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Chernobyl e carcinoma tiroideo |
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Inserito il 09 luglio 2005 da admin. - pediatria - segnala a:
Dopo il disastro di Chernobyl sono stati puntualizzati la relazione lineare tra dose radioattiva e rischio di carcinoma tiroideo, il tempo medio di insorgenza, il ruolo promuovente della carenza di iodio e quello protettivo della supplementazione con ioduro di potassio.
A seguito del disastro di Chernobyl nel 1986 è stata segnalata una forte incidenza di carcinoma tiroideo tra ragazzi e adolescenti. L'esposizione maggiore è stata quella a iodioisotopi, specialmente Iodio 131. Sono stati studiati 276 casi con carcima della tiroide fino al 1998 e 1300 soggetti omogenei di controllo, tutti quanti con età inferiore a 15 anni al momento dell'incidente. E' stata osservata una forte relazione dose dipendente trala dose radiattiva cui si è stati esposti e l'insorgenza di carcinoma tiroideo (P<.001). Per una dose di 1 Gy, l'odds ratio stimato di cancro variava da 5.5 (95% CI = 3.1 - 9.5) a 8.4 (95% CI = 4.1 - 17.3), a seconda del modello di valutazione del rischio usato. Una risposta lineare dose-incidenza è stata osservata per esposizioni fino a 1.5–2 Gy. Il rischio è risultato, a parità di dose di esposizione, tre volte maggiore nelle aree con carenza di iodio ( RR= 3.2, 95% CI = 1.9 - 5.5). La supplementazione con ioduro di potassio riduceva di tre volte il rischio (RR = 0.34, 95% CI = 0.1 - 0.9, per supplementazione vs non supplementazione). I ragazzi dimoranti in aree ad alto contenuto di iodio nel suolo e che hanno assunto supplementazione con ioduro di potassio non hanno presentato un rischio di insorgenza di carcinoma tiroideo significativamente maggiore di quello registrato nei controlli (odds ratio a 1 Gy = 1.08, 95% 95% CI= 0.3 - 3.6).
Fonte: Journal of the National Cancer Institute, 2005; 97(10): 724-732.
Commento di Luca Puccetti
La tragedia di Chernobyl nell'immane dolore che ha provocato, ha apportato conoscenze utili sulle conseguenze di una esposizione alle radiazioni di massa. L'esposizione maggiore si è avuta per l'ingestione di latte contaminato con 131 I che, per la sua emivita di 8 giorni, impiega molti mesi per depositare la sua energia alla tiroide. Si è osservato che il rischio carcinogenetico a seguito di esposizione radioattiva è molto più alto per la tiroide che per altri organi, che il rischio è grande nei bambini e ragazzi (per la maggiore attività replicativa dei tireociti), ma non negli adulti, che dosi molto alte sono, paradossalmente, meno pericolose in quanto uccidono le cellule tiroidee e soprattutto che la carenza di iodio aggrava le conseguenze dell'esposizione. La cosa forse più importante è la dimostrazione che la supplementazione con ioduro di potassio, anche effettuata molti mesi dopo l'espozione, esercita un forte effetto protettivo.
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