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Violenza sessuale - Nozioni di atti sessuali (Sentenza)
Inserito il 26 marzo 2001 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

(C.Cassaz., III Penale, n. 3990 dell'1 febbraio 2001)


La violenza sessuale non si realizza soltanto allorche' si effettuino con la forza degli atti di congiungimento carnale, ma anche allorche' si attuino comportamenti che, valendosi della forza o minaccia, ma anche della repentineita' atta a precedere eventuali opposizioni, vadano a coinvolgere la sfera sessuale dell' individuo offeso. (Riassunto da Daniele Zamperini; testo completo su http://www.giustizia.it/ )

Il 29.11.1999 la Corte di Appello di Lecce confermava la condanna del Tribunale di Brindisi che aveva affermato la penale responsabilità di I. G. (con conseguente condanna di anni uno e mesi sei di reclusione) per avere, con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione di coordinatore amministrativo presso (omissis), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e con violenza, commesso atti di libidine sulle alunne (omissis) alle quali palpava il seno, e dava anche un bacio sulle labbra.
L' imputato proponeva ricorso in quanto:
a) la Corte territoriale - con argomentazioni anche superficiali ed inesatte - avrebbe ritenuto attendibili le accuse formulate dalle denunzianti, senza procedere ad una rigorosa valutazione delle stesse;
b) il reato era insussistente in quanto, mancando assolutamente alcun tipo di violenza ( intesa come esplicazione di una energia fisica atta a vincere la resistenza delle ragazze) non sarebbero "idonei a varcare la soglia della rilevanza penale in relazione all'art. 609 bis; cod. pen.".

La Cassazione respinge il ricorso in quanto:

1. Secondo la giurisprudenza di Cassazione in tema di valutazione probatoria, la deposizione della persona offesa dal reato, anche se quest'ultima non è equiparabile al testimone estraneo, può tuttavia essere da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa. Tale credibilita' era stata correttamente esaminata dai giudici di merito, che hanno sottoposto ad un controllo rigoroso le dichiarazioni accusatorie provenienti dalle giovani parti lese, evidenziandone anzitutto le caratteristiche peculiari di precisione, coerenza, ed uniformità nella loro reiterazione.

2. In relazione alla normativa precedente veniva considerato atto di libidine "lo sfogo dell'appetito di lussuria diverso dalla congiunzione carnale" e venivano ricondotte a tale figura criminosa in parola tutte le manifestazioni dell'istinto sessuale, e cioè tutte le forme in cui può estrinsecarsi la libidine (ivi compresi i semplici palpamenti), diverse dal coito, suscettive di dare sfogo alla concupiscenza, anche in modo non completo e di durata brevissima. Tali atti venivano distinti in violenti ed abusivi, perché dovevano essere compiuti mediante violenza o minaccia oppure con abuso delle condizioni di inferiorità in cui le persone offese si trovavano per il proprio stato fisico o psichico ovvero per il rapporto di soggezione intercedente con l'agente.
Dopo l'entrata in vigore della legge n. 66/1996, invece, l'individuazione della condotta tipica del reato di "violenza sessuale" si riconnette alla definizione della nozione, del contenuto e dei limiti della locuzione "atti sessuali", nella quale sono state concentrate le ipotesi criminose previste dalla precedente normativa, individuando quale unica condotta composita, idonea a ledere il bene giuridico della libertà sessuale, in luogo della "congiunzione carnale" e degli "atti di libidine violenti", il fatto di chi con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità "costringe" taluno a compiete o a subire "atti sessuali".
Le posizioni della dottrina, di fronte al problema dell'individuazione del minimum di condotta penalmente rilevante perché resti integrato il delitto di violenza sessuale, possono ricondursi a tre principali orientamenti:

a) la tesi della maggiore ampiezza dell'espressione "atti sessuali" rispetto a quella di "atti di libidine", che ricomprende nella nuova categoria, perlomeno in astratto, qualsiasi atto che sia comunque riconducibile (quanto ai motivi che lo ispirano, alle modalità di realizzazione, alle finalità perseguite) alla sfera della sessualità umana;

b) l'opinione che tra gli atti di libidine e gli atti sessuali vi è invece una fondamentale identità concettuale e che l'art. 609 bis, unificando i precedenti reati di violenza carnale e di atti di libidine nella figura unitaria della violenza sessuale, abbia lasciato sostanzialmente intatto il limite inferiore della tutela della libertà sessuale, costituito appunto dagli atti di libidine;

