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La relazione tra incesto, pornografia e uso di Internet |
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ruolo internet
Internet e il child sex abuse
Nella Comunità Europea recentemente si stanno facendo sempre più frequenti le azioni congiunte contro lo scambio di materiale pedo-pornografico. La legislazione si è inasprita e la sensibilità comune sta provocando la formazione di gruppi di pressione per limitare lo scambio di questo materiale che, infatti, negli ultimi 4 anni è diventato sempre più raro sui newsgroup (6). Progetti come il COPINE (Combating Paedophile Information Networks in Europe), stanno studiando il fenomeno nei suoi aspetti sociali, psicologici e psichiatrici allo scopo di identificare i soggetti a rischio, prevenirne l’azione e, dove possibile, riabilitarli mediante trattamento psicologico (12).
In un recente studio, Chase (3) classifica lo sfruttamento sessuale dei bambini in UK in tre grandi categorie: 1) Utilizzo per produzione di materiale pornografico 2) Avviamento alla prostituzione 3) Vero e proprio traffico di bambini. Finora sembrerebbe che l’aspetto più studiato sia il 2) mentre la funzione di Internet nella pedofilia non trova ancora tutti concordi. Dal lavoro di Chase, infatti, emergerebbe che l’uso patologico di Internet per la pornografia infantile sia un fattore di rischio solo per le personalità chiaramente criminali e pedofiliche, il che concorderebbe con l’analisi esposta nel capitolo precedente.
D’altra parte il progetto COPINE e Quayle, che firma quasi tutti gli studi sul loro sito Internet, sembrano arrivare a conclusioni parzialmente divergenti utilizzando un approccio che a volte appare forse più aneddotico che obiettivamente statistico (2). Il lavoro di Quayle appare interessante in uno studio (1) dove sono intervistati 13 uomini condannati per avere prelevato immagini pornografiche di bambini e ne classifica le motivazioni secondo 6 classi: 1) Allo scopo di ottenerne eccitamento sessuale 2) Come oggetti da collezionare 3) Come strumento per facilitare le relazioni sociali 4) Come modo di evitare la vita reale 5) Come terapia 6) Posto direttamente in relazione all’utilizzo di Internet.
E’ chiaro come il punto 1) costituisca uno degli aspetti più controversi nella valutazione psicologica del child abuser quando si consideri che non costituisce tanto un elemento di rischio ma che il criminale lo utilizza invece più spesso nella preparazione immediata all’abuso. Il punto 2) è di indubbio interesse in quanto il reperimento di un grande numero di immagini di pornografia infantile (fino a parecchie centinaia di migliaia) e la loro ordinata classificazione non sono fenomeni rari. Per quanto riguarda il punto 3) non è raro che il fruitore di materiale pedo-pornografico trovi i suoi punti di contatto con la società proprio attraverso lo scambio di tale materiale, sebbene questo contatto sia ovviamente patologico e mediato, il che ci collegherebbe ai punti 4-6. La stessa Quayle, comunque, non arriva a concludere chiaramente se l’utilizzo del materiale pedo-pornografico costituisca un vero e proprio sostituto del child abuse o un progetto (“blueprint”) che più tardi si concretizzerebbe in violenza (1, 12). Inoltre la sua casistica piuttosto limitata in numero lascia aperte le ipotesi ad ulteriori approfondimenti.
Vale la pena di sottolineare, per quanto possa sembrare ovvio, che il download di materiale pedo-pornografico e l’accesso a corrispondenti siti Internet, seppure non necessariamente legato a personalità patologiche o socialmente pericolose, incrementa tuttavia la richiesta di tale materiale secondo le classiche leggi di mercato. I protagonisti di queste immagini o filmati sono pur sempre dei bambini veri nei confronti dei quali si verifica un abuso, quindi il child abuse viene indirettamente incrementato e sostenuto anche dai fruitori di questo genere di pornografia. Secondo la nostra opinione, sarebbe sempre opportuno in sede giudiziaria richiamare l’attenzione del fruitore di pedo-pornografia su questo aspetto di cui non sempre e’ conscio.
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