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Reddity on Line: considerazioni sulla diffusione su internet
Inserito il 19 giugno 2008 alle 23:35:54 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
la pubblica utilità
Vi è poi un’altra non auspicabile conseguenza: quella della circolazione e dell’uso di dati dei cittadini alterabili e quindi modificati, trattamento che non è di alcuna utilità ai cittadini stessi, né di gran giovamento alla trasparenza dell’azione amministrativa, e che, in aggiunta, risulta essere in palese contrasto con uno dei principi cardine del Codice privacy, quello secondo cui il dato personale può essere trattato solo se corretto e aggiornato.

Non da ultimo, infine, deve essere sottolineata l'enorme sproporzione tra il fine che si voleva perseguire (la trasparenza delle posizioni reddituali dei contribuenti italiani) e le modalità poste in essere, quale la libera circolazione su Internet che in poche ore ha reso disponibili tali dati in tutto il mondo, senza limiti temporali alla loro conoscibilità (stabilita dalla legge in un anno), senza alcun controllo e senza che al contribuente fosse stata data idonea informativa.

Deve quindi sicuramente riconoscersi in questa occasione il merito al Garante privacy di non aver demonizzato l’uso delle tecnologie informatico-telematiche, di non aver escluso a priori la possibilità di un abbandono delle attuali modalità di messa a disposizione degli elenchi, come disciplinate dai DPR 600/1973 e 633/1972, modalità, dopo oltre 35 anni, sicuramente superate, ma di essersi invece, con molta moderazione, espresso a favore di un intervento del legislatore che ponga mano ad una revisione normativa che, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica, consenta “un giusto equilibrio tra l’esigenza di forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati”.

Ecco, appunto, l'enorme sproporzione tra il fine ed il modo in cui tale fine è stato perseguito, sembra essere il punto cruciale dell'intera vicenda.

A parere di chi scrive la ricerca invece di tale “giusta proporzione” dovrà essere fatta non perdendo mai di vista lo scopo primo ed essenziale per cui la Pubblica Amministrazione agisce – la pubblica utilità o il superiore interesse pubblico - e per il quale, quindi, può e deve adottare ogni tecnologia, che lungi da essere quello della sperimentazione, della ricerca, del profitto o del “far quadrare il bilancio” tipica delle aziende, è piuttosto quello, peculiare della sola Pubblica Amministrazione all’interno di uno Stato di diritto, del conseguimento dell’utile di ciascuno commisurato all’utile di tutti, ovvero del conseguimento di ciò che, con espressione ormai purtroppo dimenticata, è il “buon governo”.

Considerazioni analoghe si possono fare per la sanità dove logiche aziendali (Aziende USL, aziende ospedaliere...), a nostro modesto parere, mal si conciliano con il perseguimento di un diritto costituzionalmente tutelato quale essere quello della salute dei cittadini, come ben enunciato dagli estensori della legge 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale” della quale, tra riforme e controriforme varie, sembrano ormai essersi perse le tracce.

Sarebbe ora che i Medici, primi deputati a tutelare la salute dei Cittadini, facessero sentire “forte e chiara” la loro voce a favore di un Servizio sanitario nazionale solidale ed universale in grado di garantire essenziali livelli di assistenza, uniformi su tutto il territorio dello Stato.

Chiara Rabbito*, Giancarmine Russo**

(*) Docente di Informatica giuridica e Diritto dell'Informatica presso l'Università degli Studi di Bologna, Consulente Società Italiana di Telemedicina per la Privacy.

(**) Segretario generale della Società Italiana di Telemedicina, medico di medicina generale in Aprilia.

Per cortese concessione di Telemeditalia, Organo d'informazione SIT (Società Italiana Telemedicina e Sanità Elettronica) http://www.telemeditalia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=221

 
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