c) l'indirizzo secondo il quale la nozione di "atti sessuali" deve essere intesa in senso restrittivo rispetto a quella comunemente accolta in relazione agli atti di libidine e deve essere condotta in termini necessariamente oggettivi, senza che possano avere rilievo, nell'individuazione della condotta penalmente rilevante, "né l'impulso del soggetto attivo del reato, né la potenziale suscettibilità erotica del soggetto passivo, ma piuttosto l'oggettiva natura sessuale dell'atto in sé considerato", individuata "rifacendosi alle scienze medico psicologiche ed ancor più a quelle antropologico-sociologiche". In tale prospettiva, per potere qualificare un atto come "atto sessuale", si richiede necessariamente "il contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona con una zona genitale, anale od orale del partner". Restano pertanto fuori dalla nozione mini a di atto sessuale quelle condotte che, per quanto possano costituire espressioni di un impulso concupiscente o possano essere rivolti ad eccitare o a soddisfare la concupiscenza, siano però privi di quella oggettiva componente strettamente fisica (e non moralistica) nel senso dianzi enunciato.

Nella giurisprudenza della Corte Suprema è stato affermato che:

- va ricondotto alla definizione di atto sessuale "ogni comportamento che, nell'ambito di un rapporto fisico interpersonale, sia manifestazione dell'intento di dare soddisfacimento all'istinto, collegato con i caratteri anatomico-genitali dell'individuo", facendone derivare "che la condotta deve consistere, quanto meno, in toccamenti di quelle parti del corpo altrui suscettibili di essere - nella normalità dei casi - oggetto dei prodromi diretti al conseguimento della piena eccitazione o dell'orgasmo".

- "la nozione di atti sessuali, a differenza di quella di atti di libidine violenti, è disancorata dall'indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avviene, in quanto punto focale è la disponibilità della sfera sessuale da parte della persona che ne è titolare … l'aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali del rapporto interpersonale sicché deve includersi nella nozione di atti sessuali tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica, sì da assumere un significato prevalentemente oggettivo e non soggettivo come, invece, avveniva per gli atti di libidine"

- l'antigiuridicità della condotta vietata dall'art. 609 bis cod. pen. resta connotata "da un requisito soggettivo (la finalizzazione all'insorgenza o all'appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) (che non va confuso con l'elemento soggettivo del rato, individuabile nel dolo generico) innestantesi sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e ad eccitare o a sfogare l'istinto sessuale del soggetto attivo".

- "il concetto attuale di atti sessuali è semplicemente la somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine, sicché esso non comprende anche quegli atti o comportamenti che, pur essendo espressione di istinto sessuale, non si risolvano in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo o comunque non coinvolgano la corporeità sessuale di quest'ultimo … In tutti i casi, quindi, compiere o subire atti sessuali implica un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa".

Nel caso in esame, tenuto conto della oggettiva componente strettamente fisica dei comportamenti posti in essere dall'imputato, concretatisi essenzialmente in palpamenti ripetuti del seno delle alunne, si rileva che gli episodi contestati sono stati correttamente ricondotti alle previsioni sia dell'abrogato art. 521 sia del vigente art. 609 bis cod. pen., considerando pure che, in tutte le vicende in esame, gli atti sono stati posti in essere con modalità idonee a vincere la resistenza delle vittime mediante repentinità e imprevedibilità e

- sono in se stessi riconducibili alla sessualità umana;

- hanno fisicamente coinvolto, nella loro connotazione oggettiva, la corporeità sessuale delle persone offese;

- hanno compromesso la libertà di autodeterminazione delle giovani parti lese nella loro sfera sessuale.

Va ribadito altresì, in proposito, il principio secondo cui la "violenza" richiesta dalla norma incriminatrice non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da concretarsi in un vero e proprio costringimento fisico, bensì anche quella che può manifestarsi nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, consentendo in tal modo di superare la contraria volontà del soggetto passivo.
Anche in tali casi, infatti, vi è "un'esplicazione di energia fisica diretta a superare la contraria volontà del soggetto nei cui confronti viene esercitata"; la repentinità insidiosa, anzi, viene scelta proprio allo scopo di sorprendere la vittima e vanificarne ogni possibilità di reazione, incidendo sul tempo necessario all'impostazione di una qualunque forma di difesa.

Per tali motivi il ricorso dell' imputato viene respinto.


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