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Una pacca sul sedere è un atto di libidine? |
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Inserito il 26 marzo 2001 da admin. - medicina_legale - segnala a:
Atti di libidine - Prova dell'intento dell'autore (Sentenza) Cassazione Penale, sez. V, n. 623 del 23 gennaio 2001
Il Giudice di Merito ha stabilito, mediante un esame approfondito delle modalita' concrete con cui si e' svolto il fatto, che una isolata, rapida e repentina pacca sul sedere non avesse avuto connotazioni sessuali tali da configurare reato; la Suprema Corte, chiamata a rivedere tale decisione, rilevando l' intrinseca logicita' della sentenza, ritiene non poter entrare nel merito, essendo suo compito valutare la legittimita' della decisione e l' esistenza o meno di motivazioni adeguate e coerenti.. (Riassunto di Daniele Zamperini. Testo completo su http://www.giustizia.it/ )
Il Tribunale di Venezia, nel 1994, condannava alla pena di un anno e sei mesi (piu' interdizione ai pubblici uffici per un anno) il signor M. E., imputato di aver abusato delle sue funzioni di amministratore straordinario della USSL e superiore gerarchico di D.R. A., compiendo sulla predetta atti di libidine consistiti nel palpeggiare il sedere della vittima contro la sua volontà (art.521, 61 n. 9 c.p) e inoltre di aver minacciato ripetutamente D.R. A., nei giorni successivi, al fine di non essere denunciato, di valersi delle sue prerogative e delle sue amicizie presso la USSL per danneggiarle la carriera. L' imputato ricorreva in Appello ove, veniva assolto perche' il primo fatto non costituisce reato, mentre il secondo reato veniva estinto per prescrizione. Sia il Procuratore Generale che l' imputato ricorrevano in Cassazione.
Il P.G. deduceva, con una censura in punto di fatto, la manifesta illogicità della motivazione in quanto la Corte d' Appello aveva erroneamente ritenuto assente, da parte dell' imputato, l' intento di arrecare, con il suo gesto, offesa alla sfera sessuale della D.R. La Suprema Corte riteneva invece che i Giudici di secondo grado avessero offerto un'adeguata e non manifestamente illogica spiegazione del convincimento raggiunto, per cui le relative valutazioni non potevano essere sindacate in sede di giudizio di legittimità, allorche' compete soltanto di verificare la esistenza o meno di motivazioni adeguate e coerenti. Nella specie, la Corte veneziana, con puntuali richiami alle risultanze probatorie, ha ritenuto dimostrato che un'isolata e repentina pacca sul sedere della donna vi fu effettivamente ma che l'imputato non intese compiere un vero e proprio atto di libidine sulla donna, non essendo emersi elementi per ritenere che il gesto, fosse rappresentativo di concupiscenza di natura sessuale. Per questo motivo la Cassazione rigetta il ricorso. L' imputato, sosteneva invece che non fosse stata raggiunta la prova dell'esistenza dell' atto stesso (il palpeggiamento), cosi' che la pronuncia assolutoria avrebbe dovuto essere quella più ampia, perché il fatto non sussiste. La Corte ritenne invece che il gesto incriminato aveva pur sempre un'obbiettiva incidenza sulla sfera della riservatezza sessuale, sicché era giuridicamente corretta la decisione della Corte Veneziana laddove ha ritenuto non punibile il fatto solo per la mancanza di prova di un intento propriamente libidinoso. Veniva respinta pure la richiesta di annullamento della sentenza in ordine alla pronuncia di non doversi procedere per il reato di tentata violenza privata , logicamente e probatoriamente collegato al reato a sfondo sessuale, in quanto il relativo accertamento avrebbe richiesto il rinvio al Giudice di merito, mentre tale regressione è incompatibile con la esistenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale, già accertata e dichiarata dalla Corte veneziana.
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