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Inibitori delle proteasi in gravidanza: sembrano sicuri
Inserito il 18 ottobre 2005 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La frequenza di complicanze nelle gravide trattate con inibitori delle proteasi è simile a quella riscontrata nella popolazione generale.

Ricercatori del Community Research Initiative of New England di Springfield (Massachusetts) hanno esaminato le cartelle clinche di 233 donne con infezione da HIV, trattate con inibitori delle proteasi durante la gravidanza.
La frequenza di complicanze come la rottura prematura delle membrane, il parto pre-termine e di altri eventi avversi di tipo ostetrico era simile a quella riscontrata nella popolazione generale.
In circa una donna su 5 si è verificata la nascita di un bambino di basso peso; questo era associato soprattutto all'età materna avanzata, all'uso di droghe per via venosa, a gravidanze multiple.
Si verificarono 6 morti fetali: 2 in donne con AIDS sintomatico e 3 in donne che usavano cocaina, eroina o alcol.
Il parto prematuro si verificò nel 22% dei casi ed era associato con gravidanze multiple o con l'uso di droghe per via venosa ma non con l'uso degli inibitori delle proteasi.

Ref:
J Acquir Immune Defic Syndr 2005;40:30-33.


Commento di Renato Rossi
Le linee guida generalmente raccomandano di offrire, in gravidanza, una combinazione di farmaci antiretrovirali indipendentemente dalla carica virale e dalla conta dei CD4 [1].
Alcuni studi avevano però suggerito una possibile associazione tra uso di inibitori delle proteasi in gravidanza ed eventi avversi (nascite premature, basso peso alla nascita, nascita di feti morti).
Questo lavoro, che ha riguardato donne statunitensi e di Porto Rico, suggerisce al contrario che questi farmaci sono sicuri e non sembrano comportare un aumento del rischio rispetto alle donne con HIV non trattate e quindi tranquillizza i medici che devono seguire donne gravide HIV positive o con AIDS.
Questi dati confermano quelli di uno studio precedente [2] in cui erano state arruolate donne gravide con infezione da HIV-1 per un totale di 2121 pazienti trattate (1590 in monoterapia, 396 in terapia combinata senza uso di inibitori delle proteasi e 137 in terapia combinata con uso di inbitori delle proteasi) e 1143 donne non trattate. Dopo standardizzazione per il numero di linfociti CD4+, fumo, alcol, e uso di droghe, la frequenza di parti prematuri (prima della 37° settimana) era simile tra le donne che avevano ricevuto terapia antiretrovirale e quelle che non l'avevano ricevuta (16% e 17% rispettivamente). Anche la frequenza di neonati di basso peso (< 2500 g) era uguale tra i due gruppi (16%);
la percentuale di neonati di peso molto basso ( < 1500 g) era del 2% nel gruppo trattato e dell'1% nel gruppo non trattato. Anche la frequenza di parto con neonati morti era simile tra i due gruppi.
La terapia può, quindi, aumentare il rischio di partorire neonati di peso molto basso ma il rischio sembra molto piccolo e sicuramente inferiore ai benefici.



Bibliografia

1. CMAJ 2003 Jun 24, 346:1863-1870
2. N Engl J Med 2002; 346: 1863-1870

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