Un editoriale del BMJ esamina i legami tra l'uso di inibitori dell'angiotensina II (sartani o ARB) ed insorgenza di l'infarto miocardico e mette in guardia verso facili parallelismi con gli ACE inibitori.
I due autori partono dall'analisi dello studio VALUE, in cui valsartan e amlodipina sono stati confrontati in pazienti ipertesi con altri fattori di rischio associati. L'end-point primario dello studio era composto da morbidità e mortalità cardiovascolari e non differiva tra i due farmaci. Tuttavia vi era un aumento significativo del 19% di infarto miocardico nel gruppo assegnato a valsartan. L'editoriale passa poi ad esaminare altri studi in cui sono stati usati i sartani. Per esempio lo studio CHARM in cui si è testata l'utilità del candesartan nello scompenso cardiaco, in aggiunta o in alternativa agli aceinibitori. In questo studio, sia nel braccio CHARM-alternative che nel braccio CHARM-preserved, non si ebbe alcuna riduzione della mortalità cardiovascolare nei gruppi assegnati a candesartan. Infine viene citata una recente meta-analisi in cui sono stati paragonati gli esiti degli aceinibitori e dei sartani nelle nefropatia diabetica: mentre entrambe le classi di farmaci hanno un effetto nefroprotettivo, solo gli aceinibitori hanno dimostrato di ridurre la mortalità. Gli autori dell'editoriale concludono che, in attesa degli studi in corso, questi dubbi dovrebbero essere esplicitati ai pazienti a cui si prescrive un sartano.
Fonte: BMJ 2004; 329:1248-1249
Commento. Indubbiamente l'editoriale del BMJ è provocatorio e induce alcuni interrogativi. Si tratta di una forzatura interpretativa degli autori oppure l'aumento del rischio di infarto miocardico è reale? Per il momento, appunto in attesa di nuovi dati, bisogna comunque osservare che gli editorialisti del BMJ non riportano tutti i dati. Per esempio si dimenticano di dire che nello studio VALUE il varsartan riduceva la percentuale di ricoveri per scompenso cardiaco o la comparsa di nuovi casi di diabete rispetto ad amlodipina. Oppure che nel braccio CHARM-added vi era una riduzione significativa sia dei casi di ricovero per scompenso che di mortalità cardiovascolare. O ancora che nel CHARM-overall il gruppo in terapia con candesartan aveva una riduzione della mortalità totale che sfiorava la significatività. Quale bilancio si può allora fare? L'insieme di tutti questi dati non è facilmente interpretabile e forse gli studi in corso porteranno un pò più di chiarezza. Renato Rossi