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Infarto: angioplastica di salvataggio non migliora di molto gli esiti
Inserito il 19 ottobre 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Negli infartuati sottoposti senza successo a fibrinolisi l'angiopastica "rescue" non migliora la mortalità ad un anno rispetto alla terapia medica.

In questo studio, denominato MERLIN, 307 pazienti affetti da infarto miocardico ad ST sopraelevato (STEMI), in cui l'iniziale terapia trombolitica aveva fallito la riperfusione, sono stati randomizzati ad angioplastica di salvataggio oppure a continuare con la terapia medica. I risultati a 30 giorni (già precedentemente pubblicati) non mostravano differenze nella mortalità totale tra i due bracci (9,8% nel gruppo PCI e 11% nel gruppo terapia medica). I risultati ad un anno sono sovrapponibili: la mortalità totale è rispettivamente del 14,4% e dell 13,0%.
Più pazienti nel gruppo trattato conservativamente andarono incontro ad un end-point composto (morte, reinfarto, stroke, rivascolarizzazione non pianificata e scompenso cardiaco): 57,8% vs 43,1% ( p = 0,01). Ma gli autori fanno notare che questo era dovuto quasi per intero al numero di interventi di rivascolarizzazione non pianificati (29,9% nel braccio terapia medica vs 12,4% nel braccio PCI, p < 0,001).
D'altra parte si osservò un minor numero di ictus nel braccio terapia medica (1,3% vs 5,2%) ma la differenza non risultò statisticamente significativa ( p = 0,06).

Fonte: Heart 2005;91:1330-1337.

Commento di Renato Rossi
Continua la pubblicazione di studi volti a determinare quale sia l'approccio preferibile nell'infarto miocardico.
Una meta-analisi su 23 RCT (7.739 pazienti) ha dimostrato che la PCI, rispetto alla trombolisi, riduce la mortalità a breve termine e l'end-point combinato (morte, incidenza di reinfarto non fatale e di ictus) si mantiene anche a distanza di 6-18 mesi [1,2]
Recentemente è stata pubblicata un'analisi dello studio DINAMI 2 [3] che suggerisce che i vantaggi dell'angioplastica rispetto alla trombolisi sono evidenti solo nei pazienti con un TIMI risk score elevato (vedi pillola relativa).
Comunque i benefici della PCI rispetto alla trombolisi dipendono molto dal timing: se eseguite entro tre ore dall'insorgenza del dolore toracico le due opzioni sembrano equivalenti (a meno che non sia opportuna l'angioplastica perchè vi sono controindicazioni alla trombolisi oppure per la presenza di shock cardiogeno). Nel caso siano trascorse da 3 a 12 ore l'angioplastica sarebbe preferibile [4].
La PCI di "salvataggio" viene consigliata se non si ottiene una riduzione del sopraslivellamento di ST del 50% dall'inizio della somministrazione del trombolitico [4]. Tuttavia vi è da notare che gli studi hanno dato esiti contrastanti. Già erano stati pubblicati i dati a 30 giorni dello studio MERLIN [5] che avevano mostrato non esserci differenze tra PCI di salvataggio e terapia conservativa. Ora l'analisi dei dati a 12 mesi conferma, nella sostanza, questi risultati. Per contro in uno studio (presentato come abstract al meeting 2004 dell'American Heart Association) su 427 pazienti l'end-point combinato di mortalità, reinfarto, eventi cerebrovascolari e scompenso cardiaco a 6 mesi - un anno era minore nel gruppo sottoposto a PCI di salvataggio [6].
L'angioplastica "facilitata" (trombolisi seguita da PCI entro 12 ore dall'insorgenza dei sintomi) è stata proposta come mezzo per ottenere la riperfusione in ospedali periferici nell' attesa di effettuare l'angioplastica nel centro di riferimento ma i pochi dati disponibili non sembrano indicare benefici rispetto alla semplice trombolisi [8] per cui essa non viene, attualmente, raccomandata di routine.
Se queste sono le evidenze di letteratura, tutta una serie di fattori ambientali e contestuali (per esempio vicinanza e disponbilità di ospedali attezzati in grado di effettuare l'angioplastica, ritardo oltre le 12 ore, ecc.) rendono conto delle diversi modalità di approccio al paziente con infarto miocardico e dei diversi risultati che potrebbero ottenersi nella pratica, dove non sempre è possibile replicare gli esiti degli RCT [7].


Bibliografia
1. Lancet 2003; 361:13-20
2. Circulation 2003; 107:2538-2542
3. Circulation. 2005;112:2017-2021
4. Eur Heart J 2005;26:804-847
5. J Am Coll Cardiol 2004; 44:287-296
6. www.medscape.com/viewarticle/493995
7.BMJ 2005 Feb 26; 330:441
8. Eur Heart J 2000; 21:823-831

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