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Resistenza all’aspirina in oltre un quarto dei pazienti |
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Inserito il 24 marzo 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
La resistenza all’aspirina risulta molto elevata nei pazienti che assumono ASA per patologie cardiovascolari ed aumenta il rischio di eventi cardiovascolari.
La resistenza all’ASA è stata riscontrata nel 27% di 468 pazienti con patologia ischemica. Sono i pazienti più anziani, quelli con valori lipidemici elevati e quelli in trattamento con basse dosi di ASA i pazienti maggiormente interessati dalla resistenza all’ASA. Pertanto sono proprio i pazienti a maggior rischio di patologie cardiache quelli in cui il farmaco antiaggregante vede venir meno la sua funzione antritrombotica. Nei pazienti trattati con dosi di 300 mg di ASA o più, non si è osservato il fenomeno. Pertanto è urgente mettere a punto un test di screening per valutare la resistenza all'ASA per poter approntare terapie personalizzate ed efficaci in tutti i pazienti. Fonte: ACC 2005 Annual Scientific Sessions: Abstract 1043-126, presentato il 6 Marzo, 2005; abstract 868.7.
Commento di Luca Puccetti
L'ASA è il trattamento maggiormente utilizzato per la prevenzione secondaria dell'ictus. Essa è utilizzata anche nei pazienti con fibrillazione atriale considerati a basso rischio con buoni risultati (SPAF III) [JAMA 1998; 279: 1273-1277]. Da vari anni è stato segnalato il problema della "resistenza" all'ASA [Stroke 1994; 25: 2331-2336]. Alcuni pazienti trattati con ASA mostrano infatti segni di laboratorio di inadeguata inibizione della funzione piastrinica. In certi pazienti questa resistenza si sviluppa alcuni mesi dopo l'inizio del trattamento. Ci sono diversi possibili motivi per i quali l'aspirina può non essere efficace: una scarsa compliance, un dosaggio inadeguato, una prevalente attivazione piastrinica attraverso vie metaboliche non bloccate dal farmaco, interferenze farmacologiche, polimorfismi delle glicoproteine piastriniche ed un aumentato turnover piastrinico [J Am Coll Cardiol 2003; 41: 966-968]. Il termine "resistenza all'aspirina" è usato per indicare la sua incapacità di produrre una risposta attesa in uno o più parametri di laboratorio che misurino l'attivazione e l'aggregazione piastrinica. Fino al 50% dei pazienti sono stati definiti "resistenti" in vari studi. Tuttavia le definizioni di laboratorio sono variate in base al test prescelto e nessuno studio ha in passato validato in maniera prospettica il test convenzionale di aggregazione piastrinica come predittore indipendente di successivi eventi vascolari. Gum e coll. [J Am Coll Cardiol 2003; 41: 961-965] hanno fornito la prima evidenza affidabile che la resistenza all'aspirina, definita come mancata soppressione dell'aggregazione misurata con metodo ottico, correli con una mancata responsività clinica confermatata (e non presunta). Seppur su una casistica limitata di pazienti ad alto rischio, la resistenza all'aspirina (presente in questo studio in un paziente su 20) dopo un follow-up di due anni si associava ad un eccesso di 3,1 volte di eventi vascolari gravi (4,1 volte dopo aggiustamento per altri fattori di rischio). In questo studio i ricercatori del Queen Mary Hospital di Hong Kong che hanno presentato i risultati all’American College of Cardiology 2005 di Orlando, hanno evidenziato che la resistenza all'aspirina nei pazienti più a rischio sarebbe assai diffusa. Alla luce di questi dati, i prossimi studi dovranno rispondere a nuovi quesiti: i risultati di questo studio sono generalizzabili? la definizione di resistenza all'aspirina può essere considerata come standardizzata, valida e affidabile? quali sono le reali implicazioni terapeutiche di una diagnosi di resistenza all'aspirina? è necessario ed opportuno procedere ad uno screening per resistenza all'ASA in tutti i soggetti che debbono assumerla o solo in alcuni subsets di pazienti? è possibile superare la resistenza aumentando la dose ed in quali pazienti?
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