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Sopravvivenza e mortalità: come interpretare correttamente i dati degli studi |
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La sovradiagnosi
La spiegazione in questo esempio a tavolino è legata al fenomeno della Sovradiagnosi, una fonte di bias tipica degli studi di screening . Vale a dire che nel gruppo screenato sono stati diagnosticati 10 tumori in più solo perché siamo andati a cercarli ma è probabile che (in quanto forme indolenti ossia meno aggressive di tumore) , senza screening non sarebbero mai diventate clinicamente evidenti. Pertanto anche se i decessi per cancro nei due bracci alla fine del follow-up sono identici (rispettivamente 15 nel braccio di intervento e 15 nel braccio di controllo), nel sottogruppo dei pazienti riconosciuti affetti da cancro la minor mortalità riscontrata nel braccio di intervento è spiegata semplicemente dal maggior numero di casi posti al denominatore (15 su 30 vs 15 su 20) legato al maggior numero di diagnosi di cancro indotte dallo screening e dalla sostanziale minor aggressività presentata da alcuni di questi casi. Per questo motivo l'end-point di uno studio di screening (vale a dire la mortalità o il suo speculare, la sopravvivenza) deve essere sempre riferito alla population study inizialmente considerata (i pazienti globalmente esposti o non esposti allo screening) e non ai pazienti a cui è stata diagnosticata la patologia oggetto di screening (case patient survival analysis).
Questo concetto è stato brillantemente sottolineato dagli autori del Mayo Lung Project [Natl Cancer Inst 2000;92:1308–16] , che concludono, a proposito dei programmi di screening rivolti al cancro al polmone, 'Case patient survival is not a reliable measure of efficacy'. Nello studio della Mayo Clinic la sopravvivenza è stata espressa in termini di tempo (mediana di sopravvivenza) ma gli autori forniscono anche i dati crudi, che utilizzeremo come esempio reale di quanto sopra illustrato (tabella 1) .
In questo studio randomizzato sullo screening del cancro polmonare l' intervento di screening era rappresentato da una radiografia del torace e da un esame dell'escreato. Venivano nella fattispecie messe a confronto due modalità operative diverse: nel braccio di intervento lo screening veniva effettuato ogni quattro mesi e nel braccio di controllo solo una volta all' anno. Alla fine dello studio si vide che i pazienti a cui era stato diagnosticato un cancro polmonare nel gruppo “screening ogni quattro mesi” avevano una sopravvivenza mediana di 16 anni mentre quelli con cancro polmonare del gruppo “screening ogni anno” avevano una sopravvivenza mediana di 5 anni. Tuttavia la mortalità per cancro polmonare alla fine dello studio era uguale nei due bracci. Come si spiega questo apparente paradosso? Si spiega anche qui col fatto che la mortalità era stata calcolata sul totale dei soggetti arruolati per ogni braccio mentre la sopravvivenza, espressa in termini di tempo, era stata calcolata solo sui soggetti riconosciuti affetti da cancro al polmone . Come correttamente rilevato dagli autori questa discrepanza può essere correlata alla distorsione legata alla sovradiagnosi.
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