarone o anche dopo la sospensione di questo; inoltre l’insorgenza è di solito improvvisa ed esplosiva, per cui è importante educare i pazienti a riconoscerne le caratteristiche per iniziare subito un trattamento. I dati biochimici di ipertirodismo sono un aumento del FT4 e una riduzione del TSH fino a livelli spesso indeterminabili. I livelli di T3 possono essere normali o elevati. La terapia dell’ipertiroidismo non è facile come con l’ipotiroidismo. Bisogna possibilmente sospendere l’amiodarone (cercando di controllare l’aritmia di base con altri farmaci) e trattare l’ipertiroidismo con farmaci quali tionamidi, cortisonici a dosi elevate, perclorato, litio, plasmaferesi ed eventualmente chirurgia.
Postgraduate Medical Journal, Marzo 2000


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