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Nanopatologie: le malattie del XXI secolo
Inserito il 09 marzo 2006 alle 00:26:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
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Da quella ricerca scaturirono scoperte interessantissime che si possono riassumere nell’aver stabilito senza possibilità di equivoco come particelle, cioè polveri, delle dimensioni di cui si è detto possano venire inalate o ingerite e finire, superando con facilità barriere una volta credute impenetrabili o quasi, nel circolo sanguigno. Da lì, portati dal sangue, quei minuscoli oggetti vanno a terminare la loro corsa negli organi più disparati, dal fegato ai reni, dalle ghiandole linfatiche al cervello dove restano imprigionate.

Malauguratamente, le particelle di cui mi occupo non sono biodegradabili, cioè non possono essere “smembrate” fino a diventare eliminabili, e allora l’organismo, impossibilitato a disfarsene, le isola, contornandole di un tessuto infiammatorio che è, appunto, la granulomatosi che io avevo visto nel fegato e nei reni del primo paziente. Come dovrebbe ora essere chiaro, questa infiammazione è provocata da qualcosa d’indistruttibile, e così la patologia diventa cronica, con tutte le conseguenze del caso. E le conseguenze sono tutta una serie di malattie che potrebbero andare da diverse forme di cancro a quelle che sono volgarmente chiamate sindrome del Golfo e sindrome dei Balcani e che io ho classificato in una famiglia, solo apparentemente disomogenea, battezzata da me “nanopatologie”, vale a dire malattie innescate da nano- (e micro-) particelle.

Occorre aggiungere che quelle particelle sono quasi sempre non biocompatibili, il che, in medicina, è un sinonimo di patogeniche, cioè capaci di provocare l’insorgenza di malattie.

A questo punto, è interessante vedere da dove vengono queste polveri che tanti guai paiono provocare.

La sorgente principale è quella dei processi ad alta temperatura, processi che esistono anche in natura e che si estrinsecano principalmente nei fenomeni vulcanici. Insieme con la lava incandescente vengono espulse enormi quantità di sostanze inorganiche (detto un po’ alla buona, sono quelle sostanze che non contengono carbonio) sotto forma di particolato di dimensioni micrometriche, e queste galleggiano nell’aria per giorni o anche per settimane, per poi posarsi a terra, sull’erba, cibo per gli animali, e sui vegetali, cibo anche per gli uomini. Quando le particelle sono sospese, vengono inalate da chi si trova nella zona, mentre quando sono cascate sul cibo, con questo vengono ingerite, iniziando il processo del quale ho detto. I vulcani, tuttavia, non sono particolarmente numerosi (circa 1.500 nel mondo) e, dunque, quella forma d’inquinamento non è presente se non in alcune zone bene individuabili.
 
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