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Nell'obesità è necessario un approccio combinato
Inserito il 07 febbraio 2006 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nell'obesità i migliori risultati si ottengono con una strategia multidisciplinbare che si fonda sull'uso integrato di farmaci, dieta e counselling.

Due studi pubblicati contemporaneamente nel NEJM si sono occupati dell'obesità.
Nel primo studio [1], durato un anno, 224 pazienti obesi sono stati randomizzati ai seguenti trattamenti: sibutramina 15 mg/die, counseling strutturato circa le modificazioni dello stile di vita da adottare, sibutramina + counseling (terapia combinata), oppure sibutramina + counseling breve. A tutti i soggetti venne prescritto una dieta di 1200-1500 kcal al giorno. Il counseling strutturato prevedeva un ciclo di 30 sessioni di gruppo mentre il counseling breve veniva effettuato in 8 sedute di circa 10-15 minuti ciascuna dal medico curante.
A distanza di un anno nel gruppo in trattamento combinato si registrò una perdita di peso di 12.1±9.8 kg, nel gruppo in terapia con sola sibutramina la perdita fu di 5.0±7.4 kg, in quelli trattati solo con il counseling fu di 6.7±7.9 kg mentre fu di 7.5±8.0 kg per quelli trattati con sibutramina + counseling breve.
Gli autori concludono che l'obesità dovrebbe essere trattata con un approccio multidisciplinare che preveda sia l'uso di farmaci che modificazioni dello stile di vita.
Nel secondo studio è stata valutata l'efficacia del rimonabant, un bloccante selettivo dei recettori per i cannabinoidi-1 (CB-1), in 1036 soggetti sovrappeso od obesi (BMI compreso tra 27 e 40) con associata una dislipidemia non trattata (trigliceridi > 150 mg/dL, fino a 700 mg/dL o rapporto colesterolo totale/HDL > 4,5 nelle donne e > 5 negli uomini).
I pazienti sono stati randomizzati a rimonabant (5 oppure 20 mg/die) o placebo per 12 mesi. In più veniva consigliata ad entrambi i gruppi una dieta ipocalorica.
Completarono lo studio il 62,6% del gruppo rimonabant 5 mg, il 60,3% del gruppo rimonabant 20 mg e il 63,9% del gruppo placebo. I motivi più frequenti che portarono alla sospensione del farmaco furono la depressione, l'ansia e la nausea.
Il rimonabant alla dose di 20 mg/die portò ad una maggior perdita di peso (–6.7±0.5 kg), ad una maggior riduzione della circonferenza vita (–5.8±0.5 cm), ad un maggior aumento del colesterolo HDL (+10.0±1.6 %) e ad una maggior riduzione dei trigliceridi (–13.0±3.5 %).
Gli autori concludono che il rimonabant (20 mg/die) porta ad una significativa riduzione del peso corporeo e della circonferenza vita e migliora il profilo metabolico in pazienti obesi con dislipidemia.


Fonti:
1. N Engl J Med 2005; 353:2111-2120
2. N Engl J Med 2005; 353: 2121-2134

Commento di Renato Rossi

L'obesità comporta un aumento del rischio diabete e di complicanze cardiovascolari ed è associata ad una ridotta aspettativa di vita. Tuttavia la terapia appare per molti versi deludente. Spesso i pazienti perdono inizialmente peso ma a lungo termine i risultati sono modesti nella maggior parte dei casi.
Il primo studio recensito in questa pillola mostra che l'approccio al paziente obeso deve essere multidisciplinare e complesso: i maggiori risultati si sono ottenuti associando la terapia farmacologica con sibutramina ad un counseling strutturato di ben 30 sedute che illustrava ai pazienti i cambiamenti sullo stile di vita utili ad ottenere una perdita di peso. Il counseling breve messo in atto dal medico generalista otteneva risultati inferiori, ma prevedeva comunque ben otto visite di circa 10-15 minuti ciascuna. Si capisce quindi che una strategia di questo tipo, facile da attuarsi in uno studio randomizzato, diventa ardua nella vita reale, richiede pazienti molto motivati e si scontra con l'attuale organizzazione sia della medicina di base (scarsamente dotata di personale di supporto infermieristico e segretariale) sia dei serzizi di secondo livello.
Per quanto riguarda lo studio sul rimonabant i dati sono in linea con quelli già osservati nel RIO-Europe [1]. Peraltro bisogna osservare l'alta percentuale di drop-out, il che rende in qualche modo più incerti i risultati ottenuti. D'altra parte questo è un limite di molti trials sull'obesità. Da notare ancora che lo studio escludeva pazienti con diabete o alterazioni psichiatriche, il che riduce la trasferibilità del trial.

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